BOTERO E’ A ROMA!

Finalmente, dopo tanto rimandare, sono riuscita a visitare la mostra che l’Italia ha dedicato a Botero a un anno dalla scomparsa, avvenuta a Monaco nel 2023, con oltre 120 lavori, a Palazzo Bonaparte. Troppo tardi, purtroppo, per ammirare le installazioni delle sculture in varie piazze del centro di Roma, che sono rimaste esposte soltanto per pochi giorni dall’inaugurazione della mostra.

L’aggettivo che più si adatta al sentimento suscitato in me è: sorprendente.

Sorpresa da quel linguaggio unico e immediatamente riconoscibile fatto di figure rotonde, opulente, maestose e vitali. Da queste forme belle, piacevoli, morbide che ci accolgono e ci invitano a sorridere. 

Oltre che dalle opere nella loro interezza e complessità, naturalmente, sono rimasta colpita dai particolari, da piccoli elementi che ho fotografato per fissarli meglio nella mia memoria. Sono fotografie scattate con il mio Smartphone, in condizioni di luce non adeguate, quindi tecnicamente pessime, ma ritengo che possano essere utili per sottolineare ciò che le opere mi hanno comunicato.

Il percorso di vita e professionale di Fernando Botero è lineare ed in continua ascesa, anche se con pause e momenti di riflessione, per poi ripartire sempre più vitale e proficuo.

Nasce il 19 aprile 1932 a Medellín, in Columbia e cresce in una famiglia modesta. Dopo aver frequentato brevemente una scuola di toreador, si dedica alla pittura come autodidatta e, a soli 16 anni, vince il suo primo concorso nazionale, un trampolino di lancio che gli consente di viaggiare e studiare in Europa.

In Italia entra in contatto con le maggiori opere del Rinascimento italiano, soprattutto di Giotto, Andrea Mantegna, Masaccio, Paolo Uccello, Piero Della Francesca che lo ispirano, tanto da riprodurre diverse copie dei loro capolavori.

Infatti, tra i quadri esposti spiccano le sue reinterpretazioni di grandi opere come La Fornarina di Raffaello o il dittico dei Montefeltro di Piero della Francesca. E l’omaggio a Leonardo da Vinci con La Monna Lisa all’età di 12 anni.

La mostra si apre con l’opera Omaggio a Mantegna (1958). Ispirandosi all’affresco della parete Nord della Camera degli Sposi di Mantova, Botero realizza una nuova versione in cui esalta i colori e la monumentalità del maestro veneto.

E fu in Italia che avvenne l’invenzione del suo stile così personale, facendo proprie le forme monumentali e massicce e i colori straordinari della pittura rinascimentale, la ricerca della forma perfetta, la rotondità delle figure.

Dal Rinascimento egli attinge anche l’assenza di ricerca psicologica, la mancanza di espressività dei volti, che guardano lo spettatore con occhi fissi e distanti, quasi fossero personaggi metafisici, nonostante i temi affrontanti siano quelli della vita reale: la vita quotidiana, la religione, il circo, la corrida, gli amori.

Nelle sue opere pittoriche sono presenti spesso paesaggi agresti, ma soprattutto urbani, da cui emergono grandi cattedrali, campanili e cupole, altra similitudine con i quadri rinascimentali.

Le nature morte, affrontate di per sè o presenti in molte opere con tema più ampio, sono realizzate con diverse tecniche grafico pittoriche e, nei volumi e nelle forme, seguono le stesse regole armoniche della figura umana, così come le sculture, di marmo bianco o nero, che rappresentano uomini, donne o animali.

Nel 1957, Botero fece una scoperta fondamentale. Mentre dipingeva una natura morta raffigurante un mandolino, decise di aumentare le dimensioni della cassa dello strumento, senza però modificare la buca. Questo semplice esperimento di esagerazione delle proporzioni divenne il segno distintivo della sua arte, che in seguito si estese a figure umane e animali. Ed è questa particolarità che rende le figure non ridicole, goffe o obese, ma monumentali, leggere e agili.

Egli descrive così il fare arte: “l’arte è sempre un’esagerazione; il pittore esagera il colore o esagera la linea. C’è sempre un’esagerazione”.

Naturalmente furono anche altre le sue fonti di ispirazione, come Goya e Picasso negli aspetti della cultura ispanica, specialmente nei temi classici come il circo e la corrida, come Rubens e Van Eyck, fino a Velàsquez, che Botero studiò al Prado.

La religiosità laica di Botero si esprime nell’interpretazione dei temi sacri che vengono rappresentati in modo realistico e talvolta dissacrante.

Poi, improvvisamente, sentimenti, emozioni e strazio compaiono prepotentemente in alcune opere esposte che Botero, lasciati i temi consueti, affronta per raccontarci eventi sociali e politici reali e che lo hanno molto segnato: la violenza dilagante nella vita quotidiana della Colombia negli anni quaranta dello scorso secolo e le atrocità commesse dai soldati americani nella prigione di Abu Ghraib a Baghdad.

Fernando Botero stesso ci dice, inaugurando la retrospettiva della sua opera, nell’antico monastero di San Ildefonso, in Messico: “Contrariamente a quello che ho sempre predicato, che l’arte deve dare piacere e mostrare aspetti più piacevoli, di fronte a questo terribile dramma, ho l’obbligo morale di dare un altro aspetto alla mia pittura e mostrare il dramma colombiano”.

Poi, nel maggio 2004, viene a conoscenza dei fatti atroci avvenuti nelle prigioni di Abu Ghraib tramite i resoconti pubblicati dal The New Yorker, scritti da Seymour Hersh, un giornalista investigativo vincitore del premio Pulitzer 

In poco più di 14 mesi Botero, sconvolto da questi eventi, ha prodotto una potente visione delle atrocità di Abu Ghraib in una serie di 80 dipinti e disegni come “testimonianza contro l’orrore”

Questo ciclo di opere sull’Iraq mostra chiaramente la sua capacità di affrontare temi di violenza e oppressione, con lo stesso linguaggio stilistico che ha reso celebre il suo lavoro. Le figure, in questo caso, esprimono una forza e una potenza inaudite.

Botero osservò: “Quello che volevo era visualizzare l’atmosfera descritta negli articoli, rendere visibile ciò che era invisibile”.

Nel 2020, gli chiesero che cosa gli sarebbe piaciuto fare negli anni a venire, rispose con sorprendente umiltà: “Imparare a dipingere. L’aspetto meraviglioso della pittura è che nessuno può decidere di saper dipingere. La pittura, ogni singolo giorno, ti porta a percorrere nuove strade e a non smettere mai di fare pratica”

Fernando Botero muore il 15 settembre del 2023 a 91 anni, nella sua casa di Monaco Vecchia. Il 5 ottobre le ceneri vengono sepolte a Pietrasanta, presso la collegiata di San Martino, nel locale cimitero accanto alla moglie Sophia.

Stefania Rocchi

12/1/2025 https://viaggipercorsimemoria.altervista.org

Link dell’articolo originale, corredato dalle foto delle opere BOTERO E’ A ROMA!

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