Campania. La fortuna di trovare ancora sanità di resistenza pubblica
Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-marzo…/
Archivio https://www.lavoroesalute.org/
Viviamo un momento storico nel quale il nostro sistema sanitario è messo a dura prova e si presta a valutazioni e considerazioni diffusamente negative. Appare quindi scontato lamentarne tutte le criticità e le inefficienze che lo caratterizzano: da Nord a Sud, senza distinzione alcuna.
In effetti, si potrebbe sostenere che il solo fatto di parlarne già rappresenti il malevolo tentativo di “sparare sulla Croce Rossa” se non, addirittura, il rischio di sentirsi ripetere le stesse parole che Francesco Ferrucci ebbe la forza di rivolgere al suo carnefice, Maramaldo, poco prima di morire: “Vile, tu uccidi un uomo morto”!
Ciò nonostante, resta comunque doveroso continuare a denunciare una condizione, comune a tutte le regioni, che desta preoccupazione per chiunque; soprattutto per chi dovesse trovarsi nell’angosciosa situazione di avere bisogno di cure efficienti e tempestive.
Innanzi tutto, appare utile rilevare che, naturalmente, anche se i motivi di criticità hanno cause diverse, finiscono con il produrre effetti sostanzialmente uguali. Il primo dato è rappresentato dal fatto che da molti anni ormai assistiamo a reiterati “tagli” nazionali alla sanità pubblica e/o a stanziamenti (teoricamente “aggiuntivi” al pregresso) che finiscono, in realtà, per agevolare solo il “privato”, alla chiusura di presidi ospedalieri e alla carenza di personale: medico, infermieristico ed ausiliario.
Si è tentato, inoltre, di contrabbandare per presunta “efficienza ed efficacia” quella che, in effetti, rappresentava la recondita volontà (politica) di privatizzare tutto quanto fosse possibile. In questo senso, si cominciò, tanti anni or sono, con il ricorrere agli appalti per la somministrazione dei pasti ai degenti – servizio giunto oggi ad un livello qualitativo sul quale, al fine di evitare denunce e querele, è meglio stendere un velo pietoso – fino ad arrivare (passando attraverso le cooperative per i servizi di pulizia, per gli infermieri e per il personale paramedico) a quelli che sono oggi conosciuti quali medici “a gettone”: spesso ex dipendenti degli stessi presidi ospedalieri che vi fanno ricorso e che ci costano, però, almeno il doppio!
Se a tutto ciò si aggiungono ingerenze e condizionamenti politici di ogni grado e livello: dal nazionale al locale, passando attraverso quello obbligato, di carattere regionale, il quadro appare molto più chiaro ed altrettanto preoccupante.
Ne consegue che gli intoppi ed i ritardi burocratici, che troppo spesso sembrano soffocare piuttosto che agevolare l’iter delle pratiche, la cattiva gestione (nel migliore dei casi, almeno discutibile) da parte dei responsabili di nomina “politica” piuttosto che meritocratica, il peggioramento dei servizi essenziali e, soprattutto, la dilatazione sine die delle interminabili liste di attesa, finiscono con il produrre un’offerta sanitaria sempre più scarsa e scadente. Spesso in misura peggiore proprio laddove, a livello regionale e, nel suo ambito, a livello territoriale, già si scontano ritardi ed insufficienze di diversa natura.
Trattasi, in definitiva, del caso di un diritto primario – fondamentale, come la salute – che, troppo spesso, viene reso di difficile godimento, frequentemente rinviato “a tempi migliori” e, talvolta, addirittura negato! Non a caso, come già anticipato, i numeri dei cittadini italiani che denunciano difficoltà di accesso alle cure mediche previste dal SSN, di quelli che ne godono i benefici con ritardi più o meno significativi e di tutti coloro che sono costretti a rivolgersi a strutture convenzionate, se non proprio ai privati, sono rappresentativi di carenze diffuse su tutto il territorio nazionale.
Eppure, nonostante tutto, credo siano ancora tanti coloro i quali considerano il nostro SSN qualcosa di irrinunciabile ed ancora all’avanguardia, grazie alla sua natura universalistica capace di garantire a tutti – fino a prova contraria – il diritto a ricevere cure essenziali, visite mediche di base, trattamenti specialistici ed interventi chirurgici, oltre, naturalmente, la disponibilità di un diffuso sistema di prevenzione. Il tutto, a fronte di una spesa medica pro capite pari a circa 3 mila euro l’anno.
Solo a titolo di esempio, è appena il caso di rilevare che, così come riportato in un recente libro del Senatore democratico Bernie Sanders: “nonostante negli Usa la spesa pro capite per la sanità – attraverso il noto sistema del ricorso alle assicurazioni private – superi i 12.530 dollari (pari a circa 12.000 euro) l’anno per ogni uomo, donna e bambino, il sistema sanitario americano si colloca in fondo alla classifica dei paesi più industrializzati quanto a risultati: longevità, accessibilità, copertura, equità ed efficienza“. E, per restare a ciò che avviene oltre Atlantico, e quale monito a quanti corrono il rischio di cadere nel subdolo tranello di coloro che tramano – e già operano – al solo fine di depauperare di contenuti il SSN a favore del ricorso alle assicurazioni private, è opportuno evidenziare anche un altro aspetto, anch’esso malevolo, del sistema sanitario Usa (che, però, piace molto, in particolare, alla destra): il triste record rappresentato dagli oltre 60 mila cittadini Usa che, come ancora riporta Bernie Sanders, “ogni anno muoiono perché non ricevono le cure di cui hanno bisogno. Sono persone che si ammalano e aspettano che le loro condizioni di salute migliorino. A volte ciò non succede, di conseguenza muoiono. Altre volte soffrono per anni. Intanto continuiamo a pagare i prezzi più alti al mondo per i farmaci prescritti dai medici“.
