Contro la tratta di donne e minori
ROMA – Ragazze nigeriane e romene buttate per strada. Minori egiziani, bengalesi e albanesi costretti a spacciare. Giovani somali ed eritrei, “in transito” nel nostro Paese, vittime di sfruttamento. Alla vigilia della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani (che si celebra il 30 luglio), Save the Children mappa gli orrori del 2016 nel dossier “Piccoli schiavi invisibili”. A partire da un dato: nel nostro Paese la tratta di persone costituisce la terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali, dopo il traffico di armi e droga. Sbarchi: il boom dei bambini soli. I minori vittima di schiavitù nel mondo sarebbero un milione e 200mila. Una vittima di tratta su cinque è un bambino o un adolescente. “Quello della tratta è un fenomeno estremamente complesso – si legge nel dossier – soprattutto in Italia, che spesso coinvolge minori stranieri non accompagnati, cioè senza adulti di riferimento, molti dei quali sono in transito nel nostro Paese e si spostano da una città all’altra. Basti pensare che in Italia, tra gennaio e giugno 2016, sono arrivate via mare 70.222 persone in fuga da guerre, fame e violenze. Di queste 11.608 sono minori, il 90% dei quali (10.524) non accompagnati, un numero più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (4.410 da gennaio a giugno 2015)”.
Ragazze in vendita e baby spacciatori. Tra i minori vittima di tratta e sfruttamento in Italia, molte sono le ragazze nigeriane, romene e di altri Paesi dell’Est Europa, sempre più giovani, costrette alla prostituzione su strada o in luoghi chiusi. Attraverso le attività delle unità mobili, Save the Children ha anche intercettato gruppi di minori egiziani, bengalesi e albanesi inseriti nei circuiti dello sfruttamento lavorativo e nei mercati del lavoro in nero, costretti a fornire prestazioni sessuali, spacciare droga o commettere altre attività illegali. A destare particolare preoccupazione sono poi i minori “in transito”, tra i quali spiccano eritrei e somali che, una volta sbarcati sulle nostre coste, in assenza di sistemi di transito legali e protetti, si allontanano dai centri di accoglienza e si rendono invisibili alle istituzioni nella speranza di raggiungere il Nord Europa, divenendo facili prede degli sfruttatori.
Il business degli sfruttatori. Nel nostro Paese, la tratta di persone costituisce la terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali, dopo il traffico di armi e di droga. Il numero dei procedimenti a carico degli sfruttatori, e soprattutto quello delle condanne in via definitiva, rimane però limitato. In Italia, dal 2013 al 2015, sono stati denunciati per reati inerenti la tratta e lo sfruttamento un totale di 464 individui, alla maggior parte dei quali viene contestato il reato di riduzione in schiavitù. Per lo specifico reato di tratta di persone sono stati arrestati più di 190 soggetti di nazionalità prevalentemente romena, albanese e nigeriana. Secondo i dati riportati dal ministero della Giustizia, il 12% degli autori di reati connessi alla tratta e allo sfruttamento sono di nazionalità italiana.
Il caso delle schiave nigeriane. Il numero delle minori nigeriane arrivate in Italia è in continuo aumento: nei primi sei mesi del 2016, sono state registrate 3.529 donne di nazionalità nigeriana sbarcate sulle nostre coste, tutte molto giovani, e 814 minori non accompagnati. “Questo dato riflette un trend in aumento che ha visto un incremento del 300% degli arrivi di ragazze nigeriane nel nostro Paese tra il 2014 e il 2015″. La maggior parte di loro sono adolescenti di età compresa tra i 15 e i 17 anni, con un numero crescente di bambine di 13 anni.
Secondo le testimonianze raccolte da Save the Children, le ragazze vengono adescate nel circuito della tratta tramite conoscenti, vicini di casa, compagne di scuola o spesso anche sorelle maggiori già arrivate in Italia. Una volta reclutate, vengono costrette a un giuramento tramite i riti dello juju o del voodoo, con cui si impegnano a restituire allo sfruttatore il proprio debito, che si aggira tra i 20.000 e i 50.000 euro. Spesso vengono costrette alla prostituzione già durante il viaggio che le porterà in Italia, mentre attraversano il Niger e durante la successiva sosta in Libia. Molte ragazze vengono indotte alla prostituzione già nelle aree limitrofe ai centri di accoglienza, oppure vengono trasferite dai trafficanti in Campania per essere smistate e distribuite nelle principali città italiane. Le ragazze sono costrette a pagare un affitto sia per il luogo in cui vivono che per il marciapiede, con un costo per quest’ultimo che va dai 100 ai 250 euro al mese.
I ragazzini egiziani. I ragazzi egiziani condividono l’esigenza di dover mandare soldi a casa per pagare il debito contratto dalla famiglia prima della partenza e questo li trasforma in facili reclute del lavoro nero. A Milano e Torino, la maggior parte viene sfruttata in pizzerie, panifici o mercati ortofrutticoli. A Roma, sono tantissimi i minori egiziani che lavorano all’interno dei mercati generali della frutta e verdura, nelle pizzerie, negli autolavaggi o nelle frutterie. Vengono pagati pochissimi euro e a volte non vengono proprio retribuiti, con la scusa che il lavoro svolto costituisca un apprendistato. In alcuni casi, sono anche vittime di sfruttamento sessuale o coinvolti in attività illegali come lo spaccio di sostanze stupefacenti.
Vladimiro Polchi
4/8/2016 www.migrantitorino.it
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