Colesterolo, fattore di rischio o “malattia” nella società medicalizzata?

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L’industria farmaceutica fa marketing, produzione e distribuzione. Il suo posizionamento tentacolare all’interno della società può costituire il più grave rischio di corruzione della medicina.
Non dovrebbe essere così perché è un danno che si paga tre volte: in un primo momento quando attraverso lo Stato contribuiamo a finanziare le università pubbliche o le start up per la ricerca; in secondo luogo quando l’industria privata vende e applica dei prezzi abusivi ai farmaci che compriamo; infine, se ci sono effetti collaterali, paghiamo nuovamente l’industria farmaceutica perché lo Stato la risarcisce. Nel frattempo l’industria farmaceutica ha alcuni dei più alti ritorni economici, essendo tra i quattro settori al mondo in termini di profitti, insieme al settore bancario, l’industria petrolifera e quella bellica. Tutto questo ha anche un effetto sulla crescente medicalizzazione della società, ovvero il processo mediante il quale i problemi non medici vengono definiti e trattati come problemi medici, che richiedono spesso cure. 

Come affermava Teresa Forcades, teologa femminista e queer, medica e attivista per la salute contro le industrie farmaceutiche: “Abbiamo un eccesso sproporzionato di farmaci. C’è chi dice che ne basterebbero venti, forse cento. Ma non migliaia, mi riferisco specialmente ai farmaci me too, chiamati anche “imitazioni”, che non apportano nulla di nuovo ma vengono prodotti quando scade un brevetto”. In un libro 1 pubblicato in Francia a settembre 2012, i professori e Bernard Debré, analizzavano attentamente 4.000 farmaci me too che circolavano sul mercato francese, concludendo che il 50% è inutile, il 20% mal tollerato e il 5% potenzialmente “molto pericoloso”. Questi ultimi provocavano circa 100.000 incidenti terapeutici gravi all’anno e 20.000 morti 2 . Nel 2018, il British Medical Journal, una delle riviste scientifiche più accreditate al mondo, ha denunciato l’impatto che queste malattie iatrogene hanno sulla salute pubblica e sulle casse dei sistemi sanitari, sostenendo che le morti per farmaco sono la terza causa negli USA, dopo malattie cardiovascolari e tumori.

Un argomento scottante che pone interrogativi sulla filiera del farmaco: come vengono studiati, sperimentati, prodotti e infine somministrati i farmaci in circolazione? Quali tutele possiamo adottare per non temere di essere danneggiati? È possibile che un farmaco curi tutte le persone nello stesso modo, alla luce delle scoperte della medicina personalizzata?

Come proseguiva Forcades: “Nella sfera capitalista non si può rinunciare alla salute. Il mio discorso non vuole assolutamente screditare la medicina ma, al contrario, vuole onorarla. L’origine della sfiducia viene da tutte queste frodi di cui sto parlando. (…) Vorrei che la medicina e la ricerca non fossero un business. Ovviamente i soggetti coinvolti vanno pagati, ma non dovrebbe trattarsi solo di grandi imprese” 3 . 

Agli inizi degli anni 2010, nel programma “C’era una volta” della RAI, andava in onda il documentario “Inventori di Malattie” 4 del giornalista d’inchiesta Silvestro Montanaro. Il documentario poneva una forte critica alla medicalizzazione della società e alla “patologizzazione del normale” 5 , permesse perché le istituzioni internazionali hanno lasciato che le industrie farmaceutiche facessero il bello e il cattivo tempo. Nel servizio, Silvestro Montanaro intervistava Silvio Garattini 6 , tra i più insigni oncologi italiani, fondatore nel 1963 ed ex-Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS fino a giugno 2018, oltre ad essere un convinto oppositore della medicalizzazione della società sotto influenza delle case farmaceutiche.

