Cannabis: breve storia di hashish e marijuana, tra proibizione e legalizzazione
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Maria, erba, ganja, fumo. Parafrasando un antico proverbio: Paese che vai, soprannome della cannabis che trovi. Per non parlare, poi, dell’annosa diatriba tra chi si fa una canna e chi, invece, predilige lo spinello. Lo slang scelto dipende dalla città, dal quartiere, a volte addirittura dalla “comitiva” che si frequenta. C’è anche chi, per amor di precisione, utilizza terminologie più “tecniche”, discettando di metodi di lavorazione della canapa, di concentrazione di THC, o distinguendo opportunamente tra hashish e marijuana. Il vocabolario minimo dei cannabinoidi è davvero ampio e si presta ad essere saccheggiato. Il punto di caduta, però, è sempre lo stesso: la più famosa e popolare tra le cosiddette droghe leggere. Una sostanza stupefacente che ha radici antiche e che ormai è un simbolo, sia per chi la ama, sia per chi la avversa.
La cannabis: origini e storia di una “droga leggera”
Dal punto di vista scientifico e naturalistico la cannabis (conosciuta anche come canapa) è una pianta che appartiene alla famiglia delle cannabinacee. In natura, secondo la classificazione più diffusa, se ne possono distinguere tre specie: la canapa sativa (la più diffusa in Occidente), la canapa indica (più adatta alla produzione di droghe, perché più ricca di principi attivi) e la canapa ruderalis. Sottile e molto lunga (anche fino a 5 metri), la cannabis ha delle foglie palmate molto particolari e riconoscibili, tanto da finire stampate su magliette, cappelli e gadget vari in tutto il mondo.
Secondo le ricostruzioni più accreditate, le coltivazioni di canapa si sono diffuse inizialmente in Asia, per poi allargarsi anche all’Europa. Semi di canapa, ad esempio, sono stati rinvenuti in una tomba di età neolitica in Romania. Lo sbarco nelle Americhe, invece, è avvenuto dopo il viaggio di Cristoforo Colombo. Storicamente, la canapa è coltivata e lavorata sia per uso tessile (dai fusti si ricava una fibra molto duttile e resistente), sia per uso psicotropo. È innegabile, però, che sia stato proprio quest’ultimo utilizzo a decretarne il successo: dagli assiri agli sciiti, dai traci ai greci, fino alla conquista dell’Impero romano. Non c’è civiltà antica che non ne abbia saggiato le potenzialità. Anche perché, per molto tempo, gli effetti delle droghe estratte dai fiori e dalla resina di questa pianta furono sfruttate anche in campo medico (come nella medicina cinese, che la considerava un farmaco).
Tanta popolarità si è poi trasformata in moda, con un ampio consumo soprattutto in ambienti artistici e culturali. Nella Parigi dell’Ottocento nacque addirittura il Club des Hashishins, frequentato da poeti e scrittori del calibro di Victor Hugo, Alexandre Dumas, Charles Baudelaire e Honoré de Balzac. Nel 1900, invece, complice l’avventodel proibizionismo, la cannabis divenne simbolo di ribellione antisistema e gli spinelli trovarono ampio spazio nel cinema, nella letteratura e anche nella musica, in Italia come in tutto il mondo.
Hashish e marijuana: come si consumano i cannabinoidi e quali effetti provocano
A questo punto, però, è necessario approfondire una distinzione importante e già accennata. Le sostanze psicoattive che si ricavano dalla canapa, infatti, sono due: marijuana (comunemente chiamata erba) e hashish (anche detto fumo). La differenza è netta e parte fin dalla loro estrazione. La marijuana è ottenuta a partire dalle infiorescenze essiccate delle piante femminili di canapa. L’hashish (ma anche l’olio di hashish), invece, si estrae dalla resina, a sua volta proveniente dal polline dei fiori della pianta.
Ciò che le accomuna è il principio attivo che contengono, ovvero il THC (tetraidrocannabinolo), che è poi ciò che le rende delle droghe. Nella marijuana, però, la concentrazione è più bassa (3-5 per cento), mentre sale nell’hashish (7-9 per cento). Anche il metodo di consumo è pressoché identico: il fumo attraverso sigarette rollate, solitamente mescolando le sostanze con il tabacco. Piuttosto diffusa è anche l’assunzione mediante cibo (come i biscotti). Meno utilizzate, invece, le altre tecniche, come l’inalazione, le bevande o le tinture.
