Autonomia differenziata: le origini e la storia di un progetto sovversivo
Quella dell’autonomia differenziata è una storia italiana, che siamo stati sollecitati a ricostruire perché chi avrebbe dovuto farlo – i governi, i parlamenti, la maggior parte dei grandi mezzi di informazione – ce l’hanno tenuta nascosta o raccontata parzialmente.
All’assemblea “Per il ritiro di ogni Autonomia differenziata”, che si è tenuta a Roma il 29 settembre hanno partecipato alcuni di coloro che hanno prodotto controinformazione e che hanno aiutato a capire, orientare, partecipare e farsi carico di un progetto che non è esagerato definire sovversivo, che affonda le proprie radici in un patto scellerato; segno concreto della lontananza abissale tra istituzioni, politica, informazione e l’interesse generale.
È una storia che inizia nel 2001, con la Riforma del Titolo V della Costituzione, apparentemente silente ma implacabilmente operativa negli anni che sono intercorsi da allora fino al 2017, quando 2 regioni – Veneto e Lombardia – celebrarono un referendum. “Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia? Questa la richiesta posta ai cittadini del Veneto. Risposta scontata.
Il 28 febbraio del 2018, a soli quattro giorni dalle elezioni, l’allora Presidente del consiglio Paolo Gentiloni, a Camere sciolte e dunque formalmente incaricato del semplice disbrigo degli affari correnti, siglava il preaccordo con le regioni Lombardia, Veneto (Lega) ed Emilia Romagna (PD) per la cosiddetta “Autonomia differenziata”, l’annessione definitiva delle competenze legislative su alcune materie – come istruzione, tutela dell’ambiente (addirittura e non a caso di competenza esclusiva dello Stato) della salute e del lavoro – da parte delle Regioni coinvolte a discapito dello Stato. La rivoluzione scaturita dalle urne 4 gg dopo porta al “contratto” di Governo Lega-5S, che al punto 20 reca il tema dell’autonomia differenziata.
Una paziente e certosina ricerca quotidiana di giuristi ed economisti ha disambiguato nel tempo le tracce di un percorso che (ce lo hanno svelato Massimo Villone, nel suo libro Italia divisa e diseguale, Marco Esposito in Zero al Sud, Gianfranco Viesti in Verso la secessione dei ricchi?) si sviluppa in decine di incontri segreti tra governo e regioni: la trattativa va avanti, senza lasciarne mai trapelare contenuti concreti.
I media cominciano finalmente a parlare di autonomia differenziata (sempre in sordina e con cautela, a parte alcuni rari esempi), spesa storica, fabbisogni, come dell’inquadramento costituzionale e della violazione dell’esigibilità dei diritti universali; di gabbie salariali; di messa in discussione del CCNL; si cominciano a comprendere le nefaste connessioni di carattere giuridico, economico, culturale, sociale che vertono intorno a quel tema. Nel febbraio del 2019 il sito Roars pubblica le bozze di intesa (3 intese differenti, che vuol dire il disegno di 3 scuole, sistemi sanitari, politiche di tutela ambientale, amministrazione delle infrastrutture ecc. e – conseguentemente – 3 diverse interpretazioni e gestione dei relativi diritti, come si trattasse di un contratto tra privati, con una innegabile incidenza sulle garanzie costituzionali di diritti universali, ora più o meno esigibili, a seconda della regione in cui si nasce e si vive). Una cittadinanza basata sulla residenza, il calabrese meno cittadino del lombardo.
La situazione si fa progressivamente più minacciosa: un tavolo unitario della scuola – il primo settore che si è mobilitato – naufraga dopo l’accordo tra sindacati confederali e governo del 23 aprile: vi è dichiarata una comune volontà di rispettare l’unitarietà del sistema scolastico; contestualmente i maggiori sindacati si sfilano dallo sciopero della scuola, indetto per il 17 maggio.
Il dibattito comincia a montare; si crea un Osservatorio dell’Università Federico II; Piero Bevilacqua lancia l’idea di attraversare in pullman l’Italia di un Sud, ancora poco consapevole di cosa sia l’autonomia differenziata; 120 tra associazioni di tutti i settori, sindacati, partiti politici firmano il documento Per il ritiro di ogni autonomia differenziata scritto da alcune associazioni della scuola, tra cui Lipscuola e Manifesto dei 500. Si forma un coordinamento e si convoca l’assemblea nazionale il 7 luglio: un coordinamento di scopo, centrato esclusivamente sulla comune proposta del ritiro di ogni autonomia differenziata, nella consapevolezza che la cessione anche di una sola delle materie rappresenterebbe un precedente inarrestabile. E che l’esigibilità di uguali diritti per tutti non si compirebbe nemmeno se la scuola, settore cui molti dei partecipanti appartengono, venisse tirata fuori da questa complicata partita.
