Chi sono gli I-gen? Una fotografia della generazione iperconnessa
Introduzione
“Iperconnessi” è una fotografia nitida della generazione nata intorno agli anni 2000. J.M. Twenge, docente di Psicologia alla San Diego University e autrice di molti articoli e saggi sull’adolescenza, propone un’accurata analisi della cosiddetta i-generation anche attraverso il confronto con le generazioni che l’hanno preceduta: i Baby Boomers (nati tra il 1946 e il 1964), la Generazione X (nati tra il 1965 e il 1979), i Millenials (nati tra il 1980 e il 1994).
Il testo è suddiviso in otto capitoli corrispondenti alle otto tendenze che aiutano a definire, secondo l’autrice, la generazione nata tra il 1995 e il 2012, ovvero: Immaturità, Iperconnessione, Incorporeità, Instabilità, Isolamento e disimpegno, Incertezza e Precarietà, Inclusività.
Il lavoro della Twenge si basa sui materiali raccolti dalle numerose interviste realizzate dall’autrice a rappresentanti statunitensi della i-generation in aggiunta a un attento studio delle statistiche fornite dai sistemi di sorveglianza e dalle ricerche in ambito sociale.
Immaturità
Rispetto alle precedenti l’i-generation ha una tendenza a “crescere con lentezza” che si traduce in un minor desiderio di indipendenza in generale (ad esempio uno scarso interesse a conseguire la patente di guida appena compiuta la maggiore età), un minor impegno in attività extrascolastiche come i tradizionali “lavoretti” remunerati, un maggior bisogno di protezione emotiva e economica da parte del mondo adulto (famiglia, insegnanti, educatori).
I diciottenni di oggi somigliano ai quattordicenni del passato e gli attuali quattordicenni somigliano ai dieci-dodicenni. oggi i tredicenni, e persino i diciottenni sono meno propensi ad assumere atteggiamenti da grandi e a dedicarsi alle attività tipiche degli adulti, preferendo invece condotte più infantili; questo non significa che siano immaturi ma solo che ci mettono più tempèo ad adottare i comportamenti tipici degli adulti. Invece che un preludio alla maturità, l’adolescenza è diventata un’estensione dell’infanzia.
Iperconnessione
I giovani della i-generation sono nati in un’epoca già fortemente digitalizzata. Trascorrono una media di cinque ore al giorno utilizzando lo smartphone per comunicare, giocare, cercare informazioni online, pubblicare contenuti sui social media, in particolare Snapchat, Instagram, Youtube. I libri, insieme a riviste e quotidiani sono un mezzo di comunicazione fortemente in declino (alla fine degli anni settanta la maggioranza dei teenager leggeva un libro o una rivista praticamente ogni giorno, nel 2015 lo faceva il 16%).
Ecco la nuova realtà della vita sociale quando si è adolescenti: si svolge online, sotto gli occhi di tutti, con messaggi chiari su chi ci sta dentro e chi no.
Incorporeità
Se si esclude il tempo trascorso a scuola o nelle attività extrascolastiche, la maggioranza degli appartenenti alla i-generation comunica e si relaziona soprattutto online.
Con l’avvento dei social media e degli smartphone nella vita sociale degli adolescenti le interazioni con il mondo reale si sono decisamente ridimensionate. Gli adolescenti della i-generation stanno almeno un’ora in meno al giorno con amici in “carne e ossa” rispetto a quanto facevano i loro coetanei dei decenni precedenti.
Gli I-gen non si esercitano nelle competenze sociali in presenza quanto facevano le altre generazioni, per cui quando si tratta di “metterle in scena”, questi ragazzi corrono un rischio maggiore di commettere errori in momenti di vita importanti: nei colloqui all’università, per la ricerca di un impiego, semplicemente nel “fare amicizia”.
Instabilità
La salute mentale degli adolescenti odierni sembra essere peggiore di quella dei ragazzi delle generazioni precedenti. I sintomi depressivi degli adolescenti sono aumentati in maniera vertiginosa in un arco di tempo brevissimo. Sui social i riferimenti alla salute mentale da parte degli adolescenti sono aumentati del 248 per cento tra il 2013 e il 2016 e termini come infelicità, insicurezza, solitudine, esclusione ricorrono abbondantemente nelle conversazioni sulle piattaforme online.
Il tempo dedicato al sonno è diminuito. Nel 2015 la percentuale di adolescenti deprivati del sonno (meno di sette ore per notte) è aumentata del 57% rispetto al 1991.
Isolamento e disimpegno: più prudenza, meno comunità
Nonostante le generazioni dei Millenials e della i-generation vivano in un mondo decisamente meno soggetto a pericoli di diversa natura rispetto alle generazioni precedenti, gli adolescenti degli anni 2000 dichiarano di essere molto attenti al tema sicurezza, il cui concetto non si limita alla sfera fisica ma si estende anche alla sfera emotiva. La scrittrice C. Fox chiama gli I- gen “generazione fiocco di neve” per spiegare come un niente basti a sciogliere le loro sicurezze rendendoli fragili e vulnerabili. Dal bisogno di sentirsi sempre più sicuri può anche nascere un bisogno di protezione dagli sconvolgimenti interiori: parliamo di quell’ansia per la propria sicurezza emotiva che è un tratto esclusivo degli iGen e che li porta a evitare le esperienze negative, a fuggire le situazioni potenzialmente fastidiose, a tenersi alla larga da chi la pensa in modo diverso.
