Costruire un sistema sanitario pubblico nel Rojava in guerra
L’intervista a Cwan Fadel, responsabile Diplomazia e Relazioni Estere dell’Autorità di Salute dell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord-Est (DAANES), spiega i problemi che l’Amministrazione Autonoma ha dovuto affrontare per ricostruire un sistema sanitario pubblico in un Rojava di nuovo sotto attacco turco e internazionalmente isolato
Abbiamo intervistato a Cwan Fadel, responsabile Diplomazia e Relazioni Estere dell’Autorità di Salute dell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord-Est (DAANES). Sebbene la percezione diffusa del Rojava sia legata alla resistenza militare contro l’ISIS, negli ultimi 12 anni il DAANES ha lavorato per sviluppare nelle aree liberate un sistema di autogoverno basato sui principi del Confederalismo Democratico. Una delle aree che la DAANES individua come critiche, sia per garantire i bisogni della popolazione colpita da oltre un decennio di guerra civile, sia per gettare le fondamenta per una società equa, è la costruzione di un sistema sanitario pubblico efficiente. Mentre nei primi anni, specialmente nelle fasi più violente della guerra, le ONG hanno dovuto sostenere i bisogni sanitari della popolazione del Nord-Est della Siria intervenendo di emergenza in emergenza, con lo stabilizzarsi della situazione l’Autorità di Salute ha iniziato a pianificare e costruire un sistema sanitario pubblico diffuso in tutta la regione. E oggi tutto questo è di nuovo sotto attacco.
Su quali principi è basato e come è strutturato il sistema sanitario dell’amministrazione autonoma democratica della Siria del Nord-Est?
Innanzitutto, è importante evidenziare la differenza tra il sistema sanitario attualmente presente sul campo e quello che si intende realizzare.
A causa di oltre 14 anni di guerra in Siria e dell’embargo economico e politico che colpisce la regione del Nord-Est, i servizi pubblici, in generale, sono stati gravemente deteriorati. Il sistema sanitario è profondamente frammentato: da una parte ci sono la maggioranza dei centri pubblici finanziati esclusivamente dall’Amministrazione Autonoma, dall’altra ci sono centri che ricevono finanziamenti da progetti di cooperazione internazionale; infine, vi è un settore privato, limitato all’assistenza ospedaliera e presente solo nelle città, assente nelle aree rurali.
La strategia sanitaria a lungo termine delle autorità locali mira a costruire un sistema sanitario pubblico e gratuito, con un focus sull’assistenza primaria e comunitaria e un’attenzione particolare alle condizioni di salute delle donne. Il modello sanitario attuale è stato finora molto ospedale-centrico, ma si cerca di portarlo verso le comunità, rafforzando l’assistenza ambulatoriale primaria.
Tuttavia, lo sviluppo di questo modello è costantemente minacciato dalle sfide che la regione affronta: una grande popolazione di sfollati interni, la gestione sanitaria di numerosi campi profughi, la difficoltà di accesso a materiale medico, farmaci e finanziamenti esterni per il sistema sanitario pubblico e la mancanza di personale specializzato. Tutto questo è aggravato dalla crisi economica che colpisce l’intera Siria.
Ma esistono fattori che sfuggono al nostro controllo e che rendono difficile la risposta alle emergenze sanitarie. La chiusura delle dighe del fiume Eufrate in Turchia comporta da un lato una drammatica riduzione del flusso del fiume, da cui dipende la sicurezza alimentare di una gran parte della regione. La diminuzione dell’acqua disponibile per l’irrigazione ha portato come conseguenza cattivi raccolti e un aumento dei casi di malnutrizione acuta infantile. D’altra parte, le condizioni di ristagno dell’acqua facilitano la diffusione delle zanzare, causando epidemie di leishmaniosi ogni anno.