Ne consegue che, pur con tutte le sue imperfezioni, carenze e criticità, il nostro SSN rappresenta ancora un modello di protezione sociale che non pochi Paesi ci invidiano. Ciò non ci esime, naturalmente, dall’obbligo di continuare ad evidenziare e denunciare tutte le anomalie e le criticità che impediscono al nostro sistema di garantire cure ed assistenza generalizzata e di livello più o meno omogeneo in tutto il Paese. Contemporaneamente, però, appare altrettanto importante impegnare tutti ad un confronto costruttivo, capace cioè di aggiungere alle legittime denunce delle carenze e dei vizi pubblici il giusto riconoscimento di meriti, valori e virtù di ciò che, nonostante tutto, ancora funziona e, anche se in condizioni precarie, riesce a fare la differenza.
Abbiamo, quindi, il dovere morale e civile di prendere atto che, se è vero che a confermare la crisi del SSN italiano concorrono tanto i cittadini e gli operatori sanitari, che ogni giorno ne sperimentano le criticità e le deficienze, quanto lo stesso “Rapporto sul Benessere equo e sostenibile” (Bes) dell’Istat (nella sua 11° versione, dell’aprile 2024), è altrettanto vero che dobbiamo assolutamente impegnarci a difendere la sanità pubblica da chi vorrebbe smantellarla con la scusa delle inefficienze, spingendola verso un modello simile a quello statunitense nel quale, come ormai ampiamente noto, le cure finiscono con il rappresentare un lusso per pochi.
E’ allora altrettanto importante rilevare che, accanto ad una lunga serie di problemi, il nostro sistema sanitario presenta anche esempi di eccellenza, reparti e cure all’avanguardia e storie di pazienti salvati grazie alla competenza dei nostri medici e del personale infermieristico che lavorano quotidianamente con dedizione e professionalità, spesso al di là dei limiti imposti da carenze di organico e risorse.
In questo senso, mi sia consentito apportare una testimonianza di carattere esclusivamente personale. Appena qualche mese fa, ho avuto l’esigenza di affidarmi alle cure del Presidio Ospedaliero “Santa Maria delle Grazie” di Pozzuoli per quella che definirei una “toccata e fuga” perchè, in effetti, si è trattato di una breve esperienza di “Day hospital” presso l’U.O.C. di Gastroenterologia. Già in passato ero stato ospite della stessa struttura ospedaliera e, nel corso di una breve degenza, avevo avuto occasione di rilevare l’alto livello di professionalità espresso dal dott. Massimo Tatafiore e dal suo validissimo team del reparto di Chirurgia vascolare.
Questa volta, anche se ancora controvoglia ma costrettovi da una condizione dettata, purtroppo, dal lungo ed inesorabile trascorrere del tempo, ho avuto occasione di poter contare sull’eccellenza di un altro reparto della struttura e – nell’esprimere la più sincera gratitudine a due valenti professionisti quali la Dott.ssa Maria Domenica Franzese ed il Dott. Dario Musto – colgo l’occasione per rilevare che, evidentemente, anche in Campania, nella quale il livello medio dell’assistenza sanitaria pubblica non è di certo soddisfacente, è possibile ricevere piacevoli sorprese; tali da indurre ad immaginare che sia ancora possibile cambiare!
Anche stavolta, quindi, ho avuto la fortuna di incontrare personale preparato, attento ed altamente qualificato: il Coordinatore infermieristico, nella persona di Nicola Froncillo, disponibilissimo e pronto a fornire tutte le informazioni possibili per contribuire ad allentare la prevedibile “tensione” di chi si appresta a sottoporsi ad accertamenti clinici particolarmente delicati ed il personale infermieristico che, attraverso le figure di Antonella Salemme, Martina Finelli e Carmine Testa, ha dimostrato che è possibile nobilitare quello che rappresenta un (loro) ruolo fondamentale dell’assistenza ospedaliera.
In definitiva, pur consapevoli di una condizione del SSN per lo meno critica (in altra occasione l’ho descritto in procinto di essere quasi avviato al macero), nonostante i ritardi, le discrasie, le ingerenze dei politici, le inefficienze, la sfiducia ed il diffuso senso di frustrazione di chi dovrebbe goderne i benefici, esistono ancora esempi di dedizione e resistenza che ci dimostrano che siamo ancora in tempo per invertire ciò che appare l’inevitabile declino del “pubblico” e la definitiva affermazione del ricorso ad una sanità rappresentata dal “privato” e/o – nella migliore delle ipotesi, ma per pochi privilegiati – dal ricorso al c.d. “welfare aziendale” di natura sanitaria.
Questi esempi, quindi, devono essere valorizzati ed adeguatamente sostenuti perché sono il segno di qualcosa che può ancora essere salvato. Il compito cui siamo chiamati è quello di non rassegnarci all’inevitabile perché il cambiamento inizia con la consapevolezza e grazie alla forza dell’azione collettiva.
Per concludere, ciò di cui dobbiamo essere convinti è che la legge nr. 833, del 23 dicembre 1978, che istituì il SSN e consentì al nostro Paese di inserirsi tra le nazioni più avanzate per il livello di assistenza – generalizzata e gratuita – erogata alla popolazione, potrà e dovrà continuare a rappresentare un patrimonio da preservare e da difendere da attacchi palesi e, soprattutto, occulti.
Renato Fioretti
Esperto Diritti del Lavoro. Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-marzo…/
Archivio https://www.lavoroesalute.org/
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!