BADANTI: LA SINDROME E IL DOMINIO
L’articolo-reportage di Battistini su «Il corriere della sera» – vedi sotto – racconta il terribile costo morale e psico-fisico se non l’annientamento che produce il lavoro servile delle immigrate che in Italia sono di fatto schiavizzate per compensare il welfare che non c’è o per assicurare alle famiglie italiane anche agiate servi-schiavi “a perdere” e a costo risibile.
Leggendo questi brandelli di storie drammatiche torna alla mente quello che hanno sofferto tante emigrate italiane ancora negli anni’60, ’70, ’80 e ’90 e forse ancora ora. Ricordo alcune di queste di Mirabella Imbaccari (Catania) o anche marchigiane, giovani emigrate in Germania che avevano lasciato i figli ai nonni e quando tornarono al paese erano disperate perché rifiutati dai loro bambini e in più “spaesate”, “scombussolate” (e senza alcun supporto psicologico – anche se questo a volte fa più danno che bene). Solo una precisazione: non si tratta di “traumi” psicologici o psichici propri all’emigrazione-immigrazione, ma ancora una volta di conseguenze devastanti proprie al dominio spietato che è imposto alle e agli immigrate/i e che in alcuni casi conduce persino al suicidio, come è avvenuto in alcuni casi di schiavitù del passato più remoto.
“Apparenti” paradossi: proprio in piccoli comuni del sud (come il mio paese di nascita) continua da decenni l’emigrazione e l’immigrazione: i giovani vanno via a volte per andare a fare lavori umilianti, pesanti, a rischio e non molto ben remunerati (come si offre quasi sempre agli immigrati, tipo pulire le fogne a Venezia e altrove) mentre i vecchi rimasti al paese sono affidati a “badanti” a nero … Cfr Mobilità umane, 2008 (pp. 51 e segg.).
Ai casi di “badanti” devastate dalla schiavizzazione si aggiungono quelle note (ma chissà quante altre ignorate) delle polacche torturate e assassinate, delle rumene rinchiuse in serre, violentate e costrette ad abortire e di altre ancora nella padania leghista costrette a lavorare al nero recluse a 2 euro per mille guarnizioni.
Qui una lista di alcuni reportage su questo tipo di realtà: https://www.youtube.com/watch?v=BnoswosixWU&t=2s; Leogrande, A. 2008. Uomini e caporali. Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del sud. Milano;http://isfoloa.isfol.it/bitstream/123456789/120/1/Iadevaia_Mainardi_Lavoro%20sommerso.pdf;http://www.repubblica.it/2006/09/sezioni/cronaca/scomparsi-polonia/scomparsi-polonia/scomparsi-polonia.html; Leogrande, A. 2009. http://www.unita.it/italia/i-desaparecidos-polacchi-nei-campi-di-pomodoro-del-tavoliere-delle-puglie-1.26660; Sciurba & Carnemolla, 2013:http://www.meltingpot.org/Due-volte-sfruttate-Le-donne-rumene-nella-fascia.html#.VNdsu2SG83I;Mangano: http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/09/15/news/violentate-nel-silenzio-dei-campi-a-ragusa-il-nuovo-orrore-delle-schiave-rumene-1.180119?ref=HRBZ-1 ehttp://espresso.repubblica.it/attualita/2015/04/07/news/schiave-romene-per-il-governo-e-un-fenomeno-non-significativo-1.207092?ref=HRBZ-1; Castaldo 2015: http://video.corriere.it/mi-diceva-sei-schiava-l-incubo-erika-sfruttata-serre-costretta-quattro-aborti/4de492be-0e78-11e5-89f7-3e9b1062ea42?refresh_ce-cp;http://www.inmigrazione.it/UserFiles/File/Documents/87_DOPARSI%20PER%20LAVORARE%20COME%20SCHIAVI.pdf; http://comune-info.net/2014/03/schiave/; Asud’Europa, 2015:http://www.piolatorre.it/public/art/i-nuovi-schiavi-in-agricoltura-arrivano-dall-africa-330; Iadevaia & Mainardi, 2012: http://isfoloa.isfol.it/jspui/handle/123456789/120?mode=full;http://www.repubblica.it/economia/2016/02/23/news/caporalato_in_400mila_lavorano_nei_campi_per_meno_di_2_5_euro_l_ora-134042758/?ref=HRER2-1; Servizio Publico, 12/01/2012:http://www.youtube.com/watch?v=hOm3bAeGw2Y; http://www.youtube.com/watch?v=ZGp100D1M8c; Adragna, Bagnariol, Monaco, & Nencioni, 2013: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/04/30/news/lavoro_nero-57761041/; Teodonio: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2014/03/28/news/i_nuovi_schiavi_dell_agricoltura_tre_euro_l_ora_piegati_sui_campi-82159113/; Report RAI: http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-528f4bd1-c0ae-4742-b15b-1d69980245d2.html; Saluzzo Rosarno in Piemonte: http://www.youtube.com/watch?v=gpUTHawCKd8;http://www.youtube.com/watch?v=zZrjFeTgqsc; Morini, La serva serve; Sciurba, La cura servile, la cura che serve, 2015; http://www.presadiretta.rai.it/dl/portali/site/articolo/ContentItem-cd95c7a2-c2f0-4dda-97a1-35ab3969afd6.html; Calabresi: http://www.snop.it/index.php?option=com_content&view=article&id=278; dacca-bangladesh-24-aprile-2013-piu-di-1100-morti-in-un-minuto-e-in-un-luogo-piu-morti-che-in-italia-in-un-anno&catid=59:attualita-la-tutela-del-lavoro&Itemid=57;http://www.snop.it/index.php?option=com_content&view=article&id=274:qualche-considerazione-a-proposito-dellindustria-tessile-italiana-e-degli-infortuni-sul-lavoro&catid=39:notizie-prevenzione-e-lavoro; Peled, M.X. China Blu, 2005http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-f7d1c3a3-d6bf-4765-92c1-25df1a825295.html?p=0
Romania, «sindrome Italia» delle badanti
di Francesco Battistini
In Italia le badanti che arrivano dalla Romania sono circa un milione, solo la Siria esporta in Europa più migranti
Tornano a casa e non riconoscono nulla. Hanno lasciato dietro di sé i mariti, a volte i figli piccoli.
