‘C’era una volta la Rai’

Fatti e misfatti nell’azienda di Stato

di Alba Vastano

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L’attuale ribaltone in Rai non è stato confezionato in pochi mesi ed è la risposta ad un capovolgimento dei principi fondamentali legati al servizio pubblico dovuto alle infiltrazioni politiche governative sempre più pressanti nell’azienda Rai. Infiltrazioni avverse al pluralismo dell’informazione e tendenziose a creare nell’opinione pubblica un mono-pensiero e il consenso alle forze governative in carica.

Quanto sta avvenendo in questi giorni nell’organigramma Rai e nei palinsesti rivela che è in atto una vera occupazione di ogni spazio catodico dell’azienda di Stato, con svicolamento a destra, in conformità con l’attuale maggioranza politica. In realtà l’occupazione attuale della Rai è il frutto di un costante lavorìo perpetrato per anni dagli addetti alla cabina di comando della Tv di Stato. L’attuale ribaltone, che, ribadendo, non è stato confezionato in pochi mesi, è la risposta ad un capovolgimento dei principi fondamentali legati al servizio pubblico dovuto alle infiltrazioni politiche governative sempre più pressanti nell’azienda Rai. Infiltrazioni avverse al pluralismo dell’informazione e tendenziose a creare nell’opinione pubblica un mono-pensiero e il consenso alle forze governative in carica.

Ciò ha in buona parte contribuito a modificare i palinsesti conformandoli alle attuali politiche di destra. L’ accordo, soprattutto la finalità neanche molto sottaciuta, nelle fila dei dirigenti del Cda Rai consiste nell’ estorcere alla sinistra, per quanto possibile, l’ egemonia culturale dei programmi Rai. Se mai la sinistra l’abbia avuta,almeno negli ultimi 40 anni. In merito al ribaltone è previsto, in realtà è già vigente da tempo, un revisionismo di fino su tutto il palinsesto, da qui agli anni a venire su tutta la nuova programmazione, comprensiva di film, intrattenimento, documentari, fiction. Almeno finché la destra di governo resterà sovrana. Siamo in pieno sovranismo dell’informazione Rai, quindi, ma nessuna sorpresa.

Le epurazioni e gli editti bulgari hanno fatto storia nella tv di Stato che nasce nel 1954 come servizio pubblico, all’insegna del pluralismo dell’informazione, ma nel corso dei decenni fino ad oggi lo ha sempre negato, leccando il potente politico di turno. Basterebbe guardare, anche con il mal di stomaco, una sola puntata di Porta a Porta sfacciatamente condotta da decenni, in postura a 90°… da Berlusconi in poi, dall’innominato conduttore, lecchino per antonomasia dei premier di destra.

Se fra i meandri del Cda, così com’è composto oggi, fosse rimasto un briciolo di trasparenza, la nuova Rai dovrebbe esordire già da Settembre prossimo, con un programma quotidiano, a cui in diretta potessero partecipare i rappresentanti dei vari partiti politici, ovviamente compresivi delle formazioni politiche extraparlamentari di sinistra radicale. In prima serata, subito dopo il Tg delle 20. Il programma, con prevista edizione quadriennale, rinnovabile 4+4, potrebbe chiamarsi ‘C’era una volta la Rai’ E come sottotitolo ‘…tutta la verità sul servizio pubblico legato all’informazione’.

La storia della Rai dalle origini

3 gennaio 1954. Per chi c’era, all’epoca, ricorderà che, con l’avvento della televisione a domicilio, si aprì un mondo, quello catodico, fino ad allora sconosciuto. Era ancora riservato a pochissimi. Chi possedeva un televisore era considerato un privilegiato, poiché si annoverava fra i pochi telespettatori ad usufruire delle dirette sull’ informazione, sull’intrattenimento, sullo sport, ma non solo. La novità per gli amatori del genere furono le prime soap. I programmi iniziavano alle 17 con la Tv dei ragazzi. Il tutto a firma della neonata Rai (acronimo di Radio Audizioni italiane), l’erogatrice delle trasmissioni che avvenivano su un solo canale, il primo. I boomers ne conserveranno memoria.

Negli anni 60, con il boom economico, il piccolo schermo raggiunge il 97% degli Italiani, molti dei quali, prima di quella data andavano al bar sotto casa per seguire le trasmissioni del primo canale Rai. Un’occasione che permetteva anche di socializzare piacevolmente con i vicini di quartiere, magari sorseggiando la nota bibita americana, anch’essa un evento sul mercato italiano di allora. Si respirava aria di serenità, soprattutto per la ripresa economica dopo la crisi bellica.

L’avvento delle trasmissioni Rai costituiva uno strumento per sentirsi ottimisti sul futuro, almeno in parvenza, ma tanto allora bastava a creare speranze per l’escalation di ripresa per una vita degna e dignitosa. La televisione, intesa come apertura all’informazione libera dal dominio dalle influenze politiche,era una speranza di libertà e il simbolo della ripresa dalle devastazioni conseguenti alla guerra. Ma aveva anche un’altra finalità educativa, combattere l’allora diffuso analfabetismo. Indimenticabile, dal sessanta al sessantotto, la trasmissione ‘Non è mai troppo tardi’, condotta dal maestro Alberto Manzi. Un corso di istruzione popolare che contribuì ad alfabetizzare nel codice linguistico nazionale una discreta parte di popolazione attempata che firmava, fino ad allora, con la crocetta.

