Brutto “clima” nella carceri. Non siamo un paese civile.
In una delle recenti puntate di Radio carcere (Radio radicale) , fonte di informazioni che consiglio a tutti di seguire, è giunta una telefonata di una persona detenuta nel carcere di Brindisi.
ha detto “poche” cose ma impressionanti:
i detenuti sono 180 contro una capienza adeguata di 100 ; le celle sono di 12 metri quadrati e ospitano fino a 4 persone; il carcere è stato costruito nel 1930; le persone ristrette fanno una sola ora d’aria al giorno; una situazione esasperante , dunque, di sovraffollamento;
inquietante il fatto che, a fronte di tutto questo, la persona che ha telefonato ha preferito mantenere l’anonimato perché altrimenti, ha detto: “Qui mi fanno il culo”;
ora , al di là della espressione poco prosaica, questo modo di esprimersi fotografa chiaramente un “clima” , evidentemente non solo inaccettabile ma anche impensabile in un paese democratico ;
Franco Basaglia , Giorgio Antonucci ed altri, ci hanno insegnato cosa siano e come funzionino le “istituzioni totali” in tutto il mondo e , anche grazie a questi insegnamenti , anche se certe realtà non ci sorprendono, non siamo propensi al silenzio o alla rassegnazione;
dalle poche informazioni rilasciate via radio si deduce dunque un dato molto semplice: il carcere di Brindisi è distante anni luce da quella che deve essere, secondo la Costituzione della Repubblica , la funzione del carcere e della limitazione della libertà: quella di applicare-in casi estremi- una grave e legittima sanzione ma finalizzata e gestita al fine di un percorso di reinserimento e risocializzazione della persona, senza che ciò comporti una esperienza umiliane e degradante per la persona; tralasciamo qui il grave problema della carcerazione “per errore” di persone non colpevoli.
Lei signora Sindaco ha avuto a disposizione ogni sei mesi un rapporto semestrale sul carcere della città che sicuramente la Asl locale ha redatto e le ha inviato; riprenda in mano l’ultimo (secondo semestre 2016) , valuti se vi sono riscontri positivi della denuncia del detenuto; è un lavoro importante quello della Asl , effetto delle disposizioni contenute nella riforma penitenziaria del 1975,che può essere utilizzato come strumento di monitoraggio delle condizioni del “pianeta carcere” , sempre che questo report lo si voglia tenere in considerazione e non lo si riduca ad un obbligo burocratico cui adempiere “pro forma”;
nel caso di riscontri positivi e convergenti (tra report e testimonianza radiofonica) , non riterrebbe doveroso , in qualità di autorità sanitaria locale, intervenire per superare questa situazione di illegalità?
una illegalità fattore di degrado e di rischio fisico/sanitario ma anche di degrado morale;
è ripugnante infatti, per la coscienza democratica di un paese nato dalla Resistenza, che una persona detenuta nelle condizioni che sono state descritte , quindi vittima di una condizione di costrittività e di sofferenza indicibile, debba essere costretta ad un anonimato equiparabile ad una forma di coatta omertà.
Dia , cortesemente, un cenno di risposta a noi ma, soprattutto, alle persone private della libertà,ai loro familiari, alla intera comunità locale.
Cordialmente.
Vito Totire
medico/psichiatra e portavoce circolo “Chico” Mendes (associazione per l’ecologia sociale)
26/1/2017 www.salutepubblica.net
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