Cocaina e civiltà
Parlare di droga è molto difficile in questo paese, siamo abituati a portarci il male familiare dentro, fino al sopraggiungere di un evento, spesso è la pazzia, altre volte la morte o il carcere. Anche la percentuale dei detenuti intossicati non viene mai aggiornata, non per volere dei medici, ma perché la privacy impone il silenzio, come lo si impone a certi ospedali, con reparti dedicati ai depressi intossicati.
Molti terapeuti, oggi, identificano il problema cocaina come male del 2000, così come negli anni 80 esisteva il problema eroina. Non c’è nessuna correlazione, ma si sa, certi studiosi americani amano improvvisare e dare cifre, presupporre l’impossibile, pur di innescare la discussione su indicatori inutili. La diffusione capillare dell’eroina, negli anni ottanta, proveniva da un’esigenza chiara. I moti rivoluzionari che si andavano costituendo mettevano paura, quindi serviva un mito capace di annientare, offuscare, indebolire l’azione.
L’eroina venne introdotta con cura, ritagliandosi una fetta di mercato sia tra i sessantottini, sia nei bassi fondi. Fu un’operazione di intelligence. Logicamente parliamo di un’eroina completamente diversa da quella venduta oggi, meno tossica, meno tagliata. Hippy e periferia raccolsero la sfida, l’eroina annacquò ogni concetto di unione e la contestazione, man mano, intraprese la strada della perdizione, venendo sempre più ghettizzata. Gli anni ottanta andrebbero ricordati come indicatore della lotta tra poveri, le disuguaglianze sociali crescevano tra i moti e le bande armate sempre più fiacche, fino alla sterilizzazione.
I tempi sono cambiati, adesso la cocaina è la droga a portata di mano, sebbene la qualità è quasi sempre scadente e le sostanze da taglio sono micidiali. Dovremmo porci dei dubbi anche oggi, purtroppo, come dicevo, non è nel nostro dna, valutare la portata del danno alla società. Male, molto male! L’influenza della cocaina è possibile associarla agli ultimi omicidi, ai cruenti omicidi, perché la stessa sostanza tagliata può, in soggetti sensibili, indurre a una “compulsione” rabbiosa, spesso ingestibile. Forse qualcuno si ritiene immune, crede nel proprio egoismo, ma dovreste preoccuparvi comunque, soprattutto se siete genitori. Lo spacciatore di cocaina, molto spesso, è l’amico del venditore di maria. Tutti i ragazzi sono a rischio, perché l’influenza di una sostanza così reattiva è un richiamo, molto simile alle sirene di Ulisse, nella società dei consumi, della depressione, della solitudine. Non voglio introdurre cifre e percentuali, il fenomeno è evidente. Possiamo notarlo dal volto dei vincenti, sempre più egoisti, sempre più megalomani e, soprattutto, sempre più malvagi.
La cocaina è devastante sia nel consumo giornaliero, che nell’uso sporadico. All”euforia momentanea, segue una profonda depressione, nervosismo ed un forte desiderio di una maggior quantità di droga. Quando vi parlano di un aumento degli infarti in tenera età, sappiate che una parte è dovuta dall’uso di questa maledetta sostanza. Nell’80% dei casi lascia danni permanenti al cervello e al cuore, ciò è dimostrato da studi recenti. Ormai la cocaina è entrata nel linguaggio comune, lo sdoganamento, quindi, la possibilità di trovarla sul mercato a prezzi contenuti è un pericolo per le nuove generazioni, ma anche per chi decide di farsi una “tirata” il sabato sera con gli amici. Nel giro di dieci anni, nella sola Europa, il consumo si è triplicato, l’Italia non differisce, anzi l’aumento dei reati dovuto al consumo di questa sostanza dovrebbe spaventare qualsiasi governo. Il silenzio intorno a una droga socialmente accettata, che sta decimando una generazione, è il risultato della negazione di una tragedia.
I danni causati dalla cocaina sono irreversibili, la capacità di elaborare dati e azione viene annientata, quindi, scusate la presunzione, ma il mondo degli esaltati e degli opportunisti, a cui fanno riferimento gli analisti, ha un’anima, spesso, cocainomane.
Antonio Recanatini
collaboratore redazionale del periodico Lavoro e Salute
Articolo pubblicato sul numero di aprile del periodico www.lavoroesalute.org
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