Tornate a casa, in migliaia finiscono in clinica a curarsi. Ci sono interi villaggi di «orfani bianchi», i bambini cresciuti senza di loro. È il prezzo alto che spesso paga chi si cura dei nostri cari.
La terapia può durare anche cinque anni e di rado la passa la mutua.
«Rientrata in Romania avevo attacchi di panico, piangevo. I miei due figli mi guardavano come una sconosciuta. Alla fine se ne sono andati via. Meglio così, hanno una vita da vivere. La mia, io l’ho regalata all’Italia» (Nicoleta “ex-badante”).
All’Istituto psichiatrico Socola di Iasi le badanti ricoverate sono più di 200 l’anno.
Depresse, insonni, aspiranti suicide «Più che una malattia, la sindrome Italia è un fenomeno medico sociale», dice la primaria Petronela Nechita.
C’è un sentimento quasi intraducibile, «dor», che tutte le badanti conoscono: la brama di quel che si è abbandonato lo struggimento per ciò che non si ritroverà più.
Nicoleta, sei una schifosa! Nicoleta, pulisci! Nicoleta, sta’ zitta! «Le sento sempre, quelle voci…». Nelle orecchie ronzano ancora le urla del vecchio malato d’Alzheimer e di sua moglie. Nella mente, i ricordi della casa di Treviso: una prigione senza sonno e senza permessi, né sabati né domeniche. «Quei signori me li sogno tutte le notti. Due zombie! M’afferrano, mi fanno male!…».
All’ombra d’un carrubo, ingoffita d’un soprabito nero che invecchia il suo corpo cinquantaduenne, Nicoleta sta seduta a fissare le ortensie della clinica. Ogni mezzogiorno, stessa panchina. Dieci anni da badante e ora più nessuno a cui badare, nemmeno se stessa. Il tempo, lo trascorre a fare la terapia: «Quando sono tornata a casa, nel 2012, mi sono accorta che parlavo con le voci. Mi sentivo prigioniera, non dormivo mai, scappavo. Avevo attacchi di panico, piangevo. I miei due figli mi guardavano come una sconosciuta. Avevano ragione: erano cresciuti senza vedermi, ormai era passato troppo tempo… Alla fine se ne sono andati via».
Nicoleta sorride nel vuoto: «Io sono rimasta qui, loro sono fuggiti a vivere in Sicilia. Ed è come prima: non ci vediamo mai». Meglio così: «Ma sì, che cosa ci stavano a fare con me? Hanno una vita da vivere. La mia, io l’ho regalata all’Italia». Ahi serva Romania, di dolore ostello. All’Istituto psichiatrico Socola di Iasi, le Nicolete ricoverate sono più di duecento l’anno. Depresse, inappetenti, insonni, schizofreniche, ansiose, impanicate, allucinate, ossessionate. Impazzite. Aspiranti suicide. Badanti che prendiamo in casa e crediamo di conoscere e diventano invece vite a perdere, quando tornano da dove vennero.
Il loro disturbo ha un nome scientifico che ci provoca, in quanto maggiori importatori europei d’affetto a pagamento: «Sindrome Italia». Uno stress diagnosticato e chiamato così per la prima volta da due psichiatri di Kiev: nel 2005, avevano osservato sintomi comuni a molte ucraine e romene e moldave, ma pure filippine o sudamericane. Tutte emigrate per anni ad assistere anziani nell’Europa ricca, lontane da figli e mariti.
«Più che una malattia, la “sindrome Italia” è un fenomeno medico-sociale», spiega Petronela Nechita, primaria psichiatra della clinica di Iasi: «C’entrano la mancanza prolungata di sonno, il distacco dalla famiglia, l’aver delegato la maternità a nonni, mariti, vicini di casa… Abbiamo molta casistica. S’è aggravata quando le romene dal Meridione, dove lavoravano nei campi ed erano pagate meno, si sono spostate ad assistere gli anziani del Nord Italia: tra le nostre pazienti ci sono soprattutto quelle che rifiutavano i giorni di riposo e le ore libere per guadagnare meglio, distrutte da ritmi massacranti. Nessuno può curare da solo un demente o una persona non autosufficiente: 24 ore al giorno, senza mai una sosta. Col fardello mentale di quel che ci si è lasciati alle spalle. Anch’io e lei ci ammaleremmo».
Al ritorno in Romania, la terapia della «sindrome Italia» può durare anche cinque anni e di rado la passa la mutua: 240 euro ogni dodici mesi, uno stipendio medio. Un terzo delle ricoverate tenta almeno una volta il suicidio, e spesso ci riesce. Ma è una strage silenziosa, perché di solito è la famiglia a chiedere d’aggiustare l’atto di morte: nella regione più povera dell’Ue, nella Iasi «dalle cento chiese», com’è soprannominato questo capoluogo della Moldavia romena che Bergoglio visiterà in giugno, i pope ortodossi negano funerali e cimitero a chi si toglie la vita.
Salvatore Palidda
9/4/2019 www.labottegadelbarbieri.org
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