Brasile, Lula presidente per la terza volta

Per due milioni di voti in più

Luiz Inácio Lula da Silva è stato eletto presidente del Brasile dopo una tesissima nottata vissuta con un testa a testa, all’ultimo voto, tra il leader del Partito dei lavoratori, al suo terzo mandato, e il suo rivale, il presidente uscente dell’ultra destra Jair Messias Bolsonaro con il 50.9% (oltre 60 milioni di voti, record) e diventerà presidente della Repubblica per la terza volta. Il suo nuovo mandato inizierà il 1° gennaio 2023. Bolsonaro, primo capo di Stato in carica a non essere rieletto, non ha ancora riconosciuto la sconfitta né commentato in alcun modo il risultato. Vittoria ufficiale di Lula dichiarata dal Tribunale superiore elettorale.

A fine serata sono arrivate le congratulazioni dei leader mondiali, tra cui quella del presidente Usa Joe Biden, che ha parlato di elezioni «libere, giuste e credibili», quasi ad allontanare qualsiasi tentazione alla Trump da parte di Bolsonaro.

Lula è tornato

Lula è tornato. A 77 anni si riprende la presidenza. L’unico in grado di riunire dietro di sé un’alleanza abbastanza forte per sconfiggere il ‘bolsonarismo’, il ‘trumpiswmo alla brasiliana’, ancora più che Bolsonaro.

«Hanno cercato di seppellirmi, sono risorto»

Lula ha parlato dopo la chiusura dello spoglio: «Hanno cercato di seppellirmi vivo ma ho avuto un processo di resurrezione nella politica brasiliana. Sono qui per governare il Paese in un momento molto difficile, ma riusciremo a trovare le risposte». Poi Lula ha promesso di governare per tutti i brasiliani, non soltanto per chi lo ha votato, perché «non esistono due Brasili, siamo un unico popolo, un’unica nazione. Non devono più esserci famiglie divise dalla politica». E ha promesso «un salario giusto e libertà religiose e di porre fine alla fame, ancora una volta».
«Una democrazia reale, concreta, con crescita economica ripartita in tutta la popolazione perché così la democrazia deve funzionare, non per perpetuare le diseguaglianze».

Nuova credibilità nel mondo

E Lula parla di un Brasile che ha riconquistato stabilità e credibilità anche agli occhi del mondo: «Oggi il Brasile è tornato, è pronto a riprendere il protagonismo nella lotta per l’ambiente e contro il cambiamento climatico e lotteremo per la deforestazione zero dell’Amazzonia». Nelle principali città del Paese è esplosa la gioia del popolo ‘lulista’ con caroselli di auto, balli in strada e bandiere rosse al vento. Lula però torna al Planalto senza trionfare, dovrà governare con un Congresso dominato dai bolsonaristi e con molti governatori di destra.

Al ballottaggio le due anime del Brasile spezzato

Per primi ieri i risultati per l’elezione dei governatori. Con la conferma della ‘presa bolsonarista’ sulla vasta regione amazzonica: quattro Stati erano già stati vinti da alleati dell’attuale presidente al primo turno (Acre, Mato Grosso, Roraima e Tocantins) cui ieri si è aggiunta la conferma in Amazonas di Wilson Lima e di Marcos Rochas in Rondônia. E ‘bolsonarista’ è anche il governatore eletto a San Paolo, Tarcisio de Freitas, che ha battuto il ’lulista’ Haddad.

Brasile lacerato e diviso

Lula ha vinto ma non ha trionfato. Dovrà gestire un Brasile lacerato e diviso. Dovrà affronterà uno scenario economico complesso e carico di incertezze, con l’inflazione che può tornare a correre veloce e un’economia che rallenta la crescita. E Bolsonaro non scompare: resta il leader di un’opposizione fortissima al Congresso.

Le elezioni più polarizzate nella storia del Paese

Metà Brasile che festeggia, metà che vive la sconfitta. Caroselli di auto e moto, grida dalle finestre degli appartamenti, suoni di clacson e bandiere al vento riempiono le strade delle principali città. Da una parte i sostenitori dell’ex sindacalista, dall’altra il silenzio di delusione dei fan di Jair Bolsonaro. In una nazione spaccata a metà, le elezioni più polarizzate della storia del Paese si riflettono negli umori dei suoi cittadini, divisi da opposte tifoserie come in una finale della nazionale di calcio.

Ma per Lula non sarà una partita facile da affrontare perché i quattro anni di Bolsonaro, la destra dura che vanta i suoi modi prepotenti e spesso violenti d’esserlo, cambia di riflesso il modo di intendere il confronto tra posizioni diverse in tutti. Basta guardare agli Stati uniti ancora segnati dal ‘trumpismo’.

31/10/2022 https://www.remocontro.it

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