A ciò si aggiungono gli attacchi turchi contro le infrastrutture sanitarie e i servizi vitali, come stazioni elettriche, del gas o di pompaggio dell’acqua. Questo crea gravi problemi di accesso all’acqua potabile per le popolazioni colpite, in un contesto in cui i focolai di colera sono frequenti. Tutto ciò dimostra che la risposta alle emergenze di salute pubblica non dipende solo dalle capacità dell’Autorità Sanitaria, ma anche in larga misura dal contesto geopolitico.
Quante persone beneficiano dei servizi della sanità pubblica?
Le autorità locali stimano che la popolazione del Nord-Est della Siria sia di circa 5 milioni di abitanti. Più della metà sono donne, e l’elevata natalità richiede di rispondere a una grande domanda di assistenza ostetrica e pediatrica, poiché circa il 18% della popolazione ha meno di cinque anni. A questo si aggiunge una notevole prevalenza di malattie croniche, come diabete e patologie cardiovascolari, oltre ai casi di cancro, per i quali attualmente non esistono mezzi terapeutici adeguati nella regione.
Date le difficili condizioni economiche della regione e tenendo presente che ci sono oltre 300.000 rifugiati o sfollati interni, il sistema sanitario pubblico rappresenta l’unico mezzo di accesso all’assistenza sanitaria per la maggior parte della popolazione. Il numero di utenti continua a crescere, anche a causa degli spostamenti di persone provocati dalle crisi che colpiscono la regione. Di recente, circa 30.000 rifugiati dal Libano sono arrivati nel Nord-Est della Siria e il numero continua ad aumentare.
Quali sono le sfide principali che il sistema sanitario deve affrontare?
Le difficoltà che affronta il sistema sanitario sono molteplici, ma si possono identificare due ostacoli principali per il suo sviluppo: la mancanza di accesso a determinati farmaci e forniture mediche, a causa dell’embargo che colpisce il Nord-Est della Siria, e la carenza di professionisti medici, soprattutto specialisti.
A questo si aggiungono fattori legati alla geopolitica della regione, fortemente influenzata da attori esterni alla Siria. Ad esempio, le agenzie dell’ONU (come l’Organizzazione Mondiale della Sanità) e i fondi di cooperazione internazionale (dipendenti da stati o da entità sovranazionali) si rifiutano di mantenere un’interlocuzione diretta con l’Autorità Sanitaria, e finora comunicano con noi solo indirettamente attraverso le ONG. Tuttavia, in altre regioni della Siria controllate da altri attori politici, questa interlocuzione diretta tra agenzie dell’ONU e fondi di cooperazione con le autorità sanitarie locali è consentita.
In primo luogo, è importante ricordare che il Nord-Est della Siria è l’unica regione del paese senza alcun valico di frontiera ufficiale con l’estero, a differenza dei territori occupati dalla Turchia o controllati dal regime di Assad. L’unico valico di frontiera ufficiale che collegava il Nord-Est della Siria con l’Iraq, il passaggio di Al-Yaroubiyah, è chiuso dal 2020 per veto russo e cinese dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questo rende estremamente difficile l’arrivo degli aiuti umanitari, che possono essere trasportati solo attraverso valichi non ufficiali. Di conseguenza, la maggior parte delle organizzazioni umanitarie non può inviare materiali nella regione, e le agenzie ONU operano in modo molto limitato.
Inoltre, la regione è circondata da attori politici ostili, il che ha portato a una situazione di embargo che impedisce l’ingresso di attrezzature essenziali, anche per uso civile. L’Autorità della Sanità del Nord-Est della Siria non è autorizzata ad acquistare e trasportare farmaci o materiali medici attraverso la frontiera a proprio nome. Questo è permesso solo a determinate aziende e organizzazioni internazionali, perpetuando una situazione di dipendenza e limitando le possibilità di sviluppo del sistema sanitario pubblico.