Era proprio lui che spiegava la strategia di Big Pharma per aumentare il consumo farmaceutico, giocando su quelli che si considerano i “livelli di normalità”. Secondo Garattini, il fattore di rischio più medicalizzato nella società contemporanea è sicuramente il colesterolo: una volta la colesterolemia normale era considerata a 240, poi è diventata 220, poi a sua volta 200 e infine, oggi, si afferma che bisogna avere il colesterolo più basso possibile. Come per altre “malattie”, la definizione di “colesterolo alto” viene periodicamente rivista, ma questo, non ha un fondamento scientifico, ma bensì commerciale.

Così facendo però l’ipercolesterolemia è diventata una paura comune a milioni di persone, le quali,
spaventate dal rischio d’infarto, si riversavano in farmacia. Ciò ha impedito di fare una corretta informazione sul colesterolo e sul suo ruolo centrale per l’organismo. Come scriveva nel 2012 il
Dottor Gabriele Piuri sul Portale Eurosalus 7 : “La divulgazione medica in questi anni si è sempre concentrata sul problema dell’aumento del colesterolo e quindi dell’ipercolesterolemia come una delle principali causa delle patologie cardiovascolari.

Questo può essere vero ma è importante ricordare che il solo valore del colesterolo totale non è sufficiente per definire il rischio cardiovascolare. Per un livello di colesterolo sotto i 250-300 mg/dl è importante considerare il rapporto tra colesterolo totale e colesterolo buono, quello chiamato colesterolo HDL. Il colesterolo buono rappresenta quella frazione di colesterolo che dalla periferia viene riportato al fegato per essere utilizzato. Sei il rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL è compreso tra 4 e 5 non si può parlare di aumento del rischio cardiovascolare.
Il colesterolo svolge diverse funzioni nell’organismo. Ad esempio le molecole di colesterolo stabilizzano la membrana cellulare e sono indispensabili per l’attività di tutte le cellule. Il colesterolo viene utilizzato anche per la produzione degli ormoni steroidei: gli estrogeni, gli androgeni, il cortisolo e tanti altri ormoni sono prodotti a partire da una molecola di colesterolo. Questo grasso particolare è indispensabile anche per la produzione della bile e quindi per la digestione dei grassi. Come per la maggior parte dei parametri ematochimici, anche per il colesterolo è importante trovarsi nel giusto range senza valori troppo elevati
(ricordando sempre che è più importante il rapporto tra colesterolo totale e colesterolo HDL piuttosto che il solo dato di colesterolo totale) o troppo bassi”.

Tutte le cellule del nostro corpo sono fatte anche di colesterolo e il nostro cervello ne contiene quantità elevatissime senza le quali non potrebbe funzionare. Inoltre sembra che il colesterolo sia in grado di contrastare la produzione di radicali liberi e di controllare lo sviluppo di malattie degenerative. Il colesterolo Hdl, quello “buono”, ha addirittura la funzione di mantenere libere le arterie e impedire i processi di arteriosclerosi. È documentato per esempio che dopo i 65 anni non ha più alcun senso ridurre i valori di colesterolo, eppure la metà del fatturato delle statine dipende da persone anziane che assumono statine per abbassarlo.
Nacque così il business delle “statine”, ovvero la lovastatina, l’atorvastatina, cerivastatina, fluvastatina, rosuvastatina, pravastatina e simvastatina, farmaci che inibiscono in modo competitivo l’enzima coinvolto nella sintesi del colesterolo (la 3-idrossi-3-metilglutaril coenzima A – Hmg CoA – reduttasi) nel fegato, essendo anche degli ipolipemizzanti efficaci nel ridurre i livelli di colesterolo Ldl, quello “cattivo”. Come già si denunciava nel libro-inchiesta Farmakiller, prima dell’uso di questo trattamento si dovrebbero eseguire test di funzionalità epatica entro 1-3 mesi dall’inizio. Inoltre, il loro uso sarebbe ufficialmente consigliato e considerato per gli anziani con malattie cardiovascolari sintomatiche o diabete mellito ed è fortemente sconsigliato a chi ha avuto ed ha problemi epatici, dipendenza a alcool e dovrebbe essere usata con cautela nei soggetti con fattori di rischio per miopatia e rabdomiolisi. Inoltre sono controindicate per chi ha in corso malattie renali e per le donne che sono in gravidanza e che stanno allattando.

