Conflitti non economici: ideologia, religione, salute
L’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE), fondata nel 1977 con lo scopo di promuovere l’epidemiologia nell’ambito dei servizi del Sistema Sanitario Nazionale e di favorire la comunicazione ed il collegamento tra quanti sono impegnati nella ricerca epidemiologica in Italia e all’estero, ha promosso a Milano, nella scia degli interessi suscitati dall’EXPO un congresso su alimentazione/ambiente/salute/strategie di prevenzione.
Il 29 ottobre, durante il suddetto congresso, nell’ambito della “SESSIONE PLENARIA 3. STRAWBERRY FIELDS FOREVER. Salute, alimentazione e conflitti di interesse a cura dell’Associazione Alessandro Liberati , la dottoressa Serena Donati, che conosciamo bene per il suo continuo impegno su tutto quanto concerne donne e salute, invitata ad intervenire su “Conflitti non economici: ideologia, religione, salute” ha messo a fuoco l’argomento conflitti da un punto di vista illuminante:
-“ Gli interessi di natura ideologica e religiosa che contrappongono i diritti della madre con quelli del nascituro possono interferire con la capacità dei professionisti sanitari nell’assistere in maniera appropriata le donne in età riproduttiva”. Affermazione perentoria ma motivata.
L’autocoscienza per lei, professionista del settore, è in poche parole matrice di una nuova professionalità, non pratica obsoleta .
Ha infatti seguito gravidanze, parti, ha fatto contraccezione ,raccoglie ed elabora dati su tutti gli ambiti della riproduzione femminile , competente può quindi limitarsi a selezionare anche pochi esempi significativi circa la capacità dei professionisti sanitari di assistere le donne in età riproduttiva senza pregiudizi e per dimostrare che conflitti non solo economi derivano soprattutto “dalla tradizione filosofica che ha caratterizzato per secoli il pensiero bioetico relativo alle questioni riproduttive e che occorre elaborare nuovi orientamenti bioetici in grado di uscire dal conflitto madre/nascituro, ottimizzare gli esiti di salute per entrambi e restituire parola nelle scelte riproduttive alle donne, quali soggetti responsabili”. Due noti esempi di conflitti ideologici che attualmente interferiscono con l’autonomia delle donne nelle scelte contraccettive riproduttive sono:
– l’incongruenza tra la posizione espressa dal Consiglio Superiore di Sanità circa la richiesta obbligatoria di prescrizione medica per l’acquisto di Ellaone (contraccezione di emergenza)e il parere formulato dall’AIFA che ne prevede l’acquisto quale farmaco da banco (per le maggiorenni) come da raccomandazione dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) basata sulle prove di efficacia e sicurezza del principio attivo.
-i ritardi ed ostacoli all’aborto medico: la commercializzazione della pillola RU486 in Italia è avvenuta con 20 anni di ritardo rispetto alla Francia e con un protocollo diverso per cui l’aborto può essere effettuato solo entro 7 settimane invece di 9 in regime di ricovero, senza alcun vantaggio di salute per le donne e con svantaggio economico per il SSN che non riesce a ridurre le criticità organizzative legate all’offerta della interruzione di gravidanza chirurgica a causa dell’alta proporzione di professionisti sanitari che presenta obiezione di coscienza.
Alla base di questi conflitti è evidente la matrice religiosa che considera la riproduzione ” un ambito di esperienza normato dalla natura o da disegni soprannaturali e nel caso poi della matrice cattolica questa considera la gravidanza come compito, destino o natura delle donne” e introduce il concetto di “tutela” intesa come difesa dell’embrione e del feto in conflitto di interesse con la donna dal momento del concepimento a quello della morte. Visione tradizionale e patriarcale, ostacolo al riconoscimento della soggettività della donna incinta rispetto al nascituro .
In quanto alla matrice laica questa, circa contraccezione e aborto, si basa sul concetto di “autonomia liberale” intesa come libertà di scelta finché non si lede la libertà altrui, ma non prevede altrettanto in caso di gravidanza e parto contrapponendo gli interessi diretti o indiretti della donna con quelli di chi nascerà. Le donne sono più libere di scegliere di evitare o interrompere una gravidanza rispetto a come portarla avanti e come partorire.
Per determinare uno spostamento di questa cultura che in ogni caso prevede “donne fragili e passive, inadatte a vivere in autonomia l’esperienza della gravidanza e del parto e bisognose di rimettersi a qualche autorità competente si può prendere in considerazione la cultura di matrice femminista che si muove in una prospettiva di genere ed è portatrice del concetto di “autodeterminazione” inteso come libertà della donna di disporre del proprio corpo in ogni scelta riproduttiva senza alcuna interferenza esterna.
In questa direzione non si può trascurare la nuova matrice bioetica proposta della filosofa Caterina Botti (Madri cattive, il Saggiatore editore) che introduce il concetto di “autonomia in relazione” intesa come libertà, ma anche come responsabilità della donna. La donna, grazie alla posizione di responsabilità e di relazione affettiva e sentimentale che detiene con chi nascerà, ha competenza per giudicare in libertà ciò che è giusto. L’autodeterminazione in questo caso si attua in relazione e permette di evitare di contrapporre i diritti della madre e quelli del nascituro. Il possibile conflitto sussiste sempre ma non si può risolvere premiando gli interessi dell’uno o dell’altra. Perché non si può tutelare il benessere del bambino se questo va contro il benessere della madre.
a cura dell’Associazione italiana di epidemologia
17/11/2015 www.womenews.net
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