“Avete presente Gaza?”. Vittorio Arrigoni e il silenzio del “mondo civile”. Ancora assordante
A Rafah, nel Sud della Striscia di Gaza, alcune persone si muovono tra le macerie dopo un bombardamento israeliano. È il 15 ottobre 2023. Le vittime civili sono già oltre 3mila in meno di dieci giorni © Abed Rahim Khatib / ipa-agency.net / Fotogramma
Il nuovo numero di Altreconomia esce mentre la popolazione della Striscia di Gaza è di nuovo sotto le bombe. Come 15 anni fa, al tempo della sanguinosa operazione “Piombo fuso”, raccontata dal compianto Vittorio “Vik” Arrigoni. Come se fosse oggi. A lui, e alle sue cronache, è dedicato l’editoriale di novembre
“Il mio appartamento a Gaza dà sul mare. Ha una vista panoramica che mi ha sempre riconciliato il morale, anche quand’ero affranto per la miseria a cui è costretta una vita sotto assedio. Prima di stamattina. Quando dalla mia finestra si è affacciato l’inferno. Ci siamo svegliati sotto le bombe oggi a Gaza, e molte sono cadute a poche centinaia di metri da casa mia. E molti miei amici, ci sono rimasti sotto. Siamo a 210 morti accertati finora, ma il bilancio è destinato a crescere. Una strage senza precedenti. Hanno spianato il porto e raso al suolo le centrali di polizia. Mi riferiscono che i media occidentali hanno digerito e ripetono a memoria i comunicati diramati dai militari israeliani secondo i quali gli attacchi avrebbero colpito chirurgicamente solo le basi terroristiche di Hamas. In realtà visitando l’ospedale di Al Shifa, il principale di Gaza City, abbiamo visto dei corpi distesi nel cortile -alcuni in attesa di cure, la maggior parte degni di sepoltura- decine di civili.
Avete presente Gaza? Ogni casa è arroccata sull’altra, ciascun edificio è posato sull’altro. Gaza è il posto al mondo a più alta densità abitativa, per cui se bombardi a diecimila metri di altezza è inevitabile che tu faccia una strage di civili. Ne sei cosciente e colpevole, non si tratta di errore, di danni collaterali. Così, bombardando la caserma di polizia di Al Abbas, in pieno centro, è rimasta coinvolta nelle esplosioni anche la scuola elementare lì a fianco. Era la fine delle lezioni e i bambini erano già in strada, decine di grembiulini azzurri svolazzanti si sono macchiati di sangue. Durante l’attacco alla scuola di polizia Dair Al Balah, si sono registrati morti e feriti nel suq vicino, il mercato centrale di Gaza. Abbiamo visto corpi di animali e di uomini mescolare il loro sangue in rivoli che scorrevano lungo l’asfalto. Una Guernica fuoriuscita dalla tela per trasfigurarsi nella realtà.
Ho visto molti cadaveri in divisa nei vari ospedali che ho visitato. […] Mi disinteresso della propaganda, lascio parlare i miei occhi, le mie orecchie tese allo stridìo delle sirene e ai boati del tritolo. Non ho visto terroristi fra le vittime, ma solo civili e poliziotti. Soltanto il giorno prima li prendevo in giro per come si erano imbacuccati per ripararsi dal freddo. Vorrei che almeno la verità rendesse giustizia a queste morti. Non hanno mai sparato un colpo verso Israele, né mai lo avrebbero fatto, perché non era quella la loro mansione. Si occupavano di dirigere il traffico e della sicurezza interna, tanto più che al porto siamo ben distanti dai confini israeliani.
Ho una videocamera con me ma ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman, non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime. Non ce la faccio. Non riesco perché piango anche io. Sono andato a donare il sangue all’ospedale Al Shifa, insieme agli altri dell’International solidarity movement (Ism). E lì abbiamo ricevuto la telefonata: Sara una nostra cara amica, è rimasta uccisa da un frammento di esplosivo vicino alla sua abitazione nel campo profughi di Jabalia. Una persona dolce, un’anima solare, era uscita per comprare il pane per la sua famiglia. Lascia 13 figli. Poco fa mi ha chiamato da Cipro Tofiq. Tofiq è uno dei fortunati studenti palestinesi che grazie alle nostre barche del Free Gaza Movement è riuscito a lasciare l’immensa prigione a cielo aperto della Striscia e a rifarsi una vita altrove. Mi ha chiesto se ero andato a trovare suo zio e se l’avevo salutato da parte sua, come gli avevo promesso. Titubante mi sono scusato perché non avevo ancora trovato il tempo. Troppo tardi, è rimasto sotto le macerie del porto insieme a tanti altri. Da Israele giunge una minaccia terribile: questo è solo il primo giorno di una campagna di bombardamenti che potrebbe protrarsi per due settimane. Faranno il deserto e lo chiameranno pace. Il silenzio del ‘mondo civile’ è molto più assordante delle esplosioni che ricoprono la città come un sudario di terrore e morte. Restiamo umani”.
Gaza, 27 dicembre 2008. Vittorio “Vik” Arrigoni. Quindici anni fa.
Lo scritto è tratto da “Gaza. Restiamo umani” (manifestolibri, 2011), a cura dello scrittore, giornalista e attivista Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza il 15 aprile 2011. Per onorare la memoria di “Vik” nel 2012 è nata la Fondazione Vittorio Arrigoni. Promuove interventi umanitari nel mondo. È possibile sostenerla devolvendo il 5×1000: codice fiscale 97624110157
Non perdere la puntata extra del nostro podcast “Oslo 30” dedicata a Gaza
1/11/2023 https://altreconomia.it/
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