Gli effetti allucinogeni della cannabis, tra euforia e rilassamento
Sotto il profilo delle reazioni che provocano nell’organismo, sia la marijuana sia l’hashish sono ascrivibili alla categoria degli allucinogeni. Gli effetti, però, dipendono da diversi fattori. Il primo elemento di rilievo è il quantitativo di THC. A basse percentuali di principio attivo, infatti, corrispondono sensazioni di benessere e rilassatezza ma anche di euforia. Quest’ultima si esprime con voglia di ridere, maggior partecipazione alle attività ricreative, ebbrezza, anche fame. Quando la presenza di THC è maggiore, invece, subentrano manifestazioni più forti: allucinazioni visive e uditive, problemi di equilibrio, movimenti e riflessi rallentati, riduzione dell’attenzione fino alla sonnolenza. Oltre alla quantità di principio attivo, altre variabili che possono incidere sugli effetti, sia in termini di intensità sia di rapidità di manifestazione, sono le modalità di consumo (il fumo è più veloce, l’assunzione per bocca più lenta), la frequenza (chi ne fa uso abitualmente ha effetti più rapidi, perché ha già tossine di THC in circolo nell’organismo), lo stato psico-fisico personale. Tipico della cannabis è anche l’incedere a ondate delle sue manifestazioni psicoattive, con un’alternanza di fasi tranquille e fasi più intense.
Le proprietà terapeutiche dei cannabinoidi
Accanto agli effetti psicotropi, è giusto anche menzionare le proprietà terapeutiche della cannabis, che chiamano in causa l’altro principio attivo contenuto nella pianta, cioè il CBD (cannabidiolo). D’altra parte, come già detto, per millenni la canapa è stata considerata una pianta medicinale e il suo utilizzo in farmacologia è cominciato a scemare solo alla fine del XIX secolo, in concomitanza con l’inizio del proibizionismo.
Attualmente, la cannabis è considerata una potente alleata nelle cure palliative e in tutto ciò che riguarda la gestione del dolore, sia cronico, sia neurologico, sia infiammatorio. Inoltre, risulta piuttosto efficace nella stimolazione dell’appetito e quindi può essere utilizzata su pazienti che hanno problemi di deperimento, come i malati di Aids o gli anoressici. Altre applicazioni sono quelle contro il glaucoma, le forme di asma e le malattie che provocano spasmi e movimenti involontari dell’apparato muscolare. Infine, le proprietà del CBD possono rivelarsi utili anche nel trattamento degli stati d’ansia e di quelli depressivi.
Gli effetti collaterali
Il tema degli effetti collaterali della cannabis è forse uno degli aspetti più divisivi, perché è il terreno di scontro tra proibizionisti e fautori della legalizzazione. Di certo, né la marijuana né l’hashish danno vita a forme di tossicità acuta. Questo significa che non si muore per overdose di cannabis. Più complesso, invece, il discorso sulla tossicità cronica e sulle conseguenze a lungo termine, nonché sugli effetti collaterali e indotti. Ad esempio, in caso di abuso di queste sostanze si possono mettere in atto comportamenti pericolosi per la propria incolumità, perché la percezione del mondo esterno è alterata. Difficilmente, invece, una persona sotto effetto di cannabis ha atteggiamenti violenti verso gli altri.
Controversi, al contrario, sono i pareri sui danni cronici, con ipotesi che sono ancora in attesa di conferme scientifiche inattaccabili, come quelle sull’innesco di forme latenti di schizofrenia o sul disturbo ormonale e del metabolismo. Di sicuro c’è che fumare cannabis molto frequentemente fa male a polmoni e vie respiratorie, come avviene anche con il tabacco.
La dipendenza da cannabis esiste?
Altro elemento divisivo: la dipendenza. Esiste la dipendenza da cannabis? Sì, certificata dalla scienza. Secondo il National institute of drug abuse statunitense, entrano in una forma di dipendenza circa il 9 per cento delle persone che provano per la prima volta a fumare hashish o marijuana (il 17 per cento se si tratta di adolescenti).
