Chi è senza peccato posi la prima pietra. La storia infinita del porto di Fiumicino. Giubileo del malaffare
Il Giubileo 2025 sta portando alla luce una serie di progetti infrastrutturali a Roma e dintorni, molti dei quali sollevano perplessità per l’impatto ambientale, sociale ed economico. Tra questi, il caso del porto di Fiumicino rappresenta un esempio di come grandi eventi possano rappresentare l’occasione per accelerare opere con enormi implicazioni, senza un adeguato confronto le comunità che vivono i territori.
Il progetto, promosso dalla Fiumicino Waterfront S.r.l., costituita da Royal Caribbean e Icon Infrastructure, prevede la trasformazione dello scheletro di un porto mai costruito in un hub crocieristico e per mega yacht, diventando il primo porto privato in Italia. Per opporsi a tutto questo, sabato 14 settembre le realtà del territorio si sono date appuntamento proprio nel posto designato per la costruzione, dove sorge il suggestivo antico faro di Fiumicino e i vecchi bilancioni, un luogo a cui le persone sono ancora legate nonostante l’amministrazione abbia abbandonato da tempo l’area dopo aver cercato di svenderla. Proprio qui intorno sono nate le prime proteste contro il progetto, ormai più di una decade fa.
Il panorama dell’opposizione al progetto è ampio ed eterogeneo, e nella giornata del 14 settembre più di trecento persone si sono ritrovate sotto il faro per ribadire che il porto non potrà essere imposto agli abitanti e all’habitat senza incontrare resistenza. Dal collettivo No porto, che ha occupato e autogestisce uno dei vecchi bilancioni da dieci anni, all’associazione Carte in regola che segue gli abomini legali e burocratici legati al progetto, dall’associazione informale Scienza radicata che condivide il sapere scientifico in opposizione all’opera, fino ai comitati locali dislocati sul litorale, dalla presenza sindacale agli attivisti contro le nocività, tutte le realtà locali confluiscono in un coordinamento chiamato Tavoli del porto.
Le radici della vicenda rimontano a oltre un decennio fa. Il progetto originale, chiamato Porto della Concordia, vedeva la posa della prima pietra nel 2010 e prevedeva la costruzione di un porto turistico. Tuttavia, nel 2013, i lavori si fermarono a causa di accuse di frode negli appalti pubblici e appropriazione. L’abbandono dell’area è stato funzionale al ribasso del valore dell’area. Nel 2022, infatti, il gruppo Royal Caribbean, attraverso la sua controllata Fiumicino Waterfront, ha rilevato la concessione del porto in un’asta al ribasso per la cifra relativamente modesta di 11,45 milioni di euro. Dopo l’acquisizione, la compagnia ha richiesto una variante alla concessione, trasformando il progetto originario in un porto crocieristico e commerciale.
Gli interessi in gioco si rivelano complessi. Royal Caribbean, pur essendo promotore iniziale, ha successivamente ceduto il novanta per cento delle quote alla società di investimenti Icon Infrastructure, mettendo in luce la portata strategica e finanziaria di questa grande opera.
Anche le amministrazioni locali hanno giocato un ruolo cruciale nel facilitare il processo. Già il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino (già assessore ai lavori pubblici durante la giunta Rutelli e il Giubileo del 2001, implicato in vari processi e scandali), esponente del centrosinistra, aveva scritto al sindaco di Roma Gualtieri per chiedere che il progetto fosse inserito nel programma del Giubileo, anche se non strettamente necessario per l’evento (in teoria) di natura religiosa, al fine di attivare procedure semplificate e corsie preferenziali. Il successore, Mario Baccini (di cui si è parlato ampiamente in una puntata di Report), esponente del centrodestra, ha continuato a sostenere la costruzione dello scalo commerciale e crocieristico.
Già dal primo progetto emergeva una visione di sviluppo economico miope, priva di una reale direzione ecologica e sostenibile, che puntava su un turismo di massa “mordi e fuggi”, il quale impoverisce l’economia locale, degrada il territorio e lascia ai residenti il peso dei danni ambientali. In altre città europee, come Barcellona e Amsterdam, da tempo si è presa coscienza dei problemi legati alle navi da crociera, tanto che molte di queste città hanno scelto di ridurre o eliminare la presenza di crociere, comprendendo che i disagi superano di gran lunga i benefici economici per i comuni. In Italia, invece, nonostante le numerose criticità sollevate dai comitati territoriali e dalle commissioni tecniche, il progetto del porto di Fiumicino è stato inserito nel piano delle opere straordinarie per il Giubileo, accelerando il processo decisionale, semplificandolo e riducendo ulteriormente il coinvolgimento delle comunità locali.