Nel 1987, l’azienda farmaceutica Merck lanciava il Mevacor, nome commerciale della lovastatina, farmaco anche per i livelli di colesterolo bassi e che poteva essere pubblicizzato e prescritto a gente prevalentemente sana.
Da lì in poi sono stati approvati diversi farmaci concorrenti e la pubblicità data sia sulle statine sia sull’ipercolesterolemia ha raggiunto livelli esorbitanti. Qualche anno prima, nel 1985, Bruce Roth della Parke-Davis Warner-Lambert Company (ora Pfizer) sintetizzava l’atorvastatina, dando origine al Lipitor della Pfizer, il farmaco con obbligo di ricetta medica più venduto di tutti i tempi con vendite fino a 10 miliardi di dollari annui. La molecola ha generato ricavi per 125 miliardi di dollari ed è stata ai vertici della lista delle sostanze più vendute al mondo per oltre un decennio 8 .

Per più di 60 anni, medici, nutrizionisti e funzionari della sanità pubblica hanno intrapreso una guerra contro il colesterolo alto nel tentativo di combattere le malattie cardiache. Ma cosa succede se la premessa di base che collega il colesterolo alle malattie cardiache, come l’infarto, fosse sbagliata?
La correlazione tra colesterolo e patologie cardiache è diventato un assunto acritico nella popolazione, causato da ingenti campagne pubblicitarie delle case farmaceutiche finanziate con centinaia di milioni di dollari. Il fine era indurre la gente a pensare che erano i farmaci giusti per chi era a rischio d’infarto.
“Se ti sta a cuore il tuo cuore, fallo proteggere dal tuo medico. Contro il rischio d’infarto chiedigli il Lipitor” – così recitava la pubblicità di Pfizer, casa farmaceutica che è diventata uno dei più grandi colossi farmaceutici proprio grazie alle pubblicità e alla paura della ipercolesterolemia.
La strategia per allargare il mercato dei farmaci non è stata quella di rivolgersi alle persone con solo rischi cardiaci, ma bensì di considerare il rischio delle persone semplicemente con colesterolo alto:

