Covid: vaccini “top secret”

L’accordo siglato tra la Commissione Ue e Astrazeneca per l’acquisto di 300 milioni di dosi di vaccino anti Covid è stato secretato. L’accordo resterà quindi riservato tra la Commissione e l’azienda che produce il vaccino messo a punto dall’Università di Oxford, in collaborazione con l’italiana Irbm di Pomezia e con gli investimenti del filantro-capitalista Bill Gates.

Il contenuto resta inaccessibile anche al Parlamento europeo, che lamenta la poca trasparenza di Bruxelles sulla questione. Il 27 agosto la Commissione Ue ha siglato un contratto per “acquistare 300 milioni di dosi del vaccino prodotto da AstraZeneca, con un’opzione per l’acquisto di ulteriori 100 milioni di dosi da distribuire in proporzione alla popolazione”. L’accordo permetterà di acquistare il vaccino per tutti gli Stati membri dell’UE, oltre che di donarlo ai paesi a reddito medio-basso o ridistribuirlo ad altri paesi europei.

Risulta assurdo che ancora oggi sia impossibile accedere alle informazioni che riguardano l’entità degli accordi, i tempi stimati, i prezzi del vaccino e le clausole di responsabilità. Secondo Sandra Gallina, direttrice generale della direzione generale Salute e sicurezza alimentare, in una risposta inviata al quotidiano La Verità, Bruxelles si appella all’articolo 4 del regolamento 1049/2001:“I documenti che contengono informazioni commerciali sensibili, la cui diffusione al pubblico potrebbe compromettere la protezione dei legittimi interessi delle aziende, sono coperte dalla protezione degli interessi commerciali”.

Secondo Bruxelles quindi il “top secret” servirebbe per tutelare gli interessi commerciali di AstraZeneca da eventuali concorrenti che potrebbero avere accesso alle sue informazioni commerciali. Ma cosa ha da nascondere? È giusto che i cittadini europei non possano sapere cosa prevede quel contratto? È giusto che si decida sulla salute dei cittadini europei senza che gli organi rappresentativi dei suoi cittadini, come dovrebbe essere il Parlamento Europeo, vengano coinvolti nei processi decisionali? Perché a scegliere della salute dei cittadini non è un organo rappresentativo, ma un organo nominato come la Commissione Europea con aziende farmaceutiche private? La segretezza potrebbe esser giustificata anche da accordi in cui l’Ue solleva Astrazeneca dalla responsabilità di eventuali danni?

Il Parlamento Europeo a settembre aveva organizzato un’audizione invitando le case farmaceutiche ad esporre sui contratti e sui vaccini. Tra gli invitati solo Sanofi e CureVac erano presenti, mentre AstraZeneca ha declinato l’invito. Sanofi, in audizione, ha raccontato di aver due vaccini candidati, in fase di sperimentazioni diverse frutto di un partenariato con GlaxoSmithKline.

Il primo vaccino si basa su approccio con proteine Sanofi e integratori Gsk, mentre il secondo è legato alla biotech Translate Bio, una tecnologia innovativa Rna. Nonostante ciò anche Sanofi è stato criptica nel rispondere sull’accordo con l’UE. Presente all’audizione anche CuraVec che con la Commissione ha negoziato l’acquisto di 225 milioni di dosi di vaccino, lavorando su una tecnologia Rna che, a detta del suo chairman Jean Stéphenne, fino ad oggi è un’assoluta novità. Ad oggi su AstraZeneca, invece, sappiamo che il candidato vaccino attualmente è in fase III di sperimentazione, che ha previsto 30.000 partecipanti provenienti da Stati Uniti, Regno Unito, Brasile e Sud Africa, che da una robusta risposta immunitaria negli anziani e che ci verrà somministrato in futuro. Nulla di più nulla di meno.

