CHIAMATA ALLE …….. ARMI

i quattro tagliatori

Grazie al decreto legislativo 10 agosto 2018, nr. 104, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 settembre 2018 – con grande giubilo del rozzo Salvini, dei suoi degni seguaci ed elettori e (anche) dei silenti complici pentastellati – il nostro paese può vantare una legge da “terra di confine” che, in sostanza, renderà molto più facile, ai comuni cittadini, l’acquisto e la detenzione di un’arma da fuoco.

Facile prevedere, quindi, che, nel breve periodo, i circa 1.300[1]  punti vendita al dettaglio di armi e munizioni, presenti oggi in Italia, saranno destinati a moltiplicarsi. Così come avverrà per il loro giro d’affari che, oggi, si aggira già intorno ai 900 milioni di Euro.  Per tutto ciò che ne conseguirà, assisteremo alla nascita di una nuova lobby che individuerà il suo benefattore e futuro referente nella persona di un ministro della nostra sgangherata Repubblica.

La semplificazione delle procedure per l’acquisto di armi, anche quelle c.d. “da guerra”, potrebbe, di per sé, non rappresentare una grande preoccupazione se, però, non fosse accompagnata dalla presenza di ben otto disegni di legge, la maggioranza dei quali tende, in particolare – attraverso il superamento del principio di “proporzionalità” tra offesa e difesa – alla modifica dell’art. 52 del Codice penale;

Evidenzio che gli otto Ddl, attualmente già presentati all’esame del Senato, sono a firma della Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Pd e Iniziativa popolare.

Naturalmente, non tutti i Ddl presentano le stesse proposte. Le materie trattate vanno dalla violazione del domicilio, alla rapina e fino all’inasprimento di alcune pene, oggi previste, per i furti nelle abitazioni.

Alcune fonti parlamentari non escludono, però, che il testo finale, prodotto dalla Commissione Giustizia di Palazzo Madama possa rappresentarne la sintesi, con l’aggiunta di un comma al suddetto art. 52 del codice penale; nel senso di rendere sempre giustificata, non solo di notte (come previsto dalla legge vigente in Francia), ma in qualsiasi ora del giorno, la “legittima difesa”.

Personalmente, reputo che si tratterebbe di un’impresa molto ardua.

A meno che, non si debba essere costretti a prendere (definitivamente) atto di essere ormai ridotti, quali cittadini italiani, a inermi ostaggi dei nuovi “sceriffi”; della Lega e del suo rozzo capo!

S’immagini – solo per una malaugurata ipotesi – la trasformazione in legge dello Stato di uno dei due Ddl che, tra le altre becere ipotesi di riforma della legge 13 febbraio 2006, nr. 59 (modificativa dell’art. 52 del C.P.), prevedono la estensione del concetto di legittima difesa – quindi, la non punibilità – fino al punto da consentire, al nostro vicino e/o a qualsiasi passante occasionale, di sparare all’indirizzo di un soggetto colto nell’atto di arrampicarsi sul nostro balcone di casa!

È allora chiaro che anche questa riforma tende a ridurre i processi penali a carico di chi si difende con le armi in pugno e, soprattutto, a superare l’intervento della Magistratura; impedendole di accertare le dinamiche dei fatti accaduti tra chi si difende (eccedendo) e la eventuale vittima.

 

L’impressione è che, in effetti, il duo Salvini/Di Maio, punti allo stesso obiettivo – di sostanziale esautorazione del ruolo dei giudici – conseguito dal governo Renzi quando, in materia di licenziamenti individuali per motivi disciplinari, fu abrogata la norma che consentiva al giudice del lavoro di valutare la rispondenza del licenziamento al principio di proporzionalità.

Appare, quindi, evidente che, laddove dovesse prevalere un’ampia estensione del concetto di “legittima difesa”, con 1) il superamento dell’attuale “stato di necessità” della difesa (si pensi al caso di un aggressore già in fuga) e, soprattutto 2) il venir meno della valutazione circa la “proporzionalità della difesa all’offesa” (compito, oggi, affidato a un giudice – super partes – affinché valuti il caso concreto, in ogni suo aspetto e/o circostanza); verrebbero meno alcuni elementari presupposti di convivenza civile.

