Campagna elettorale farlocca, per nascondere le vere mire dei padroni

PaP

La campagna elettorale è ancora lunga, chissà cosa altro leggeremo e ascolteremo da qui a Marzo, certo che già oggi si capisce quanto poco veritieri siano i programmi rispetto a una eventuale, loro, traduzione in pratica di Governo.
Mentre tutti promettono cio’ che per tradursi in pratica dovrebbe confliggere con Ue e Bce (e sulla subalternità all’Europa di Maastricht tutti concordano), Confindustria e i poteri dell’austerità dettano le loro linee guida. Sarà per questo che torna di moda la spending review, il buon Cottareli (uomo del FMI) viene evocato da piu’ parti, come del resto il taglio delle tasse, sotto forma di flat tax o di sgravi per le famiglie, qualche aumento per le pensioni minime o aiuti destinati alle fasce di povertà. Ma i soldi per incrementare le pensioni, ridurre le tasse alle imprese da dove arriveranno? Semplicemente dai tagli al welfare, allo stato sociale, anzi no raccontano che saranno tagliate le spese inutili (non sono gli aerei da guerra ovviamente)

I tagli al welfare sono entrati in una nuova fase, benedetti dal Sindacato al quale è stato accordato il buniness di previdenza e sanità integrativa. Ma i tagli del governo non sono astratti, colpiscono lavoratori e cittadini, solo chi è complice dell’austerità puo’ tacere, tra il 2014 e il 2018, con i Governi Renzi e Gentiloni la spending (riduzione di spesa) ha raggiunto quota 35 miliardi , tagli poi utilizzati per il famoso bonus di 80 euro ma soprattutto per gli sgravi fiscali alle imprese.

M5S e centrodestra sono le forze politiche piu’ sensibili alla spending, parlano di 50 miliardi di sprechi da reinvestire nella riduzione strutturale delle tasse, magari facendole pagare in maniera uguale al ricco e al lavoratore dipendente indebitato. Il Pd vuole conservare l’equilibrio tra spesa e Pil, riduzione piu’ soft delle misure fiscali adottando misure meno drastiche ma sempre nell’ottica di tagliare la spesa sociale. Occorre quindi diffidare e capire gli scenari futuri guardando ai padroni e ai loro programmi per altro ripresi da quasi tutte le coalizioni politiche.

Oggi focalizzeremo la attenzione sulle parole fuorvianti, sul linguaggio subliminale con cui confondere le idee all’elettore medio che poi è un lavoratore sfruttato e indebitato a cui raccontano la storiella di quanto convenga mutuare gli aumenti contrattuali con i bonus . La spending review è funzionale a Industria 4.0, al sistema di tassazione che favorirà i redditi elevati e gli speculatori finanziari, alla distruzione del welfare. Lo si capisce solo se prestiamo attenzione ai linguaggi, alle nuove parole d’ordine; merito e competenze, innovazione, modelli d’impresa sono specchietti per le allodole ma i pennuti siamo noi che cadiamo nella trappola ideologica del nuovo.

I prossimi mesi saranno importanti per continuare nei processi di ristrutturazione partiti già da anni, con l’innalzamento della età pensionabile, la distruzione dell’art 18; le ulteriori tappe saranno la riscrittura dei contratti, l’estensione al pubblico delle regole sulla rappresentanza, la contrazione del diritto di sciopero con una legge liberticida.

Prima di procedere con costosi investimenti, i padroni vogliono che tutto sia a posta, non ci siano normative favorevoli ai lavoratori, siano ridotti gli spazi di agibilità sindacale, si possa criminalizzare il dissenso e il conflitto alla occorrenza.

Quando i padroni parlano di certezza del diritto e delle regole, le declinano a senso unico e a loro esclusivo vantaggio. Sta qui il nodo delle semplificazioni, una parola magica con la quale si possono cancellare diritti e tutele acquisite ma nell’immaginario collettivo equivale a una lotta contro la burocrazia, le spese inutili (che poi scopriamo utilissime come nel caso dei tagli che volevano imporre alle pulizie\sanificazioni ospedaliere).

