“A viva voce”, i fili di una “informazione resistente” e la necessità di metterli insieme. I risultati del seminario del 23 ottobre. Sarà in grado la sinistra di conquistare posizioni, magari all’interno di uno schema “a rete”? Dopo i tempi gloriosi di “Genova 2001” e le mille videocamere in grado di ribaltare la “narrazione del potere” saremo in grado di strutturare esperienze in grado di fronteggiare la situazione?
Qual è lo stato di salute dell’informazione e della comunicazione nella sinistra antagonista? L’occasione per fare il punto è stato il seminario “A viva voce” che si è tenuto ieri pomeriggio presso la sala delle conferenze dell’università di Tor Vergata a Roma. Un appuntamento che ha avuto il patrocinio della facoltà di Studi umanistici e che ha visto la partecipazione dell’ambasciatore del Venezuela, insieme a una lunga serie di operatori dell’informazione di “testate giornalistiche resistenti”, studiosi dei mass media e docenti universitari.
Il dilagare di web e multimedialità e, comunque, l’affermarsi di una direzione orizzontale nei canali dove corre l’informazione sta cambiando con forza i modelli culturali e quindi la stessa produzione del consenso da parte del potere. A questo, però, non corrisponde una “contronarrazione” altrettanto efficace.
Se da una parte il web può rappresentare una grande opportunità nella lotta contro il pensiero liberista in quanto offre una platea di ascolto molto più ampia, dall’altra il mito della cosiddetta “Rete democratica” sta subendo colpi durissimi. Pochi gruppi monopolistici stanno imponendo i propri standard a partire dall’accesso alle reti per finire a moduli di elaborazione dei contenuti ricavati direttamente dai “frame”, ovvero dagli elementi che servono a costruire le campagne elettorali.
La sinistra antagonista, nel mentre, sembra scontare un doppio ritardo, sia in relazione alla battaglia per una informazione come bene pubblico sia nel dare visibilità ai propri contenuti. E’ chiaro che a questo punto la moltiplicazione di siti e testate che fanno riferimento a questo o quel progetto politico non aiuta a creare quella massa critica sufficiente ad assicurare “viralità”. Nel caso del Venezuela poi, quello a cui si assiste è una vera e propria campagna su scala internazionale basata su menzogne, falsi e disinformazione. La nascita in Italia di un coordinamento di operatori dell’informazione e di semplici militanti e simpatizzanti con la causa bolivaria testimonia della necessità di correre ai ripari su un piano sistematico. Se da una parte è vero che occorre rispondere colpo su colpo alle falsità orchestrate dal liberismo con la complicità di molti media occidentali, dall’altra è sempre più urgente attrezzare una propria procedura, e un propria visibilità. Proprio per questo la stessa TeleSur è stata pensata come una vera e propria “confederazione” di testate dell’America Latina per dare alla battaglia mediatica quel necessario assetto globale di cui ha bisogno per contrastare le mire del liberismo.
Oggi l’obiettivo del sistema dei mass media è immediatamente politico e non mostra più alcun interesse a creare “informazione come merce”, quanto, invece, una merce funzionale al potere, ovvero la rassicurazione di fronte alla complessità del mondo. Solo rassicurando l’opinione pubblica la si può indirizzare, mantenendola in un clima da “campagna elettorale continua” e imponendo scelte fuori dalla portata critica dei cittadini. In questo schema non resta più niente dell’informazione “utile al cittadino”, che quindi non può valutare liberamente i dati “di realtà” e prendere una decisione “consapevole”. In questo schema, l’unico messaggio che passa è quello “unico” del pensiero e della pratica liberista. Il messaggio che non dà luogo ad alternative e che chiude il “cittadino” dentro un universo unidimensionale. Senza contare che sul piano normativo e delle leggi la repressione delle poche voci libere è senza esclusione di colpi. E i colpi sono querele per diffamazione, taglio dei contributi pubblici, etc.
Sarà in grado la sinistra di conquistare posizioni, magari all’interno di uno schema “a rete”? Dopo i tempi gloriosi di “Genova 2001” e le mille videocamere in grado di ribaltare la “narrazione del potere” saremo in grado di strutturare esperienze in grado di fronteggiare la situazione? La rete sembra a questo punto uno degli elementi che ancora, per poco, sembrano reggere. Tanto più che la rete è una invenzione nata proprio dal seno della storia del movimento dei lavoratori. Rete, coalizione, cooperativismo possono rappresentare le chiavi, anche nel connubio tra operatori dell’informazione e militanza, per cercare di uscire dall’angolo in cui sembra chiusa la sinistra antagonista. Non si può più aspettare. Né si può aspettare che ciò avvenga immediatamente dopo la costruzione di un soggetto politico riconosciuto. Occorre che la “comunità” si metta in camino e cominci ad elaborare pratiche e modelli organizzativi, rispetto ai quali non può essere estraneo un nuovo modo di fare informazione e, dall’altra parte, un nuovo impegno a forme di fund raising e partecipazione.
La relazione di apertura è stata tenuta da Fabio Sebastiani, direttore di Controlacrisi. Tra i relatori, l’ambasciatore del Venezuela Isaías Rodriguez Diaz, la responsabile dell’Ufficio stampa dell’ambasciata Mayling Lòpez, e Giuliano Santoro. La prevista relazione di Dino Greco non è stata resa pubblica per problemi tecnici e verrà allegata agli atti. Tra gli interventi, Alfredo Vilora Perez (primo segretario dell’ambasciata del Venezuela in Italia), Jacopo Venier, direttore di Libera Tv, Marco Santopadre, redazione contropiano, Mattia Della Rocca, Gigi Mazza, John Manisco. Le conclusioni sono state a cura di Raul Mordenti.
Fabrizio Salvatori
24/10/2014 www.controlacrisi.org
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