Sebbene sia evidente che, a pochi mesi dall’inizio del Giubileo, non sarà neppure completata una banchina galleggiante temporanea, l’opera è stata giustificata come necessaria per il trasporto dei pellegrini, con argomentazioni che appaiono forzate e prive di solide basi.
Le criticità sono numerosissime, dalla sicurezza per la navigazione alla fattibilità stessa delle costruzioni, dalla gestione energetica all’impatto economico, dalla viabilità circostante inadatta a ospitare migliaia di croceristi alla cementificazione della costa. Tuttavia, gli impatti maggiori saranno sicuramente quelli ambientali e sulla salute pubblica, dalla fase di costruzione a quando (e se) il porto diventerà operativo.
Considerando solo le problematiche più rilevanti, vanno evidenziati i danni che si aggiungono a quelli già presenti: l’aeroporto, il traffico veicolare, e altri progetti già approvati come l’ulteriore porto commerciale a Fiumicino Nord. L’impatto sulla qualità dell’aria sarà tra i più significativi: le navi, con i motori sempre accesi, emetteranno enormi quantità di biossido di carbonio, paragonabili a quelle prodotte da migliaia di automobili ferme nello stesso luogo. Sebbene la società promotrice parli di banchine elettrificate per ridurre le emissioni, al momento non esiste un progetto concreto per attuarlo. Un altro impatto devastante riguarderà la costa, in particolare la vasta palude salmastra del Lazio, la più grande della regione, che rischia di essere prosciugata nonostante sia protetta dalle normative europee.
Infine, il problema del dragaggio di centinaia di migliaia di metri cubi di sedimento di cui tutt’oggi manca una caratterizzazione seria. Si parla di usarlo per il ripascimento delle spiagge erose a nord di Fiumicino, ma gli ultimi risultati (come del resto i vecchi) sono sconfortanti: presenza di inquinanti come fitofarmaci, idrocarburi e soprattutto metalli pesanti come il mercurio lasceranno poco spazio all’utilizzo del sedimento se non per trattarlo come rifiuto speciale. La sua stessa movimentazione potrebbe compromettere la pesca e la balneazione, due delle principali risorse del territorio.
Questo modello economico spinge verso un turismo di massa che potrebbe compromettere la vivibilità delle città limitrofe e innescare dinamiche speculative sul territorio, lasciando poco spazio a una pianificazione sostenibile. La mancanza di un reale coinvolgimento delle comunità locali, unite alla pressione dei grandi gruppi di investimento, evidenzia una preoccupante contrazione democratica. Con un mercato del lavoro precario e stagionale e un impatto devastante sull’ecosistema marino e sulla qualità della vita, il progetto del porto turistico-crocieristico di Fiumicino rappresenta un nodo cruciale nel dibattito sul futuro delle coste laziali e del territorio fiumicinese. Pretendere di “riconfigurare” da zero un intero tratto di costa, costruendo un mega-porto nel posto che naturalmente meno potrebbe ospitarlo (la foce di un fiume esposto a ovest nel Tirreno) è l’ultima frontiera di un capitalismo dell’infrastruttura che ha perso ogni bussola e che si lancia in imprese tanto folli quanto sconclusionate; tanto a pagarne le spese saranno sempre gli abitanti. Gli investitori spariscono arricchiti e le devastazioni resteranno.
L’opposizione alla grande opera promette (e mantiene da anni) battaglia. Contro il “Giubileo del malaffare. Chi è senza peccato posi la prima pietra”, recita ironicamente uno striscione appeso durante la mobilitazione del 14 settembre. Tra le bandiere No Porto e le canzoni realizzate dalle abitanti contro l’opera, un plotter ricopre i muri ricordando l’amara verità: “Dalle crociate alle crociere, il dio denaro si giubila solo di devastazione”. (chiara davoli / claudio passantino)
23/9/2024 https://www.monitor-italia.it/
Immagine: disegno di escif
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