Cannabis terapeutica, meglio la legge che il decreto

«Per noi malati è fondamentale che venga approvata la legge sulla cannabis terapueutica perché, anche con tutte le lacune, rimane comunque una Legge e non un Decreto Ministeriale come oggi. Rappresenta per noi una maggiore tutela e la sicurezza che non ci possa venir messa in discussione la terapia che stiamo seguendo con grandi risultati a seconda della politica ministeriale sulla cannabis terapeutica. Terapia che comunque viene continuamente messa in discussione dalla difficoltà di reperire il farmaco: per questo sono necessarie da subito maggiori importazioni e quindi aprire a nuovi coltivatori anche in Italia. La possibile apertura a più patologie, a partire dalla sfera oncologica ed epilettica ed altre sindromi (come la Tourette) è la richiesta che speriamo venga al più presto ascoltata». Riuscirà il senato a venire incontro ai bisogni di Elisabetta Biavati, una delle tanti pazienti in attesa del varo definitivo della legge (timidissima) già approvata alla Camera.

Associazioni, pazienti, medici e farmacisti si sono ritrovate per questo a Palazzo Madama. Le associazioni che da anni sono impegnate perché si cessi l’ostracismo antiscientifico contro la pianta, si faccia ricerca sulle proprietà terapeutica della cannabis e si riconosca il diritto a curarsi con essa hanno organizzato una iniziativa di sensibilizzazione dei senatori con l’obbiettivo che il Senato approvi le norme in questo scorcio di legislatura.

«La legge sulla cannabis terapeutica ha un pregio – spiega Leonardo Fiorentini (Direttore di Fuoriluogo) – sancisce il diritto dei pazienti a curarsi con la cannabis, rimuovendo, almeno nella norma, lo stigma nei loro confronti. Il Senato non può far finta di niente e deve trovare il tempo per approvarla e dare maggiori certezze ai malati, a chi li cura e chi fornisce loro i farmaci a base di cannabis».

Hanno promosso l’incontro: A Buon Diritto, Antigone, AssociazioneCannabis Terapeutica, Associazione Luca Coscioni, CanapaCafè, CGIL, CILD, Forum Droghe, FP CGIL, LaPiantiamoCSC, la Società della Ragione, Legalizziamo.it, Legacoopsociali, LILA, SIRCA.

Anche Andrea Trisciuoglio è un paziente in attesa: «Da attento osservatore radicale di tutte le battaglie anti proibizioniste nel mondo, noto che vengono sempre vinte quando i malati scendono in campo… allora eccoci! L’ho chiamata “legge stampella” perché l’ex ministro della Giustizia Flick diceva che il percorso verso la legalizzazione arrancava, richiamando le mie difficoltà di deambulazione, provocate dalla sclerosi multipla. Alcuni anni fa mi sono proposto di essere speranza proprio per chi speranza non ha più. Proprio come ricordava Marco Pannella, Spes contra spem. Io mi chiamo Andrea Trisciuoglio e oggi, 30 novembre, è Sant’Andrea… mi piace sperare che il santo mi assista…».

«Attraverso la mia esperienza con la malattia che da quasi cinque anni curo con la Cannabis – dice anche Alessandro Raudino (Presidente Cannabis Cura Sicilia Social Club) – ho capito quanto sia importante la collaborazione tra malati e consumatori per la vittoria di questa battaglia, per l’ottenimento di un diritto sancito dall’articolo 32 della nostra costituzione, e troppe volte calpestato dall’ignoranza e dall’indifferenza tipiche del nostro paese. Oggi il percorso burocratico per l’ottenimento di prescrizione e del prodotto è troppo lungo e dispendioso. Prendendo ad esempio i Cannabis Social Club spagnoli proponiamo la possibilità di creare associazioni di malati e consumatori di Cannabis. L’autoproduzione sconfiggerebbe i tre nemici principali di questo percorso tortuoso: le lungaggini burocratiche, i prezzi e la criminalità».

«La cannabis rappresenta un farmaco “diverso”, che agisce sul sistema endocannabinoide, a differenza della totalità degli altri farmaci con le diverse varietà di cannabis, ogni paziente può ottenere un farmaco personalizzato nella dose e forma farmaceutica più adatta alla specifica esigenza e patologia – dice infine Marco Ternelli (farmacista) – la cronica e continua carenza di cannabis medica ha portato a discontinuità e interruzione delle somministrazioni nella maggior parte dei pazienti, causando la perdita parziale o (più spesso) completa, di tutti i benefici e progressi raggiunti dal paziente. Questo perché, per le peculiari caratteristiche del sistema endocannabinoide, alla ripresa della terapia bisogna ripartire con le dosi iniziali e non da dove era stata precedentemente interrotta. Tutto questo non deve succedere mai più».

Francesco Ruggeri

30/11/2017 http://popoffquotidiano.it

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