Brodo di DAD
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della Rete Bessa *
con fotografie di Michele Lapini
e una postilla di Wu Ming
1. Distopia
«Ora come ben saprà ci sono le restrizioni, tutto bloccato, non ci possiamo fare niente!»
Quest’anno ho fatto solo supplenze intermittenti, un paio di mesi di
seguito al massimo e tanti giorni sparsi. Ma da tre giorni ci sono le
restrizioni. Con la chiusura delle scuole, niente più chiamate di presa
in carico, niente stipendio, unica via l’indennità di disoccupazione. Ma
servono gli ultimi contratti, appunto, e i rispettivi pagamenti. Che
mancano.
«Non le sono arrivati gli stipendi di dicembre?»
Con quattro mesi di ritardo, sì. Come spesso, come a tant*. Sono andati a
coprire il debito dei mesi precedenti. Ma poi cosa c’entra? Il punto è
che devo chiedere la disoccupazione.
«Poi, insomma, lei è solo una MAD!»
MAD, Messe A Disposizione, ossia il personale docente convocato una
volta che si è esaurita la graduatoria. Ti chiamano perché hai lasciato
il curriculum nel posto giusto al momento giusto. Chi è convocato in
questo modo rappresenta l’ultimo anello della precarietà nella scuola.
Per questo motivo MAD è sinonimo di mesi passati a coprire
malattie e permessi, di colleghe di ruolo che si aggrappano alla
speranza di un* supplente, che progettano il lavoro in classe sulla
sicurezza della tua presenza, di organizzazione del personale scolastico
che galleggia scientemente sulla disponibilità costante di docenti
precari*… Mi decido a prendere parola:
«La avviso che se non mi consegnate i miei contratti prenderò provvedimenti: sindacati, avvocati, diffide, messe in mora….»
«Signorina… Se le va bene ci vediamo alla Coop? Così firma i contratti e glieli consegno.»
Eccoci lì, sul muretto vicino al supermercato, tra mascherine e guanti, a fianco di una coda con carrello.
L’odio.
Non tanto nei confronti di colleghe o colleghi decisamente non affini con cui devi per forza collaborare, o di quella parte del personale scolastico che si permette di trattarti come una pezza da piedi arrivando a farti firmare il contratto alla Coop.
L’odio pulsante contro il sistema scuola, i suoi non-detti e le sue gerarchie. Prosegui la lettura ›
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