E una volta ottenuti gli sgravi fiscali, come potranno utilizzare il jobs act per favorire Industria 4.0? Se lo chiedono industriali ed economisti, c’è quindi da aspettarsi l’ulteriore precarizzazione dei rapporti di lavoro. Proviamo allora a individuare i punti salienti del programma padronale visto che li ritroveremo in Parlamento sotto varie bandiere?

1 la riduzione del diritto di sciopero facendo approvare una delle tante leggi già depositate nella ormai passata legislatura

2 Ulteriore attacco allo statuto dei lavoratori nell’ottica dello “Statuto dei lavori” elaborato da Marco Biagi

3 Formazione nei luoghi di lavoro e revisione del sistema educativo e formativo funzionale alle esigenze dell’economia, quindi rafforzamento del lavoro gratuito, dell’apprendistato, ennesima riforma della scuola magari con un anno in meno di scuole superiori e programmi costruiti ad uso dell’impresa.

4 Subordinare l’istruzione di ogni ordine e grado all’economia capitalistica , piegare la organizzazione del lavoro ai processi innovativi di cui il capitale ha bisogno, sovvenzionare questi processi con i soldi pubblici, magari con la riduzione del welfare state e l’investimento di maggiori risorse in percorsi formativi a uso e consumo delle imprese.

5 Ripensare lo stato sociale e con esso anche il sistema delle relazioni industriali, rafforzare il welfare aziendale, sanità e previdenza integrativa, il secondo livello di contrattazione a discapito del contratto nazionale, attivare tutti i processi possibili di incentivazione fiscale a favore delle imprese

Il programma unico del capitale ha già conquistato alla sua corte buona parte del sindacato (si rinvia al domenicale di sette giorni fa) e della politica, sarà il caso di capire in fretta la posta in gioco per tradurre in pratica sindacale, sociale e politica una risposta complessiva che non sia solo di resistenza ma anche di attacco a progetti inconcepibili per le classi sociali subalterne. Da qui la salvaguardia del potere di acquisto e di contrattazione, la difesa della sanità e dell’istruzione pubblica, preservare una idea di società dove il sistema fiscale tenga conto della ricchezza reale e faccia pagare a ciascuno in base ai suoi averi. Ma per fare cio’ non bisogna recedere dalla difesa del diritto di sciopero e dalla critica serrata ad accordi sulla rappresentanza che sono la tomba del sindacato. Industria 4.0 sarà il vero banco di prova.

Rilevanti infatti saranno i cambiamenti nel mondo del lavoro , per questo è iniziata la narrazione tossica, raccontano del contratto nazionale come strumento pesante, inutile e invasivo, ormai non bastano piu’ le deroghe aziendali si mira ormai a distruggere cio’ che resta del contratto nazionale. Del resto è stato proprio il contratto che un tempo era il faro per gli altri comparti, parliamo dei meccanici, a spianare la strada a questa debacle, la dimensione aziendale deve diventare preponderante perchè si pieghi alle esigenze delle imprese e possa subire interpretazioni di comodo. Anzi, il contratto di secondo livello diventa funzionale al raggiungimento degli obiettivi aziendali favorendo il lavoro agile, per distribuire i risultati attraverso incrementi retributivi o benefit flessibili come non mai, queste sono le relazioni industriali gradite ai padroni.

Da qui il salario contrattuale derogabile , una soglia minima ma ampi margini discrezionali per i padroni , gabbie salariali, quindi salari piu’ bassi , nei territori in crisi o con piu’ disoccupati, aiuti dello stato attraverso una tassazione di comodo. Proposte che ricordano il governo Berlusconi di una decina di anni fa, la detassazione dei salari di prossimità , una grande e incontrollata flessibilità negoziata per modo di dire, con il beneplacito del sindacato disposto a cedere praticamente su tutto. Oggi piu’ che mai abbiamo bisogno di un sindacato di classe, sarebbe questo il vero segnale di rottura e di cambiamento.

Federico Giusti

21/1/2018 www.controlacrisi.org

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