Si rischierebbe – come drammaticamente rilevato da Francesco Minisci, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati – di legittimare perfino un omicidio!

Inoltre, al solo scopo di offrire qualche ulteriore informazione e spunto di riflessione, riporto che gli ultimi dati disponibili (presso il Ministero del quale risulta titolare il rozzo Salvini), risalenti al 2015, riferiscono che, i furti nelle abitazioni, pur essendo aumentati tra il 2004 e il 2012, hanno registrato una flessione a partire del 2014. Per di più, da un rapporto del Centro studi Transcrime[2] si evince che i furti negli appartamenti si concentrano nei mesi da ottobre a gennaio – guarda caso, quando c’è un sostanziale “fermo” degli sbarchi di extracomunitari, tanto demonizzati dal rozzo capo della Lega – tra le 8 e le 10 del mattino e tra le 17 e le 20 della sera; quando, di norma, le persone non sono in casa!

Per quanto attiene, invece, le rapine (furti commessi attraverso un atto di violenza su di un soggetto), gli stessi dati ministeriali rilevano un sensibilissimo calo; dalle 80,20 ogni centomila abitanti del 2004, alle 57,74 del 2015.

Trattasi, naturalmente, di dati da non sottovalutare, ma, contemporaneamente, di fenomeni la cui risoluzione non può, di certo, essere affidata a cittadini in armi con “licenza di uccidere”!

Tra l’altro, quando si discute di problematiche così complesse e tali da coinvolgere l’intera società civile, sarebbe legittimo pretendere che – almeno gli uomini al governo del paese – fossero in grado di dimostrare particolari doti di coerenza e di fermezza; in ossequio al rispetto dei principi ispiratori delle loro linee politiche.

A Salvini e Di Maio, in questo senso, andrebbe assegnato l’oscar del “negazionismo”.

Infatti, a conferma del valore reale da riconoscere alle cose che afferma il rozzo Salvini, è sufficiente rilevare che, all’epoca dell’approvazione della suddetta legge 59/2006, era stata proprio la Lega Nord a proporre di introdurre il vigente comma b) dell’art. 52 del c.p. Lo stesso comma che, oggi, invece, vuole abolire!

Anche il giovane pomiglianese, in quanto a coerenza, non scherza.

Era il 16 maggio del 2015 quando Luigi Di Maio, dopo l’ennesima tragedia di un uomo che aveva ucciso un agente di polizia locale nel napoletano, dichiarava: “Uno Stato serio, consapevole delle sofferenze della sua comunità, non dovrebbe consentire a un singolo individuo di detenere tutte quelle armi in casa”. E ancora: “La detenzione di armi va ridotta drasticamente. Non siamo una società abbastanza serena per prenderci questi rischi. Togliamo le armi dalle case degli italiani”.

Cosa dire? Lascio il commento a coloro i quali hanno votato e continuano a guardare a questi due soggetti come possibili autori di un reale “governo del cambiamento”!

Per concludere, sarebbe opportuno che fossimo in tanti a informare il sottosegretario al Ministero dell’interno – il leghista Nicola Molteni, secondo il quale “Senza sicurezza non c’è nessuna libertà” – che già oggi l’Italia presenta un tasso di omicidi, compiuti attraverso l’uso di armi da fuoco, che è pari quasi allo 0,8 per cento ogni centomila abitanti.

Non è una percentuale molto bassa, tra i paesi europei maggiormente industrializzati.

Incoraggiare, quindi, l’acquisto delle armi da fuoco (semplificandone la procedura) e, sostanzialmente, depenalizzarne l’uso (attraverso l’esasperato concetto della “legittima difesa”), potrebbe rivelarsi un metodo irresponsabile e precursore di nefaste conseguenze.

In questo senso, senza voler necessariamente alludere a effetti di carattere catastrofico, ma solo ai fini di un sano realismo, pavento chissà quante volte ricorrerà il rischio di riconoscere – tra qualcuno, “freddato” sul balcone, dall’arma di un vicino e/o di un passante – il proprio figlio rimasto senza le chiavi di casa!

NOTE

1 (fonte: ANPAM)

2 (fonte: Ministero Interni)

Renato Fioretti

Collaboratore redazionale di Lavoro e salute

1/10/2018

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