Nel complesso, oggi i bambini sono protetti molto più che in passato. Scelte che negli anni Settanta sarebbero state considerate paranoiche – accompagnare a scuola bambini di otto, nove anni, vietare ai figli di giocare a palla in strada – oggi sono la norma. Nel 1969 il 48% degli alunni delle elementari e medie andava a scuola a piedi o in bicicletta; nel 2009 la percentuale era scesa a un 13 per cento e infatti: A dispetto di tutte le evidenze che dimostrano il contrario, il 70 per cento degli adulti sostiene che rispetto al mondo della loro infanzia, quello di oggi sia meno sicuro.
Per ciò che concerne l’impegno scolastico, gli adolescenti odierni dichiarano un minor interesse nei confronti della conoscenza derivante dall’istruzione e una maggior attenzione alle ricadute pratiche di un percorso di studi in termini di lavoro e stipendio. Il numero dei diciassette-diciottenni che credono nella scuola come maestra di vita è in diminuzione, e sono in calo anche quelli che vedono nei buoni risultati scolastici la premessa per un impiego siddisfacente. Gli insegnanti si trovano di fronte dei giovani adulti convinti che ciò che imparano sarà del tutto irrilevante per le loro vite e carrirere future.
Incertezza e precarietà
Gli adolescenti appartenenti alla i-generation sembrano meno interessanti a un lavoro futuro appagante e coinvolgente quanto a un lavoro che permetta loro di dedicarsi alle loro passioni extralavorative. Hanno sfiducia nelle possibilità di trovare in futuro un mestiere che corrisponda ai loro reali interessi manifestando un generale “locus di controllo esterno”, ovvero la convinzione di non essere totalmente padrone delle proprie scelte di vita.
Rispetto alle generazioni precedenti, gli I-gen sono più individualisti, anche per ciò che concerne il mercato dei beni di consumo: i pubblicitari dovrebbero lasciar perdere i messaggi basati sul conformismo di gruppo ed enfatizzare piuttosto che cosa può fare un prodotto per l’individuo.
Indefinitezza: sesso, matrimonio e figli
Internet, i social media e la comunicazione online sembrano aver contribuito al cambiamento di attitudini e comportamenti nei confronti del sesso e delle relazioni affettive. Dalle dichiarazioni dei ragazzi emerge una tendenza alla cosiddetta cultura hookup,ovvero una cultura delle relazioni sessuali senza impegno e senza troppo coinvolgimento emotivo.
Per ciò che concerne il discorso famiglia (matrimonio e figli) nel 2015 metter su famiglia era scivolato al terzo posto nella lista delle priorità (dopo “avere dei soldi” e “aiutare chi è in difficoltà”): era la prima volta che succedeva dal 1969.
Senza dubbio la crisi economica ha avuto un peso sull’inclinazione degli adolescenti a pensare di non voler investire nella costruzione di una famiglia come priorità di vita.
Inclusività: Lgbt, genere, etnia nella nuova era
Gli anni Duemila e Duemiladieci hanno introdotto un cambiamento radicale nell’atteggiamento verso le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
L’attitudine aperta e progressista degli iGen rispetto alle scelte sessuali degli individui è strettamente connessa al loro innato individualismo. Molti adolescenti intervistati sostengono che non abbia senso etichettare le persone in base al loro orientamento sessuale e che ognuno deve essere libero di scegliere che cosa preferisce per sé.
Per ciò che concerne le questioni etniche, gli iGen sembrano non particolarmente interessati all’appartenenza razziale delle persone. Sicuramente il fatto di essere circondati fin dalla nascita, a differenza delle generazioni precedenti dalla diversità razziale ha contribuito al cambiamento di attitudini e atteggiamenti. Gli iGen hanno sperimentato tutta la diversità etnica possibile: a scuola, nelle loro attività, nelle loro città. Gli iGen non soltanto frequentano scuole multietniche, ma interagiscono con persone di etnie diverse in molti ambienti diversi, e dicono che proprio in questo modo hanno imparato a conoscerle.
Conclusioni
Il saggio della Twenge si conclude con una serie di suggerimenti per gli adulti che si relazionano con gli adolescenti della I-generation. Dal monitorare il loro utilizzo degli smartphone sia in termini di tempo dedicato che in contenuti pubblicati e condivisi, alla gestione del sonno; dallo sviluppo di un pensiero critico all’attenzione e comprensione delle loro fragilità tenendo sempre a mente che il cambiamento culturale è sempre un compromesso: il buono va a braccetto col cattivo.
E. Tosco
19/7/2019 www.dors.it
J. M. Twenge, Iperconnessi, Einaudi, 2018
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