  • Secondo le varie direttive ufficiali dei National Institute of Health statunitensi, emanate negli anni Novanta, 13 milioni di cittadini USA avrebbero avuto bisogno di statine per abbassare il colesterolo
  • nel 2001 una commissioni di esperti ha riformulato queste direttive facendo salire il numero a 36 milioni
  • nel 2004 un altro comitato di esperti riaggiorna le direttive facendo salire il numero dei pazienti futuri
  • nel 2008 il numero è salito a 42 milioni, il numero di persone che avrebbero bisogno di curarsi per abbassare il colesterolo.
    Si tratta di una operazione di disease mongering, ovvero la più antica e controversa pratica applicata dal capitalismo farmaceutico che consisteste prima nella “fabbricazione” e in seguito nella “mercificazione” della malattia nel tentativo di incrementare la nosografia 9 per aumentare la clientela. Nel 1976 Henry Gadsden, direttore della casa farmaceutica Merck, dichiarò alla rivista Fortune 10  che la nuova frontiera del suo settore industriale sarebbe stata “produrre farmaci
    per persone sane, perché questo ci permetterà di vendere a chiunque, così come si vendono chewing gum”. Tuttora diffusissima, il disease mongering nasce dall’idea che, attraverso mirate campagne di marketing, sia possibile convincere chi soffre di complicazioni naturali e/o fisiologiche che tali problemi non siano in realtà naturali e che l’unico rimedio sia l’utilizzo di un farmaco.
    Più di vent’anni fa, negli Stati Uniti, una commissione di “esperti” del colesterolo ha infatti riformulato le definizioni, abbassando anche i livelli di colesterolo ritenuti necessari per autorizzare
    una cura medica classificando come “malate” persone sane e triplicando virtualmente, da un giorno
    all’altro, il numero di persone che potevano accedere alla terapia farmacologica. Interessante sapere
    che 5 dei 14 medici autori di questa definizione ampliata aveva legami finanziari con case farmaceutiche produttrici di statine.
    Nel 2004, un altro comitato di esperti riaggiorna le direttive sottolineando che più di 40 milioni di
    americani, più che cambiare stile di vita, avrebbero potuto trarre beneficio dall’assunzione di farmaci 1112 . In questa occasione venne presa una delle più grandi decisioni del commercio farmaceutico: abbassare le soglie delle tre “malattie” più diffuse nel mondo occidentale, ovvero l’ipertensione, il colesterolo e il diabete. Così facendo da un giorno all’altro quelli che erano solo fattori di rischio per altre malattie, sono diventate malattie riconosciute a tutti gli effetti, creando così alcune centinaia di milioni di “nuovi malati”. In questo caso i conflitti d’interesse con Big Pharma erano più marcati in quanto 8 dei 9 esperti che hanno redatto quelle direttive lavoravano
    anche come relatori, consulenti e ricercatori per case farmaceutiche come Pfizer, Merck, Bristol- Myers Squibb, Novartis, Bayer, Abbott, Astrazeneca e GlaxoSmithKline. Nella maggioranza dei casi, gli autori delle direttive avevano legami molteplici con almeno 4 di queste società, mentre un esperto addirittura aveva ricevuto finanziamenti da 10 di queste società. Secondo l’Ims-Health –

Parmaceutical Market Intelligence, nei primi anni 2000 i Paesi occidentali hanno speso più in farmaci anti-colesterolo che in ogni altro genere di medicinale con obbligo di ricetta e, a guadagnarci, sono state la tedesca Bayer, Astrazeneca e l’americana Pfizer.
Sempre nel 2004 il parlamento britannico ha incaricato una sua commissione d’inchiesta di esaminare l’influenza indebita delle aziende farmaceutiche, ritenendola un fenomeno di preoccupante gravità, che ha così formulato novantasei raccomandazioni. Hanno inventato questa frase «A pill for every ill» 1314 , ovvero «Un farmaco per ogni preoccupazione». Ciò corrisponde a questa mentalità: posso controllare ogni disturbo e rapidamente. Ho una contrattura: invece di stare a riposo mi prendo una pillola. Questo tipo di società, affezionata all’immediatezza, si lega bene a questo fenomeno: c’è un’offerta dell’industria e allo stesso tempo una domanda da parte della popolazione.
Il colesterolo, negli anni, è stato uno dei disturbi più commercializzati e la sua commercializzazione ha portato al commercio delle statine, il farmaco che abbassa il tasso di colesterolo, uno più prescritti al mondo con 30 milioni di utilizzatori negli Stati Uniti. Era proprio il Portale Eurosalus a denunciare, nel 2001, come l’interesse commerciale enorme dietro le statine sia in grado di viziare la comunicazione sul colesterolo a causa degli interessi commerciali piuttosto che scientifici. Le case farmaceutiche si sono trovate ad avere un prodotto efficace utilizzabile solo nel caso di colesterolemie familiari e in caso di precedenti infarti, convincendo invece i medici e i pazienti che poteva essere preso come preventivo e per controllare fenomeni che si dovrebbero controllare con comportamenti diversi.