Chi ne fa uso giornaliero, invece, sviluppa dipendenza in una percentuale compresa tra il 25 e il 50. Si tratta di una dipendenza sia fisica sia psicologica, anche se le manifestazioni sono meno violente rispetto a quella indotta da altre droghe. Solitamente, si tratta di ansia, irritabilità, irrequietezza, depressione, disturbi del sonno e gastrointestinali. Se si interrompe l’uso della sostanza, tendono a durare pochi giorni e a scomparire dopo circa una settimana.
Il mercato della cannabis, tra proibizionismo e legalizzazione dell’uso a scopo terapeutico
Non si può compiutamente parlare di cannabis, però, senza affrontare il risvolto economico e commerciale legato alla sua coltivazione e alla conseguente produzioni di droghe.
A livello mondiale, il mercato è senza dubbio florido, come certificano report e studi sempre più numerosi. Ovviamente, anche in questo caso, bisogna differenziare tra marijuana e hashish.
La cosiddetta erba, infatti, è coltivata in ben 82 Paesi del mondo. A fare la parte del leone sono i Paesi del nord e del sud America, in particolare Messico, Stati Uniti e Paraguay. Segue a ruota il continente africano (soprattutto Sud Africa, Nigeria e Ghana) e l’Asia (Afghanistan e Pakistan). La classifica si ribalta, invece, se si guarda all’estrazione di hashish, molto più diffusa in Marocco e nei Paesi asiatici (sempre Afghanistan e Pakistan, a cui si aggiunge il Nepal). Focalizzando l’attenzione sull’Europa, i Paesi con una produzione interna maggiore, secondo il Report Ue del 2019, sono Italia e Regno Unito. La maggior parte di cannabis nel vecchio continente, però, è di importazione: la porta è la Spagna e il transito avviene da Libia e Marocco.
C’è un problema di fondo, però, che rende poco trasparenti i dati ed è il fatto che, nella maggior parte dei Paesi menzionati, marijuana e hashish sono illegali, sia come produzione sia come consumo.
L’atteggiamento proibizionista rispetto a queste sostanze venne inaugurato da Papa Innocenzo VIII, con una bolla papale che ne proibiva l’uso ai fedeli. La vera stagione del proibizionismo, però, ha avuto inizio negli anni ’30 del 1900. Nel 1937, infatti, il governo federale degli Stati Uniti, con il Marijuana tax act, proibì la coltivazione e commercializ-zazione della canapa a qualsiasi scopo. Ad oggi, la mappa globale della legalità della cannabis è composita. Ogni Paese adotta atteggiamenti diversi e sfumati. C’è chi tiene le maglie ancora molto strette, proibendo anche l’uso personale e chi, al contrario, differenzia a seconda del quantitativo posseduto e della destinazione.
Ovunque, però, sono sempre più forti le spinte vero la legalizzazione della cannabis, come dimostra anche la recente raccolta firme per il referendum popolare avvenuta in Italia. Secondo i sostenitori di questa apertura, disciplinare il consumo di marijuana e hashish avrebbe, tra le altre cose, l’effetto di controllare la tipologia di sostanze in circolazione, limitando la diffusione di quelle più pericolose, cioè con un altissimo contenuto di THC.
Cannabis light e cannabis a uso terapeutico
Ciò che si sta facendo strada in molti Paesi, grazie alle fessure lasciate aperte dalle normative nazionali, è la diffusione della cannabis light e della cannabis a uso terapeutico. Si tratta di due cose distinte. Nel caso della cannabis light, infatti, ci troviamo di fronte a varietà di canapa con bassissimo livello di THC (sotto lo 0,2 per cento) e alti livelli di CBD. Si tratta, quindi, di sostanze in cui gli effetti psicotropi sono pressoché nulli e quindi non classificate dalla legge come droghe. Viceversa, si parla di cannabis terapeutica per quelle varianti di canapa che vengono utilizzate per la produzione di medicinali pur avendo un contenuto di THC superiore a quello che la legge considera droga. In questo caso è la finalità medica a giustificarne la produzione, la commercializzazione e l’assunzione
di Francesco Rossi
Giornalista lavialibera.it
Pubblicato sul numero di ottobre del mensile Lavoro e Salute
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