Le prime trasmissioni duravano solo quattro ore, poi si allungarono fino alle 23, con l’avvento del mitico Carosello (nel 1957) che faceva da interruzione fra i programmi pomeridiani e quelli serali. Alcuna interruzione pubblicitaria. Anche gli spot di Carosello erano soprattutto ameno spettacolo. I programmi più seguiti: la tv dei ragazzi che affascinava i pargoli con Rin Tin Tin e Topo Gigio. Pargoli con licenza di telespettatori fino a Carosello e poi a nanna. L’informazione con il Tg1 era l’edizione serale più seguita, ma anche gli eventi sportivi e gli sceneggiati che inchiodavano famiglie intere. Memorabili: Piccolo mondo antico, Orgoglio e pregiudizio, Piccole donne, Cime tempestose. Negli anni 60, il primo divo delle sceneggiate: Alberto Lupo nei panni dell’affascinante dottor Manson della Cittadella (Archibald Joseph Cronin).

Negli studi televisivi Rai si recitava in diretta e fra i cavi. Nulla era ancor registrato, fino agli anni sessanta. Nel ’62 debutta il secondo canale e si realizza il primo collegamento via satellite con le tv Usa. E ancora un’evoluzione tecnica con la tv a colori, seguita con gli occhi sgranati come fosse fantascienza, da milioni di telespettatori. Infine nel ’79 nasce la tv regionale. Con l’avvento del canale Rai 3 si affacciano al piccolo schermo anche le prime reti locali commerciali.
Un percorso che ha coinvolto l’attenzione dell’intero Paese, esclusi i piccoli Comuni e centri rurali ove la rete televisiva ha tardato a giungere. Da allora la tv, come mezzo di informazione e intrattenimento è diventata sempre più pervasiva e ha generato una forte dipendenza nei telespettatori.

Nel contempo e, cogliendo l’occasione per generare consensi politici, la Rai da azienda, libera nel formare organigrammi interni e palinsesti, si è inchinata alla politica, spalancando le porte ai partiti di maggioranza e si è trasformata in un fortino del Governo, sovvertendo tutti principi che ne suggellavano le primarie finalità. A partire dal pluralismo dell’informazione che avrebbe dovuto essere il principio inconfutabile e mai corruttibile, libero da ogni forma di settarismo politico.

Rai: Commissione di vigilanza servizi radiotelevisivi, dalle origini al governo Meloni

La commissione di vigilanza Rai è un organo bicamerale del parlamento italiano. Formula gli indirizzi generali che dovranno essere seguiti dal servizio pubblico radiotelevisivo e ne controlla il rispetto. Se ne deduce che la commissione di vigilanza ha una funzione fondamentale e decisionale sulla linea che deve essere adottata nel diffondere l’informazione. Se ne deduce che, per deontologia, i membri della Commissione dovrebbero essere imparziali nel conformare ogni programma al principio del pluralismo dell’informazione. Che ciò avvenga nel pieno rispetto di parità e dell’art. 21 della Costituzione si ha ben diritto di dubitare. Come non pensare che l’informazione che arriva dal piccolo schermo h.24 non sia manipolabile e manipolata, a seconda della linea dei partiti di maggioranza e dei diktat del governo?

Come non pensare che il tam tam televisivo omologato su una particolare linea politica non sia il primo produttore, anche tramite i sondaggi (anch’essi strumentalmente manipolati), dei larghi consensi ad un partito, piuttosto che di un altro di minoranza? E come non pensare che per mantenere alto il livello di interesse su quel partito, i talk show abbiano la funzione, tramite il conduttore e le ospitate ad hoc, di svilire e oscurare le altre forze di opposizione? Se ne deduce che il pluralismo dell’informazione è la prima vittima di questo sistema, in totale trasgressione della legge n.223 /art.1 del 6 agosto 1990 che cita il pluralismo come ‘…uno dei principi fondamentali del sistema radiotelevisivo che si realizza con il concorso di soggetti pubblici e privati’.

Per chiarire il senso che si vuole dare all’idea di pluralismo basterebbe pensare che l’accezione del termine intende la rappresentazione nei mezzi di comunicazione della pluralità di cui è composta la società. E se questa rappresentazione è un dovere per ogni mezzo di comunicazione diventa un obbligo quando il servizio d’informazione è un servizio pubblico, quindi dalla parte di ogni cittadino, evitando subordinazione a partiti, poteri o interessi personali e privati. Considerando anche, e non è una quisquilia, che il citato servizio pubblico della Rai si nutre anche di un finanziamento pubblico quale il canone di abbonamento.

La Commissione parlamentare, chiariti i principi base del servizio pubblico Rai, dovrebbe, in primis, vigilare affinché l’informazione sia plurale e sia un diritto uguale per tutti. Non di parte, come abitualmente avviene nei programmi di informazione, come i Tg e i dibattiti monitorati da conduttori che, per mantenere calda la conduzione, s’inchinano alla modalità filogovernativa, imposta dall’Ad aziendale.

