Chiuso l’ultimo Opg ora c’è il rischio dei mini- Opg
Con il trasferimento gli ultimi pazienti dell’ex Opg di Barcellona Pozzo di Gotto è stato raggiunto l’obiettivo dall’entrata in vigore della legge di due anni fa che prevedeva il superamento definitivo degli ospedali giudiziari. Le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza ( Rems) che dovrebbero sostituire quella che è stata chiamata una delle vergogne del nostro sistema giudiziario e sanitario sono state attivate in quasi tutte le Regioni ( rimangono ancora da aprire quelle di Caltagirone e di Empoli) e hanno visto transitare più di 900 persone e uscirne circa 400, a dimostrazione che il sistema è in via di funzionamento e che le Rems non sono un carcere a vita.
«Un segnale positivo – ricorda il commissario unico per il superamento degli Opg Franco Corleone – che porta a pensare che queste residenze siano delle strutture tendenzialmente aperte e, contrariamente agli Opg, non prevedono una presenza senza fine, con quella tragica pratica che era definita come ergastolo bianco». Ma le criticità non mancano. In un recente convegno “Dopo il superamento degli Opg. Quali criticità e quali prospettive” organizzato dalla Commissione igiene e Sanità a Palazzo Madama è emerso che per evitare un ritorno al passato, secondo le indicazioni emerse, bisogna rafforzare il territorio dando impulso ai Dipartimenti di salute mentale e creare una cabina di regia regionale forte che dialoghi con gli enti locali.
Soprattutto occorre una modifica al codice penale sulle misure di sicurezza provvisorie e le infermità sopravvenute ( questo per evitare che vengano ospitati nelle Rems persone con “misure di sicurezza provvisoria” dell’autorità giudiziaria e non con uno “stato di infermità” accertato in via definitiva). Una revisione della legge che operi anche un rinnovamento “lessicale”, perché le parole “Opg” e “internati” sono rimaste nero su bianco, nelle pagine del nostro codice penale. Il rischio che si ripresenti la logicità manicomiale anche nelle Tems non è remoto.
Anche lo stesso commissario Corleone ha puntato i riflettori su questa criticità spiegando che «serve una modifica del codice penale per quanto riguarda le misure di sicurezza provvisorie e le infermità sopravvenute.
Deve anche cambiate l’atteggiamento dei magistrati di cognizione che ancora prevedono il ricovero in Rems anche quando non né necessario andando contro la stessa legge. C’è poi un problema con perizie spesso “stravaganti e sciatte”: il proscioglimento per incapacità di intendere e di volere va dato con rigore. Per questo credo che i magistrati debbano sempre chiedere un doppio parere. Ci sono poi grandi criticità per le donne che sono poche e rischiano di vivere in situazioni di promiscuità e di non ricevere le cure adeguate».
INIZIA UNA NUOVA FASE
Proprio sul discorso del superamento della logica manicomiale intervengono i Radicali Italiani per voce del tesoriere Michele Capano: «È del tutto fuori luogo il trionfalismo con cui il ministro Lorenzin, annunciando l’avvenuta chiusura degli Opg, parla di “grande traguardo” sul fronte dei diritti umani e della salute mentale. Da un lato le neonate Rems replicano lo stesso schema di segregazione proprio degli Opg, dall’altro deve essere chiaro che solo l’abolizione delle misure di sicurezza ( dalle Rems alla libertà vigilata), e dell’inafferrabile concetto di “pericolosità sociale” che le sorregge, segnerebbe una svolta: una svolta utile a fare rivivere la stagione riformatrice degli anni 70, approdando finalmente a quella cultura della “convivenza delle differenze” che rappresentò il nucleo dell’esperienza psichiatrica e civile di Franco Basaglia». La possibilità che le Rems rischino di diventare dei mini Opg è una delle più forti preoccupazioni del Comitato Stop Opg che in questi anni ha svolto un ruolo fondamentale e che non per nulla in questi mesi ha fatto un “viaggio attraverso le Rems” che intende continuare. Stefano Cecconi, Giovanna Del Giudice, Denise Amerini e Patrizio Gonnella di Antigone, ringraziando per il loro ruolo decisivo il sottosegretario alla Salute Vito De Filippo ( ora all’Istruzione), che ha presieduto l’organismo di coordinamento per il superamento degli Opg e il Commissario Franco Corleone, oggi scrivono che «con la chiusura definitiva degli Opg possiamo aprire una nuova fase, assegnando alle Rems un ruolo utile ma residuale, e puntando decisamente al potenziamento dei servizi di salute mentale e del welfare locale, costruendo così concrete alternative alla logica manicomiale, per affermare il diritto alla salute mentale e alla piena e responsabile cittadinanza per tutte le persone, senza distinzione, come vuole la nostra Costituzione». I componenti di Stop Opg ritengono positiva la decisione del governo di mantenere attivo un organismo istituzionale di monitoraggio sul superamento degli Opg, che chiedono sia aperto al contributo della società civile e nel quale si rendono da subito pronti a partecipare.
IL PROBLEMA DELLE PERSONE PSICHIATRICHE RECLUSE
Il superamento degli Opg e la loro sostituzione con le Rems potrebbe però creare la percezione che la salute mentale in carcere non sia più un problema. Invece esiste. Sparsi nelle patrie galere ci sono centinaia di detenuti con problemi psichiatrici. Solamente nella regione Calabria risultano ristrette 600 persone con problemi psichiatrici, senza un trattamento adeguato alle loro condizioni. E a farne le spese – oltre ai detenuti stessi che non vengono seguiti dai medici e operatori sanitari sono i poliziotti penitenziari che fanno servizio nei reparti detentivi. È emblematico il caso che negli ultimi due ex Opg appena chiusi, quello di Montelupo e Barcellona Pozzi di Gotto, da tempo trasformati in carcere, sono ospitati comunque dei detenuti con problemi psichiatrici. L’emergenza psichiatrica nelle carceri potrebbe esplodere da un momento all’altro se non si predispongono misure adeguate. Nelle carceri ‘ normali’ permangono molti detenuti con patologie mentali per i quali non sarà prevista alcuna struttura alternativa. Non solo. La legge per la chiusura degli Opg contiene una norma che prevede che alcuni ristretti finiscano la pena detentiva in carcere. Quindi ne sono stati aggiunti altri a partire dell’entrata in vigore della legge approvata l’anno scorso. Tramite uno studio recente condotto dall’agenzia regionale di Sanità della Toscana, si è scoperto un dato che desta preoccupazione: sui circa 16 mila reclusi delle carceri di Toscana Veneto, Lazio, Liguria, Umbria, ben oltre il 40% è risultato affetto da almeno una patologia psichiatrica. Questi detenuti costituiscono una miscela esplosiva in un contesto di detenzione degradante. Esiste un forte disagio perché si realizza una tortura ambientale: il carcere continua ad essere la frontiera ultima della disperazione e dei drammi umani. Proprio per questo – come già ricordato da Il Dubbio – la senatrice Maria Mussini, vicepresidente del Gruppo Misto e membro della commissione giustizia del Senato, aveva presentato due emendamenti importanti per risolvere il problema delle sezioni psichiatriche delle carceri che non sono in grado di garantire i trattamenti terapeutici necessari.
Damiano Aliprandi
23/2/2017 da il dubbio
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