Contro il mercato della salute. Intervista a Iona Heath

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Iona Heath, già medico di base e per molto tempo presidente del Royal College of General Practicioners, ha guidato tra il 2004 e il 2009 il comitato etico del British Medical Journal. Da sempre impegnata nel condannare la progressiva privatizzazione dell’assistenza medica, nel suo ultimo breve saggio, Contro il mercato della salute, compie un’analisi sulla condizione dei sistemi sanitari nei paesi sviluppati, con una particolare attenzione alle disuguaglianze nella salute e nell’accesso alle cure. Da anni punto di riferimento di un’idea di salute che contrasta l’overdiagnosis e le politiche sanitarie discriminatorie, Iona Heath ritiene che il sistema sanitario sia la soluzione tecnica che la politica propone a un problema soprattutto sociale.

Le abbiamo rivolto alcune domande sul ruolo dei determinanti sociali della salute e delle politiche sanitarie, e su quanto influiscano sulla qualità della vita e sul benessere degli individui.

Quali sono oggi i più importanti determinanti sociali della salute?
La povertà, direi, è il principale: tutti i determinanti sociali della salute sono in stretta relazione con condizioni di povertà, non solo di tipo economico. C’entrano anche la quantità e la qualità del lavoro, l’accesso alla educazione. Qualsiasi tipo di privazione si possa pensare quando si parla di povertà, alla fine tende a ridursi in povertà finanziaria, inasprita talvolta da fattori come il razzismo, la discriminazione di genere (e non solo), e l’intolleranza religiosa. Credo che oggi sia molto importante dare alle persone la possibilità di una migliore distribuzione di risorse e di opportunità rispetto a quanto vediamo accadere tutti i giorni. È fondamentale per ogni individuo avere la possibilità di vivere in modo produttivo e appagante, per dare un senso alla propria vita. Anche questi, a mio parere, sono da considerarsi fattori essenziali per una condizione di benessere. Kenneth Calman , uomo di medicina e ricercatore scozzese, ha definito la qualità della vita come il divario tra aspettativa ed esperienza. Ecco, in fatto di salute, credo che le aspettative di rado corrispondano all’esperienza. La definizione dell’OMS di completo benessere psicofisico rimuove la dimensione della qualità della vita suscitando delusione, e anche rabbia, nelle persone e senso di frustrazione nei medici. La salute non corrisponde a uno stato di perfezione ed è costruita socialmente all’intersezione fra biologia e cultura. La sua definizione, a seconda del momento storico e del contesto in cui si vive, può cambiare.

Da che cosa dipende l’attuale disattenzione verso i determinanti sociali della salute?
In molti paesi le élite politiche stanno facendo sì che i ricchi diventino ancora più ricchi, trascinando i poveri a essere ancora più poveri, e permettendo nuovi depauperamenti socio-economici. Ora, se si collega questo trend al tema della salute lo scenario che si propone è il seguente: è il singolo cittadino, con i propri mezzi, che deve provvedere alla propria salute. Ciò significa avallare una sorta di modernizzazione dei determinanti sociali della salute che vengono così spogliati del loro vero significato e alla fine ignorati. Lo Stato sociale, considerato il grande pilota del progresso sociale post-bellico, è oggi visto come uno sperpero di ricchezza e di impresa. Viviamo sotto la dittatura del capitalismo finanziario e prevale la tirannia del profitto. E se questo è il contesto, difficile parlare di care (l’insieme di attenzione, sollecitudine, condivisione e dedizione) sacrificata per lo più alle procedure mediche. La medicina è diventata oggi complice dell’errata aspirazione a cercare soluzioni tecnologiche all’eterno problema esistenziale posto dalla finitezza della vita e dall’ineludibilità della sofferenza.

Come accedere alle cure in una situazione in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri?
Le classi benestanti traggono vantaggio da questa situazione di crisi economica. È incredibile come le persone più ricche ottengano di più di quanto abbiano realmente bisogno. Sembra andato perso l’enorme capitale di solidarietà sociale che si è visto nel mio Paese e in tutta Europa immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Penso ci sia stato un grande impegno per rendere la società più equa e per dare ai bambini maggiori opportunità durante il corso della loro vita. Credo che tutto questo sia lentamente venuto meno. La situazione oggi in Europa è paradossale: il potere dei ricchi si basa sulle tasse che pagano le classi meno agiate, mentre quelle più abbienti che hanno modo di condizionare l’opinione pubblica, distolgono l’attenzione da loro (e dai veri problemi) per rivolgerla a gruppi minoritari come i rifugiati, chiamati migranti, nonostante provengano dalle più drammatiche situazioni di guerra. Un modo per distrarre. Parole come “profughi”, “rifugiati”, “migranti” e “richiedenti asilo” vengono spesso usate (soprattutto dai media) come sinonimi o come termini sovrapponibili: in realtà indicano situazioni tra loro legate, ma di certo non coincidenti.

