Capitale dacci oggi la strage quotidiana
Mille e ventinove, sono tanti i morti sul lavoro nel solo anno 2017, praticamente quasi 3 morti al giorno, sono dati ufficiali pubblicati dall’Inail e probabilmente inferiori al numero effettivo, molti infortuni e alcune morti sul lavoro, ai fini statistici, non sono considerati tali (pensiamo per esempio ai casi nei quali l’infortunato è un immigrato privo di permesso di soggiorno) Siamo stanchi di commentare dati o parlare di infortuni e morti sul lavoro, delle malattie professionali, riconosciute o no che siano, solo in qualche convegno. Si muore e ci si ammala sul lavoro perchè non si investe nella sicurezza, gli appalti sono al ribasso, i ritmi lavorativi insostenibili (cresce lo sfruttamento) . L’ aumento dell’età pensionabile non è stato certo di aiuto, dopo una certa età alcune professioni non sono sostenibili, i fattori di rischio crescono in maniera esponenziale per i lavoratori e le lavoratrici, rappresentano un pericolo per la utenza.
Confindustria, su tutto il territorio con le associazioni, lavora da tempo per diffondere la cultura della sicurezza e soprattutto della prevenzione (da Il Sole 24 ore del 24 Gennaio), eppure in questi anni innumerevoli pressioni sono state fatte per modificare il testo 81 \2008 depenalizzando alcuni reati e riducendo il sistema di sanzioni e controlli
Non è quindi solo una questione legata a statistiche e censimenti o a soli processi formativi, infortuni, morti e malattie sul\per il lavoro crescono perchè hanno aumentato ritmi, età lavorativa, perchè il tasso di sfruttamento è cresciuto, la precarietà dialagante impone di accettare qualunque tipo di lavoro, gli appalti riservano spesso poca attenzione al tema della sicurezza o lo fanno in maniera formale senza guardare alla sostanza del problema.
Nel 2017 le morti sul lavoro sono aumentate ma anche se fossero rimaste le stesse degli anni precedenti sarebbero sempre tante, troppe.
Le morti sul lavoro riguardano donne e uomini indistintamente (del resto non esiste piu’ una legge che permetta alle donne l’anticipo pensionistico), per lo piu’ riguardano l’industria e i servizi ( 857), l’ agricoltura (133 nel 2016), gli infortuni statisticamente sono in leggerissima flessione (ma nel frattempo si sono introdotte le fasce di reperibilità anche negli infortuni giusto per trasmettere a questi lavoratori il senso di colpa per non essere al lavoro.
Che fare allora?
Intanto bisognerebbe rafforzare le sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le normative, sanzioni e reati penali specifici, l’esatto contrario insomma di quanto è stato fatto negli ultimi dieci anni con continui interventi del Parlamento a tutela dei padroni. I contratti nazionali prevedono poi le deroghe su importanti materie che mai dovrebbero offrire la possibilità a datori di lavoro e sindacati complici di introdurre orari e ritmi massacranti, di aggirare una legislazione che nel corso degli anni è stata per altro stravolta.
Non serve un lavoro di squadra, come scrivono i padroni e i sindacati complici, non serve la filiera della sicurezza, serve invece ridurre l’orario di lavoro, non imporre carichi di lavoro crescenti, abbassare l’età pensionabile. Al contrario i contratti nazionali e gli accordi di secondo livello vannno invece nella direzione opposta .
Cancellare la Fornero, distruggere le deroghe, inasprire sanzioni e pene per i datori di lavoro, prevedere reati specifici , aumentare il numero delle ispezioni, mantenere le strutture asl e inail esistenti rafforzandone gli organici, ridurre l’orario settimanale senza calcolare furbescamente l’orario nell’arco di piu’ mesi, sono queste le sole risposte alle morti sul lavoro, crimini contro l’umanità ormai accettate come un male necessario per tutelare i profitti del capitale.
Federico Giusti
24/1/2017
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