In luglio, ancora il sito Roars pubblica le nuove bozze (datate mese di maggio) mentre una serie di soggetti istituzionali (tra cui il Dipartimento per gli affari giuridici della presidenza del Consiglio) muovono gravi rilievi al testo delle bozze di intesa. Impazza la polemica tra il Conte e i presidenti di regione Zaia e Fontana, che accusano il presidente di boicottaggio e minacciano pesanti ritorsioni. Ancora in luglio, il M5S annuncia a gran voce l’estromissione della scuola dalle 23 materie oggetto del futuro provvedimento. Carte ufficiali: nessuna, come sempre.
Dopo il 7 luglio e poi in agosto e settembre si creano 30 comitati locali di scopo per il Ritiro di ogni autonomia differenziata, mentre cade il .
Il quadro politico muta, ma durante la terza settimana di settembre Boccia, che ha sostituito Stefani presso il ministero degli affari regionali e le autonomie, incontra i presidenti delle 3 regioni; intanto il Piemonte, durante l’estate, aveva pubblicato la propria proposta di intesa, sulla falsariga di quella del Veneto, comprendente tutte e 23 le materie. Il neo ministro parla di ripartenza del percorso. Intanto Fioramonti, ministro dell’istruzione, dichiara seccamente: “L’autonomia scolastica a scuola non si fa”. Un caos di voci incoerenti, quando non di tweet e post su FB, le cui parole d’ordine sono sussidiarietà, autonomia solidale, soft, cooperativa, solidale; ragionevole regionalismo, Lep. Un profluvio di aggettivi che tendono a far passare il concetto – mendace – che esista una autonomia differenziata buona e una cattiva. Non a caso a un passo dalle elezioni dell’Emilia Romagna, a guida Pd: una delle regioni delle pre-intese. Pochi giorni fa il sito Roars pubblica le nuove bozze su quella che non è arbitrario considerare un tentativo la secessione del Veneto.
L’assemblea del 29 settembre ha cercato (attraverso gli interventi di Villone, Esposito, Giannola, presidente Svimez, Cavicchi, esperto in politiche sanitarie ed altri) di fare luce su tutte queste incredibili circostanze. Si tratta di un percorso che ha richiesto e – temo – continuerà a richiedere, un impegno costante e infaticabile di ricerca, approfondimento, disambiguazione, vigilanza; ma che ancora i cittadini (coloro che ne subirebbero le conseguenze) stentano a fare proprio. E’ necessaria una mobilitazione di tutte le forze che convergono sul documento approvato dall’assemblea del 29 settembre, sottoscritto anche dalla Flccgil del Lazio, Per il ritiro di ogni autonomia differenziata.
Il Comitato nazionale “Per il ritiro di ogni autonomia differenziata” sottolinea l’aggettivo: differenziata; nel rispetto dell’articolo 5 della Costituzione italiana, su cui si crede sia necessario aprire una stagione di riflessione e analisi, nel suo interloquire con il secondo comma dell’art. 3, così come sul Titolo V del 2001. E continua a credere fermamente che quel nome evochi l’unica posizione possibile da prendere in questa situazione. Parlare di coesione nazionale non significa accarezzare rivendicazioni nazionalistiche, ma richiamare l’esigibilità dei diritti universali per tutte/i, che si possono concretizzare solo sulla base del fermo principio della “Repubblica, una e indivisibile”.
Il coordinamento guarda con attenzione e rispetto a tutte le altre iniziative che si costituiscono sull’autonomia differenziata; come la grande assemblea che la Rete dei Numeri Pari sta organizzando per il 17 ottobre all’Ambra Iovinelli di Roma: 5 passi per dare una risposta a diseguaglianze e povertà; il quinto è proprio la proposta di contrasto senza se e senza ma al progetto dell’autonomia differenziata.
La convinzione è infatti che insieme – tutte e tutti, al di là di divisioni che di fronte a questa partita paiono persino ridicole – si va più avanti che da soli.
La composizione del tavolo dei relatori dell’assemblea del 29 settembre e del coordinamento per il Ritiro di ogni autonomia differenziata – ambiente, istruzione, ricerca e cultura, sanità – si articola nella cornice del dettato costituzionale e di un pensiero economico che abbia il coraggio di discostarsi dal feticcio del mercato e sappia dare il giusto peso ai bisogni degli individui e ai diritti sociali, civili e politici (si pensi al principio della libertà dell’insegnamento, strumento dell’interesse generale, fortemente attaccato dalle richieste delle 3 regioni) garantiti omogeneamente e non sulla base della residenza e dell’indirizzo politico della regione di appartenenza. Quella composizione configura un auspicio, un’ipotesi di mondo e di società, il rispetto dell’eguaglianza sostanziale e formale, la difesa dei principi costituzionali contenuti nella prima parte della Carta, la coesione sociale, politica e culturale del Paese, il rispetto della persona e della collettività, tutti elementi che fanno veramente democratico un Paese. Questo è l’auspicio, questo il senso della nostra ragion d’essere.
Marina Boscaino
7/10/2019 dal blog su MicroMega
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