Un po’ di anni fa, il Professor Shah Ebrahim, specialista britannico in medicina preventiva, affermò che per tenere basso il colesterolo bastava migliorare la propria dieta, fare movimento e smettere di fumare: soluzioni più economiche, sicure ed efficaci delle statine. Molti medici sostengono che per regolarizzare il colesterolo bisogna cambiare i propri comportamenti, ma spesso sono additati e osteggiati dai loro stessi colleghi. Oggi infatti la maggior parte dei pazienti si sente dire di prendere “comunque” le statine se il colesterolo si slivella, in nome della prevenzione alle malattie cardiache e, forse, di assumere statine per un numero enorme di patologie diverse.
Intanto, nel 2001, una delle statine più diffuse, la Baycol della Bayer, viene ritirata poiché implicata in numerosi casi di morte. Stesso succederà alla Crestor, rosuvastatina di Astrazeneca, per effetti rari ma gravi come il deperimento muscolare e le disfunzioni renali.

Tuttavia, sebbene i tassi di colesterolo siano diminuiti nei Paesi sviluppati, il numero di incidenti coronarici rimane pressoché stabile e sempre più ricercatori contestano la spiegazione tradizionale.
Il legame tra incidenti coronarici e colesterolo nel sangue è un dogma medico tradizionale che si è consolidato nella prassi medica negli ultimi 50 anni, ma tutti gli studi peer review, non prezzolati e seguiti da centri di ricerca indipendenti, affermano che nonostante questi farmaci abbassino il colesterolo, non abbassano il rischio di malattie cardiache.
Nel 2016 è uscito il documentario “Cholesterol, the Great Bluff” 15 . Un titolo provocatorio ma che sostiene, in modo convincente e con opinioni scientifiche fondate, che il legame tra colesterolo e malattie cardiache è tenue e che la sua persistenza deriva da un potente mix di cattiva scienza, interessi radicati e profitti farmaceutici.
I problemi risalgono ai primissimi giorni dell’ipotesi del colesterolo, proposta per la prima volta dal fisiologo Ancel Keys, il quale propose che una dieta ricca di saturazione portasse a malattie cardiovascolari. Il giornalista medico, il dottor Dominique Dupagne, cita le prove e i dati che Keys ha selezionato. Ma era troppo tardi. Gli americani stavano cercando di capire cosa si nascondesse dietro l’impennata degli attacchi di cuore e il grasso sembrava il “cattivo perfetto”. Una volta che la colpa era dei grassi saturi, i prodotti fortemente industrializzati come il “puro accorciamento vegetale” – il risultato di un processo che includeva l’emulsificazione, lo sbiancamento e la pulizia a vapore – vengono visti come cibi più sani. Sono disseminati ovunque clip vintage e recenti di pubblicità (incluso Tom & Jerry che spingono la margarina), film sponsorizzati e telegiornali che parlano delle ultime scoperte sul colesterolo. La commercializzazione del colesterolo da parte dell’industria farmaceutica ha portato allo sviluppo di un’industria alimentare “a basso contenuto di grassi” con un giro d’affari di un 1 miliardo di dollari annui con pubblicità come “No al colesterolo, Sì a Valsoia” della stessa Valsoia e di molte altre che puntavano sulla paura dell’ipercolesterolemia.
Come chiarisce il documentario, i ricercatori che hanno fatto qualsiasi serio tentativo di studiare altre ipotesi, ad esempio che lo zucchero portasse a malattie vascolari, si sono trovati minacciati, i loro fondi per la ricerca sono stati tagliati e le loro carriere sono deragliate.
“Cholesterol, the Great Bluff” 16 schiera una serie di esperti autorevoli e coinvolgenti per attaccare le basi dell’ipotesi del colesterolo. L’autore e nutrizionista Sylvain Duval utilizza marcatori e analogie di facile comprensione per spiegare i meccanismi di come funziona il colesterolo e come il corpo utilizza i diversi grassi. La giornalista investigativa Nina Teicholz spiega come Keys sia arrivato a demonizzare il colesterolo e descrive in dettaglio le intimidazioni subite da coloro che cercavano alternative. Il cardiologo e nutrizionista Dr. Michel de Lorgeril, che ha condotto il primo studio sui benefici della dieta mediterranea, è arrivato ad attaccare fortemente la complicità dell’industria farmaceutica nel propagare ricerche errate, compresi gli studi che hanno portato all’adozione diffusa delle statine. Il film ascolta anche una serie di altri ricercatori, medici e scrittori che, tra le altre cose, mettono in discussione la nozione di colesterolo “buono” e “cattivo”.
Il documentario arriva alle seguenti conclusioni:

  • Il colesterolo non è direttamente responsabile dell’arteriosclerosi e delle malattie cardiovascolari,
    ma piuttosto la conseguenza finale del danno della parete arteriosa, probabilmente dovuto all’omocisteina, aminoacido presente nell’organismo in quantità molto piccole.
  • L’elevato consumo di zuccheri raffinati, è associato alla comparsa e all’aumento di malattie
    cardiovascolari.
  • Inutile dire che il tabacco è un fattore di rischio già ampiamente dimostrato.
  • Il consumo di statine non sembra essere associato a una riduzione dell’infarto, dove gli studi
    indipendenti dell’industria farmaceutica hanno dato risultati negativi. La somministrazione di seva,
    per migliorare la situazione a causa di gravi effetti secondari, a volte molto importanti (muscolari,
    neurologici, epatici), e per aumentare i livelli di calcio, indicatori del rischio di arteriosclerosi e
    accidenti vascolari. Pertanto, è meglio evitare le statine.
  • L’industria farmaceutica è interessata a dimostrare l’efficacia dei suoi farmaci, ma quando
    finanzia studi clinici, si perde la verità nascondendo informazioni sugli effetti collaterali e mentendo
    selezionando solo i risultati più adatti a loro.
  • Vale la pena considerare il ruolo dell’omocisteina nella genesi dell’arteriosclerosi e le cause primarie che la provocano (stress ossidativo, iperglicemia-diabete 3, carenze di vitamina B). Le carenze di vitamina B (incluso acido folico e B12) possono aumentare i livelli di omocisteina”.
    In conclusione, come porre fine alla medicalizzazione della società e distinguere tra interessi
    economici delle case farmaceutiche e ricerca scientifica indipendente?
  • I governi dovrebbero richiedere ricerche e valutazioni mediche indipendenti dall’industria.
  • È necessario evitare che le scuole di medicina, le riviste mediche, le associazioni professionali e le autorità sanitarie dipendano dai finanziamenti dell’industria farmaceutica.
  • Rompere la gabbia secondo cui il “controllato finanzia il controllore”, ovvero la prassi secondo cui le industrie farmaceutiche pagano l’agenzia di regolamentazione affinché metta più persone a lavorare in modo da poter approvare i farmaci in tempi più rapidi. Ad oggi l’EMA (European Medicines Agency) è finanziata al 75% dalle compagnie farmaceutiche.
  • Porre fine all’ingerenza neoliberista delle multinazionali del farmaco sulle università, le quali si trovano master ed interi corsi finanziati e condizionati da queste industrie.
  • Porre una seria distinzione tra la prevenzione dei fattori di rischio e la cura delle malattie
  • l’azienda farmaceutica dovrebbe essere obbligata a mettere a disposizione dei medici e dei ricercatori l’intera storia delle sue ricerche, rompendo la gabbia delle “prescrizioni fiduciarie”, secondo cui un medico prescrive un farmaco in base al fatto che gli viene detto che uno studio su un farmaco è andato bene (spesso dalla casa farmaceutica che lo produce).

Una dieta meno “grassa” e regolatrice del colesterolo
Una dieta equilibrata per una alimentazione magra e parca deve:

  • fare attenzione alle calorie che si consumano
  • consumare meno prodotti animali, ricchi di grasso, proteine e colesterolo
  • evitare junk food, prodotti ultra-trattati e cibi industriali (brioche, merendine, cracker, focacce, pizzette, patatine, cibi precotti in busta o in sacchetto) che utilizzano oli di scarsa qualità
  • consumare grandi quantità di frutta e verdura anche cruda, frutta e verdura di stagione ad
    elevato tenore antiossidante e semi (di lino e di Chia). Per esempio, i semi di Chia sono un
    ottimo rimedio naturale regolatore del colesterolo. Infatti, a parità di peso, contengono più
    acidi grassi Omega 3 del salmone. Circa il 75% dei grassi contenuti nei semi di Chia è costituito dall’acido grasso omega-3 acido alfa-linolenico (ALA), mentre circa il 20% è costituito da acidi grassi omega-6.
  • Mangiare soia biologica, sottoforma di semi e germogli, come alimento curativo anche
    all’interno di zuppe di legumi e cereali integrali.
  • Utilizzare come condimento l’olio extravergine d’oliva perché costituito da grassi monoinsaturi.
  • Diminuzione del consumo di bevande alcoliche e di cibi ricchi di zuccheri raffinati
  • Utilizzare rimedi alimurgici epato-depurativi ed epato-drenanti in via preventiva (soprattutto nei periodi di cambio stagione) come tarassaco, ortica, cardo e carciofo – chiamati anche “amici del fegato” – per drenare il fegato, migliorare la sua funzione generale, aiutareprocessi biliari della colecisti impedendo formazione di calcoli di colesterolo
  • Utilizzare rimedi fitoterapeutici di provata efficacia contro ascesa del colesterolo. Zenzero, curcuma e karkadè sono in grado di abbassare i livelli di colesterolo cattivo, prevendendo malattie cardiocircolatorie. L’aglio è utile per le persone con ipercolesterolemia e iniziale ipertensione.

1 Philippe, Debré Bernard, Le guide des medicaments utiles, inutiles ou Dangereux, Cherche-midi, Parigi, 2012.
2 https://rebelion.org/el-lucro-o-la-vida/

3 http://www.castelvecchieditore.com/2021/04/29/intervista-a-teresa-forcades-su-pandemia-e-vaccini/
4 “Inventori di Malattie” di Silvestro Montanaro https://www.youtube.com/watch?v=7MeOQJ_ncos
5 Per “patologizzazione del normale” si intende il processo che rende patologia delle condizioni normali e comuni
all’esistenza umana: per esempio, se una persona è un po’ timida soffre di “disturbo da ansia sociale”, se un bambino
è troppo distratto “deve curarsi”, se una persona è un po’ asociale “deve socializzare”, se un bambino è troppo attivo
“è iperattivo e deve calmarsi”. Sono in realtà tutte differenze umane che vengono patologizzate ed etichettate,
quando in realtà sono valutate minimizzando il contesto culturale, sociale e politico in cui le persone vivono.
6 https://blog.scienzanatura.it/colesterolo-il-terrore-indotto-dalle-lobbies-farmaceutiche/
7 https://www.eurosalus.com/colesterolo/quali-sono-i-giusti-valori-di-colesterolo

8 https://www.crainsnewyork.com/article/20111228/HEALTH_CARE/111229902/lipitor-becomes-world-s-top-selling-drug

9 Nosografia è la scienza che si occupa della classificazione sistematica delle malattie.
10 https://www.saluteinternazionale.info/2010/06/disease-mongering-una-malattia-per-ogni-pillola/
11 Detection, Evaluation, Treatment of High Blood Cholesterol in Adults. Adult Treatment Panel III, National Hearth,
Lung, and Blood Institute, 2004
12 Abramson, Overdosed America, HarperCollins, New York, 2004

13 ‘A pill for every ill’: Explaining the expansion in medicine use
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0277953609008193?via%3Dihub
14 Treating desires not diseases: a pill for every ill and an ill for every pill?
http://www.columbia.edu/cu/biology/courses/w4200/pillfreveryill.pdf

15 Cholesterol – the Big Bluff – Part 1/2 – Documentary (2016) https://www.dailymotion.com/video/x7mjf03
Cholesterol – the Big Bluff – Part 2/2 – Documentary (2016) https://www.dailymotion.com/video/x7mh1oo
16 “Cholesterol, the Great Bluff” https://vimeo.com/ondemand/chole

Lorenzo Poli

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