Sebbene il peso del finanziamento dei fondi di cooperazione internazionale nel Nord-Est della Siria sia piuttosto rilevante, il problema deriva dal modo in cui tali fondi vengono gestiti. La maggior parte dei grandi donatori e fondi di cooperazione statali e sovranazionali negoziano e decidono i loro interventi umanitari dialogando esclusivamente con grandi ONG, escludendo le autorità sanitarie locali dal processo di analisi e decisione. Questo, oltre a minare l’autonomia del sistema sanitario, porta a evidenti problemi di coordinamento, conflitti di interesse e duplicazione degli interventi.
Il secondo grande ostacolo è la carenza di personale medico, in particolare di specialisti. Dall’inizio del conflitto nel 2011, la Siria ha visto un esodo massiccio di professionisti sanitari, colpendo con particolare forza regioni già sottodotate prima del conflitto, come il Nord-Est. Non esisteva nessuna facoltà di Medicina nei territori che ora fanno parte della DAANES, e i programmi di specializzazione medica erano limitati a pochi centri. Questo ha impedito il ricambio dei medici che hanno lasciato la regione durante i 14 anni di guerra.
Questa mancanza di professionisti è aggravata dalle differenze salariali: le ONG che implementano progetti sul campo pagano ai medici locali stipendi inaccessibili per il settore pubblico. Ciò ha causato un esodo di professionisti qualificati dagli ospedali pubblici verso i progetti finanziati dalle ONG, con l’ulteriore problema della temporaneità di questi progetti: alcuni servizi sanitari funzionano solo fino a quando dura il finanziamento di una determinata ONG. Quando tale finanziamento termina e la gestione del servizio ritorna al settore pubblico e ai suoi livelli salariali, i medici rinunciano alla loro posizione per cercare una nuova opportunità lavorativa finanziata da organizzazioni umanitarie, il che spesso comporta una forte riduzione e limitazione dei servizi.
Cosa state facendo per risolvere questi problemi, garantire e migliorare il servizio?
In primo luogo, si sta cercando di rafforzare il coordinamento e il dialogo con istituzioni internazionali e organizzazioni umanitarie. Sebbene queste organizzazioni abbiano svolto un ruolo fondamentale nei momenti più critici, rispondendo rapidamente alle diverse emergenze che hanno colpito il territorio, lo scenario attuale è cambiato e richiede una risposta diversa. Gli interventi non possono più essere focalizzati esclusivamente sulla risposta a breve termine a problemi sanitari acuti, con progetti di breve durata e obiettivi limitati. La situazione attuale richiede invece strategie a lungo termine, orientate non alla risposta immediata ai bisogni, ma alla costruzione di un futuro sistema sanitario pubblico, universale e gratuito.
Con questo obiettivo, è stato creato un comitato congiunto dedicato alla ricostruzione del sistema sanitario. In questo comitato vengono trattati temi come la distribuzione dei servizi sul territorio, il fabbisogno di personale sanitario o l’armonizzazione salariale tra il settore pubblico e le ONG. Inoltre, si sta cercando di rafforzare il dialogo diretto tra l’Autorità della Salute e gli enti pubblici internazionali, poiché riteniamo che garantire i servizi sanitari essenziali alla popolazione non possa essere oggetto di veto politico.
Per quanto riguarda la mancanza di personale medico, si stanno facendo progressi importanti. Per alleviare la carenza di medici, nel 2016 è stata fondata la Facoltà di Medicina dell’Università di Rojava, dipendente dall’Amministrazione Autonoma. È stata trasferita due volte, nel 2018 e nel 2019, a causa dell’occupazione turca delle città in cui aveva sede, prima Afrin e poi Serekaniye. Tuttavia, nonostante tutte le sfide, nel 2023 si è laureata la prima classe di medici e dottoresse formati interamente nel Nord-Est della Siria.
Il programma di studi è stato elaborato secondo gli standard internazionali. La formazione di base dura 6 anni, come in qualsiasi altro paese, alternando lezioni teoriche con una componente pratica significativa e l’ultimo anno è costituito esclusivamente da tirocini ospedalieri. Inoltre, la maggior parte degli studenti sono donne, contribuendo a rompere la predominanza maschile nella professione medica in questa regione.
