Bayer si pappa Monsanto e vuol essere il padrone della vita
Cibo e veleno, vita e morte, tutto sotto il controllo della stessa azienda. Anzi, soltanto di tre. Dopo le fusioni tra Dow Chemical e Dupont, tra ChemChina e Syngenta, arriva quella tra Bayer e Monsanto. In comune hanno la concentrazione planetaria su merci e tecnologie riguardanti agricoltura, farmacologia, diserbanti, pesticidi, ecc. L’80% delle sementi e il 70% dei pesticidi usati negli Usa viene fuori solo dalle loro fabbriche.
Il gruppo tedesco famoso per l’aspirina ha conquistato il colosso americano degli Ogm, al contrario famoso per l’”agente Orange” – un cocktail di diserbanti prodotto insieme ad altre otto società – sparso a migliaia di tonnellate sul Vietnam, facendo strage di combattenti, contadini, militari Usa e loro discendenti. All’origine dunque anche della leggenda demente delle “scie chimiche”, perché appunto i bombardamenti con “l’agente” erano denunciati da grandi scie arancioni nei cieli del sudest asiatico.
Alla fine degli anni ’90, però il vero business di Monsanto è diventato le sementi Ogm, frutto della ibridazione di semi vegetali con sequenze di dna vegetale oanimale (scorpioni, per esempio), con la promessa di generare raccolti inattaccabili dagli insetti o dalle micosi. Una promessa, insomma, di liberazione dell’umanità dalla insufficienza di cibo, visto che un campo seminato a ogm poteva dare un raccolto più ricco e con perdite molto minori.
Una promessa costosa, certamente. Dal 1996, data della prima commercializzazione di un seme ogm, ad oggi, il prezzo dei semi industriali di mais o soia è quadruplicato; mentre il prezzo finale delle materie prime agricole andava calando velocemente, con gravi danni economici per gli agricoltori e nessun vantaggio per i consumatori finali.
Solo i profitti societari dei fabbricanti ogm ne hanno tratto un considerevole vantaggio, impiegato anche politicamente per impedire – ad esempio in California – che avesse successo un referendum contro gli stessi ogm.
Ma anche questa potenza ha cominciato a declinare. Anno dopo anno i raccolti ogm hanno dovuto registrare danni rilevanti e progressivamente più ingenti. La natura opera secondo criteri di selezione naturale che si fanno beffe delle invenzioni da laboratorio. Nonostante pesticidi e diserbanti mirati (elaborati negli stessi laboratori, sia di Monsanto che di Bayer o degli altri – pochi – concorrenti), si sono evoluti insetti e malattie fungine in grado di attaccare con successo i campi di frankenstein. E gli affari hanno cominciatoa calare, rendendo Monsanto “attaccabile”.
Attacco che costerà comunque alla società tedesca 66 miliardi di dollari, ma che darà vita a un mostro capace di controllare e produrre ogni singolo pezzo della catena della riproduzione alimentare – dal seme al pesticida, al diserbante (il glifosato che soltanto ora è stato messo sotto indagine per la sua pericolosità per la salute umana), agli antibiotici – e dunque alla stessa riproduzione della specie.
È noto infatti che gli “ibridi” ogm, una volta piantati sul terreno, sviluppano frutti sterili; commestibili (a nostro rischio e pericolo, ma questa è un’altra storia che ci sorprenderà col passare delle generazioni e dell’evoluzione delle sequenze di dna metabolizzate col cibo) ma privi di semi. Dunque, ogni nuova semina dipende dalla possibilità dei coltivatori di comprare un’altra partita di semi, dal prezzo crescente e dall’efficacia sempre più dubbia. Non c’è però solo l’aspetto economico, perché l’intero ciclo riproduttivo viene a dipendere dalla volontà predatoria di un management aziendale e dalla capacità ingeneristica di alcuni tecnici di laboratorioi. Produrre e vendere semi dunque diventa per un verso un’arma politica – “non li vendiamo ai nostri nemici”, magari di punto in bianco, dopo averli convinti o costretti ad abbandonare le proprie millenarie cultivar locali – e per l’altro un gioco in cui l’errore di pochi può provocare disastri globali (una carestia, un avvelenamento, ecc).
È il richio sistemico insito nella privatizzazione della riproduzione. Qualcosa che prima chiunque poteva fare – ripiantare un seme tratto da un frutto – adesso diventa un gesto subordinato alla disponibilità di denaro e alla efficacia del “prodotto ingegnerizzato”.
Si dirà: ma questo è il rischio insito nell’industria ogm in quanto tale, ci siano una o mille aziende che producono questa roba.
Certo. Ma quando l’intero mercato viene di fatto controllato da soltanto tre holding multinazionali, com’è ora, ci si trova di fatto sotto un monopolio che può concordare prezzi,varietà, cicli riproduttivi e politiche di mercato selettive.
È dunque teoricamente possibile che qualche autorità antitrust intervenga per bocciare questa o altre fusioni similari. Ma non ci giureremmo. La potenza di fuoco in possesso di questi colossi – sia finanziaria che “fisica” – è infatti tale da intimidare qualsiasi Stato o istituzione, di qualsiasi dimensione e potenza.
Redazione Contropiano
15/9/2016 http://contropiano.org
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