A livello mediatico, si insiste molto sulla promozione della propria salute. Con quale obiettivo?
Questo era ciò che intendevo quando parlavo di focalizzazione sull’individuo. Le persone sono sottoposte a una valanga di informazioni mediche, hanno mille paure legate alla propria condizione di salute, sono in cerca di consigli su che cosa dovrebbero o non dovrebbero fare per restare sane. Una sorta di pensiero ossessivo. Nessuno si preoccupa di verificare se queste stesse persone abbiano un lavoro appagante, se sono in grado di gestire determinate situazioni della propria vita, se guadagnano abbastanza per procurare il sostentamento alla propria famiglia… Tutti determinanti della salute molto più incisivi che l’andare dal medico al primo sintomo, o sottoporsi a ogni sorta di screening diagnostico per prevenire presunte malattie, alimentando il fenomeno dell’overdiagnosis che ci trasforma tutti in sani ammalati. Quasi trent’anni fa David Metcalf , un medico, ha messo in guardia i colleghi invitandoli a evitare “l’esuberanza diagnostica o diagnostica del singolo caso che rende ciechi di fronte al bisogno di libertà e dignità dei pazienti”.

Qual è la responsabilità dei media in questo contesto?
La maggior parte dei media mainstream dei paesi ricchi, e probabilmente anche dei paesi poveri, sono controllati dai poteri forti – credo che l’Italia stia fornendo un esempio da questo punto di vista – e quindi non sono interessati a porre l’attenzione sui determinanti sociali o ad assumere un atteggiamento critico. Inoltre i media prediligono le storie delle cure miracolose che trasmettono un messaggio di onnipotenza della scienza medica. In ogni caso storie che fanno leva sul pathos e che tendono a esagerare i benefici della medicina, tralasciando marcatamente i temi legati ai determinanti socio-economici della salute. La retorica medica contemporanea dei Paesi ricchi ha sviluppato un’idea distorta di che cosa significhi essere sani. La maggior parte delle persone vive più a lungo e in condizioni di salute migliori che in passato, eppure trascorre la vita sentendosi malata e preoccupandosi per la propria salute. La medicina contemporanea insiste ad attribuire a un numero sempre maggiore di individui l’etichetta di malato o di persona con il rischio di ammalarsi. I miei colleghi francesi parlano di “knockizzazione” della società, riferendosi all’opera teatrale di Jules Romains del 1923, intitolata Knock, o il trionfo della medicina. Una antesignana esplorazione dei potenziali interessi privati dei professionisti della salute: Knock terrorizza tutti gli abitanti di una cittadina rurale circa il proprio stato di salute, mettendoli in guardia sulle minacce occulte cui potrebbero essere esposti. Nel giro di pochi mesi ha un numero talmente alto di pazienti che l’albergo della cittadina viene convertito in un lucroso ospedale. Oggi l’interesse personale opera in tutti i campi della sanità.

In Inghilterra, dove è nato il sistema sanitario pubblico, si sta virando verso il privato. Pensa potrebbe accadere anche in Italia?
Non saprei dove andremo a finire in realtà, perché le società private che forniscono servizi sanitari ora sono meno entusiaste. Fornire servizi sanitari di emergenza richiede moltissimi soldi e nessuna di queste compagnie private ha ancora proposto di tassare i cittadini in via indiretta per sostenere le spese sanitarie. I principi del National Health Service (NHS) reggono ancora, nonostante la presenza dei privati. Penso che la maggior parte dei governi di destra in Europa stia facendo pressione per smantellare il sistema sanitario pubblico e rimpiazzarlo con un sistema basato sulle assicurazioni a danno dei più deboli e dei più vulnerabili, ma credo che non ci siano ancora di fatto riusciti.

Il ruolo della World Health Organization (WHO) in fatto di determinanti della salute?
Penso che la WHO faccia davvero tantissima fatica a tenere in agenda i determinanti sociali della salute. Al momento ha un problema reale: non ha sufficienti finanziamenti da parte degli Stati membri e per questo entra in relazioni poco trasparenti e conflittuali con aziende “for profit”. Purtroppo, e mi ripeto, il sostegno alla salute basato sulla solidarietà sta subendo una forte erosione.

Il futuro dell’Europa rispetto ai determinanti sociali della salute?
Penso ci sia bisogno di una generazione di politici che siano davvero sensibili al benessere della popolazione e credo che non ne avremo a breve in gran parte degli Stati europei. Quanto ci vorrà perché le cose migliorino? Non lo so, ma prima o poi succederà. Voglio essere ottimista.

Federica Lavarini, Master in comunicazione della scienza alla SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) di Trieste

Bibliografia

  1. Iona Heath. Contro il mercato della salute. Torino: Bollati Boringhieri, 2016.
  2. Downie RS and Calman KC, Healthy Respect. Ethics in Health Care, Oxford Medical Publications. Oxford University Press, 1994, Oxford.
  3. David Metcalf. William Pickles lecture 1986. The crucible. J R Coll Gen Pract 1986 ;36(289):349-54.
  4. Jules Romains. Knock ou le Triomphe de la médecine, Gallimard, Paris 1924 (ed. italiana Jules Romains, Knock o il trionfo della medicina (Commedia in tre atti), Liberilibri, Macerata 2007.

Federica Lavarini

14/12/2016 www.saluteinternazionale.info

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