Il passo successivo è la formazione degli specialisti. La capacità di formare medici generali in modo autonomo è un grande traguardo, ma la regione ha bisogno di specialisti in ginecologia, pediatria, chirurgia, ecc. A tal fine, l’Autorità della Salute e l’associazione CAM-MEK hanno analizzato le capacità presenti sul territorio e preparato una proposta di programma formativo post-laurea per le specialità più essenziali.
CAM-MEK è un’associazione composta da volontari internazionali e da professionisti che lavorano nel nostro sistema sanitario pubblico, che fornisce supporto tecnico all’Autorità di Salute e collabora nel mettere in contatto le iniziative internazionali coi nostri progetti e la strategia di salute pubblica delle istituzioni locali. Uno dei nostri principali punti strategici è la formazione sanitaria.
I primi medici specializzandi inizieranno la loro formazione a gennaio 2025, e la formazione durerà 5 anni. CAM-MEK sta coinvolgendo docenti e istituzioni accademiche europee per partecipare alla revisione dei programmi formativi e collaborare alla formazione specialistica di questi giovani medici. Inoltre, si sta procedendo alla ristrutturazione dell’ospedale di Raqqa, dove inizierà il programma formativo e dove risiederanno i medici in formazione. Recentemente è stata avviata una campagna di raccolta fondi per realizzare i lavori necessari, coprire le esigenze dei medici specializzandi e fornire tutti i mezzi tecnici necessari per garantire l’apprendimento delle competenze fondamentali per ciascuna specialità.
Quali sono le tue prospettive rispetto al futuro della sanità pubblica della DAANES?
La situazione sanitaria nel Nord-Est della Siria riflette le condizioni politiche e sociali più ampie della regione. In questo contesto, pensare al futuro del sistema sanitario richiede, in primo luogo, una prospettiva integrata che includa la stabilità politica, la fine del conflitto armato e il rispetto dei diritti fondamentali della popolazione. Lo sviluppo di un sistema sanitario funzionale e sostenibile è strettamente legato all’evoluzione di questi fattori, il che pone una sfida considerevole in un territorio che per anni è stato colpito dalla guerra e dall’instabilità.
Uno dei principali ostacoli è che la pace in Siria, e in particolare nel suo Nord-Est, non dipende solo dagli attori locali. Si tratta di uno scenario geopolitico in cui intervengono molteplici forze internazionali, ciascuna con i propri interessi e obiettivi. Pertanto, le negoziazioni per la pace e la stabilità non sono semplici. A questo si aggiungono le condizioni di blocco economico, le continue minacce militari e gli attacchi contro infrastrutture civili vitali da parte dello stato turco, oltre a un flusso continuo di rifugiati e sfollati interni.
Tuttavia, la costruzione di un futuro per la sanità nel Nord-Est della Siria non deve attendere la risoluzione completa di tutti questi problemi. Nonostante le difficoltà, bisogna continuare a lavorare per garantire il diritto della popolazione al massimo livello di salute possibile, anche in un contesto di crisi. Le autorità sanitarie locali, in coordinamento con gli attori internazionali che vogliono partecipare, continueranno a lavorare su iniziative che migliorino l’accesso all’assistenza sanitaria, che rafforzino le capacità locali di risposta alle emergenze sanitarie e che formino i professionisti sanitari che ancora operano nella regione.
Foto di copertina Centro Sanitario Gurke Lege di Staffetta sanitaria per il Rojava
In queste ore la Siria del Nord-est e il suo esperimento democratico sono ancora sotto attacco, la Mezzaluna Rossa ha aperto una raccolta fondi di supporto. Difendere il Rojava significa difendere i diritti umani di tuttx.
Coordinate bancarie per donazioni:
MEZZALUNA ROSSA KURDISTAN ITALIA ONLUS
Banca Popolare Etica s.c.p.a – Filiale di Firenze
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Scrivi “aiuti emergenza NES” nella causale.
Tiziano Saccucci
6/12/2024 https://www.dinamopress.it/
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