Governance della Rai, il Cda

Ecco chi sposta le pedine nello scacchiere del servizio radiotelevisivo pubblico. Un complesso sistema composto dai dirigenti, degli autori dei programmi, dai conduttori e dai palinsesti. Ѐ il Consiglio di amministrazione della Rai che decide le new entry e anche chi, per molteplici motivi, soprattutto perché è poco incline a genuflettersi al filone governativo, verrà posto in condizione di adeguarsi alla linea dettata o messo alla porta.

Il percorso delle funzioni dei membri all’interno del Cda, dal 1954, è stato tortuoso e accidentato. Sono avvenuti vari interventi della Corte costituzionale per restituire all’azienda di Stato il principio del pluralismo dell’informazione , in conformità con quanto recita l’art. 21 della Costituzione. Prima della riforma della Rai del 1975 la nomina del Cda era di sola competenza governativa. Fu l’intervento della Corte costituzionale che sancì che la nomina della dirigenza Rai spettasse al Parlamento, in quanto rappresenta tutti i cittadini, e non al Governo. La motivazione è da ricondurre al principio insito in ogni servizio pubblico. In particolare, per quanto riguarda il servizio pubblico televisivo il Cda deve consentire ai conduttori di dare spazi e tempi uguali al maggior numero possibile di voci, sia pur di posizioni contrarie, in qualsiasi campo. Questo è il principio del pluralismo.

I membri del Cda, con la riforma del 75, erano 16.. Ridotti a 9 membri con la legge Gasparri del 2004 e a 7 nel 2015. Nello specifico, con la riforma della Rai del 2015 a muovere gli scacchi sono sette membri del Cda. A fare la mossa determinante di scacco al re (ndr, escano le pedine scomode, entrino le riverenti e i fidelizzati) sono quattro membri parlamentari e due del Governo. Solo un membro, ininfluente quindi nella governance, dell’assemblea dei dipendenti Rai. Il giochino del ribaltone è facilissimo, quando l’unico membro in Cda non ha una voce decisionale. Infine i giochi sono chiari. Per restare in ballo occorre lisciare il pelo all’Ad ed esprimere apertamente il consenso al governo.

Maggio 2023 – le Nomine:

Angelo Mellone, intrattenimento Day Time;

Direttore generale: Giampaolo Rossi (FdI)

Ad: Roberto Sergio ( designato dal governo Meloni)

Guida direzione approfondimento: Paolo Corsini ( Fedelissimo di Giorgia Meloni)

Marcello Ciannamea, direzione intrattenimento Prime Time

Stefano Coletta Distribuzione

Adriano De Maio, direzione cinema e serie Tv;

Maurizio Imbriale, direzione contenuti digitali

Simona Sala, Radio 2;

Marco Lanzarone, direzione radio digitali specializzate e podcast;

Monica Maggioni, Direzione Editoriale per l’Offerta informativa.

Gian Marco Chiocci, Tg1

Antonio Preziosi, Tg2

Giuseppe Carboni, Rai Parlamento;

Francesco Pionati, giornale Radio e Radio1;

Jacopo Volpi, Direttore di Raisport .

Il revisionismo dei mainstream e le politiche di destra occupano a tutt’oggi il servizio pubblico. Sui telespettatori grava il canone di abbonamento e anche la continua campagna elettorale, finalizzata a mantenere alti nei sondaggi (strumentali e fittizi) i consensi alla maggioranza e a fidelizzarsi con le forze di governo, oggi di chiara matrice neofascista. Unica via d’uscita: spegnere la tv, pensandola come uno strumento di omologazione di massa. Considerando infine che non è solo la Rai a deviare il pensiero critico, ma anche le altre reti private si adeguano da sempre alla linea governativa e al gioco subdolo del potere dei mercati globalizzati., tramite il continuo stillicidio degli sponsor. In alternativa al tempo che si dedica abitualmente al piccolo schermo, ci si potrebbe riappropriare dei sani luoghi di intermediazione, favorendo il consolidamento di nuove collettività, ove si costruiscano forze di opposizione reali a chi sta tentando, da troppo tempo ormai, di omologarci,tramite il mezzo televisivo, al pensiero unico che più che alla ribellione alle ingiustizie sociali, induce alla passività, alla resilienza.

Fonti:
Indirizzo sul pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo

Legge 14 aprile 1975, n. 103 – Legislature precedenti

La storia – Rai.it

Il riassetto del sistema radiotelevisivo – SERVIZIO STUDI
parlamento.it – Commissione di vigilanza servizi radiotelevisivi

La governance di Rai – Rai.it

La nuova riforma Rai: legge n. 220/2015 e il confronto europeo

Rai, dal Cda via libera al pacchetto di nomine per le direzioni 

LEGGE 6 agosto 1990, n. 223 – Gazzetta Ufficiale

Alba Vastano
Giornalista. Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Editoriale del numero 6 – giugno 2023

In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-giugno-2023/

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