“Oggi abbiamo pochissime informazioni sui termini dei contratti che sono stati firmati dalla Commissione Europea e da alcuni laboratori. Volevamo avere maggiori informazioni sugli impegni presi dai grandi laboratori, se saranno all’altezza di quanto sottoscritto e se saranno in grado di assumersi le proprie responsabilità. Anche l’ammontare di questi contratti, non lo sappiamo”, ha detto l’eurodeputato francese centrista Pascal Canfin, Presidente della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sottolineando che “La mancanza di trasparenza di questi contratti è evidente”.

AstraZeneca aveva sospeso tutti i test clinici sul vaccino dopo il caso di mielite traversa, un’infiammazione al midollo spinale innescata da infezioni virali, riscontrata in un paziente e la morte di un giovane volontaria in Brasile. Dopo che la Food and Drug Administration aveva permesso la ripresa della sperimentazione del vaccino di AstraZeneca anche negli Usa, AstraZeneca si è sentita assolta da dover dare spiegazioni in materia di salute pubblica e legittimata nel proseguire le sue sperimentazioni. Forse perché dopo lo stop ha avuto un calo del 6% a Wall Strett? Non possiamo saperlo.

Il campanello d’allarme però ci è suonato da lontano: il Perù, uno dei Paesi più colpiti dal Covid, non ha firmato l’accordo per l’acquisto di futuri vaccini da AstraZeneca perché il laboratorio britannico-svedese si è rifiutato di fornire dati sufficienti sulla base del quale firmare un accordo preliminare. “AstraZeneca non ci ha fornito tutti i risultati dei test, nemmeno di quelli che hanno fatto in Inghilterra”, ha dichiarato il primo ministro Walter. La ministra della Salute peruviana Pilar Mazzeti ha dichiarato che tutti i Paesi sono disposti a correre un certo rischio di fronte ad un vaccino di emergenza, però deve trattarsi di un rischio relativo e informato. La questione però non si fermerebbe ai soli dati perchè Astrazeneca avrebbe chiesto una considerevole somma di denaro che non sarebbe stata restituita nel caso “il vaccino fallisse”. In più, stando alle parole del premier peruviano, la casa farmaceutica ha offerto minori quantità di vaccini rispetto ad altre che hanno offerto grandi quantità e a costi inferiori. Il fatto che AstraZeneca nonvoglia dare documentazioni sufficienti agli enti governativi sui suoi studi, fa sospettare di operazioni che già in passato aveva commesso.

Nella sua lunga storia l’azienda in questione non è certo non è estranea truffe, casi di malasanità derivati dalla mancata trasparenza, vedasi il Caso Seroquel, nel 2010, per il quale è stata condannata a pagare una multa di 520 milioni di dollari dopo essere stata accusata di aver fuorviato medici e pazienti enfatizzando la ricerca favorevole al farmaco Seroquel senza rivelare in maniera appropriata studi relativi al fatto che aumentava il rischio di diabete. Secondo quanto dichiarato da Piero De Lorenzo, patron della Irbm, dovrebbero arrivare in Italia circa 3 milioni di dosi entro fine anno, anche se sembra impossibile dato che la sperimentazione è ancora in atto. Il comportamento della casa farmaceutica dunque potrebbe essere potenzialmente in contrasto, in Italia, con le disposizioni del Codice del Consumo, previste dal Decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2005 in materia di tutela dei consumatori, il quale riconosce: la tutela alla salute, alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi, il diritto a un’adeguata informazione e a una corretta pubblicità, all’equità e alla trasparenza nei rapporti contrattuali.
In questo scenario, la Commissione Europea non si configura come vittima ma come organismo che garantisce il laissez faire ai colossi multinazionali che fanno della contraddizione salute-profitto il loro mercato in barba ai diritti delle persone.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

28 ottobre 2020

Articolo pubblicato sul numero di novembre del mensile Lavoro e Salute

http://www.lavoroesalute.org/

In versione interattiva http://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-novembre-2020/

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