“Crisi degli oppiacei” e i Sackler, gli intrighi dell’industria farmaceutica americana
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Patrick Radden Keefe traccia in ‘The Empire of Pain’ una storia dettagliata della dinastia multimilionaria che con OxyContin ha scatenato la “crisi degli oppiacei” negli Stati Uniti, un’epidemia che dal 1999 al 2019 ha mietuto tra le 400.000 e le 500.000 vittime, più di quelle della crisi sanitari da Covid-19 in Italia, più della guerra del Vietnam e dell’Aids. L’epidemia da oppiacei infatti si è aggravata durante i mesi della pandemia: l’anno scorso ha segnato il record di morti per overdose.
“The Empire of Pain” è un’ottima inchiesta giornalistica che mette alle strette i Sackler, famiglia proprietaria della Purdue Pharma, e gran parte dell’industria farmaceutica americana. Si tratta di uno scandalo che negli USA ha portato grandi case farmaceutiche a vendere, per anni, farmaci a base di oppio portando questi medicinali nella lista dei più venduti al mondo grazie ad un eccesso di prescrizioni.
Al centro dello scandalo ci sono stati grandi colossi farmaceutici, tra questi Purdue Pharma, azienda produttrice dell’Oxycontin, un farmaco che avrebbe dovuto «alleviare la sofferenza», e invece ne ha provocata molta di più. Il 24 novembre 2020 la stessa casa farmaceutica si è dichiarata formalmente colpevole ed è andata a un accordo con il Dipartimento di Giustizia statunitense da 8 miliardi di dollari per aver spinto i medici, con false informazioni e tangenti, a prescrivere le pillole del suo anti-dolorifico pur sapendo che creava dipendenza. Un effetto collaterale così grave da costringere i malati, diventati dipendenti e drogati, a cercare il farmaco sul mercato nero o, addirittura, a sostituirlo con la più economica eroina, per poi morire di overdose causata dal Fentanyl con cui l’eroina veniva tagliata.
Solo nel 2000 le vendite del farmaco Oxycontin immesso nel mercato nel 1996, valevano già 1,1 miliardi di dollari.
Tutto nasce con Arthur Sackler, psichiatra americano, commerciante di prodotti farmaceutici ed esponente di una delle più grandi e potenti famiglie nordamericane, la cui fortuna ha avuto origine nella pubblicità medica e nelle pubblicazioni commerciali. Anch’egli aveva la fama di “filantropo”, in quanto mecenate e il più grande collezionista d’arte cinese al mondo, che in seguito decise di donare allo Smithsonian. Era conosciuto come “filantropo” per aver fornito i fondi necessari per costruire numerose gallerie d’arte e scuole di medicina. Nonostante ciò il suo patrimonio era stato stimato in 140 milioni di dollari ( https://www.leagle.com/decision/1996231222ad2d91228 ).
Arthur però era anche un pioniere nella promozione della droga, realizzando due potenti farmaci alla guida dell’agenzia William Douglas McAdams che furono dei colossali successi per i laboratori Roche negli anni Sessanta e Settanta: Librium e Valium, due farmaci simili entrambi nella categoria dei “tranquillanti minori”. Furono i primi rimedi nella storia a superare i 100 milioni di dollari di giro d’affari. Come fece? Con un esercito di lobbisti che hanno sedotto i medici a prescriverli, ma anche attraverso un sistema di annunci pubblicitari e di operazioni di marketing farmaceutico ad hoc su riviste mediche di sua proprietà e altre che erano dipendenti da conti bancari che gestiva direttamente; su rapporti scientifici che garantivano la loro “sicurezza” e nascondevano il rischio di dipendenza; e su congressi che hanno celebrato quelle panacee dell’ “età dell’ansia”. Insomma, una fitta matassa di clientela che è letteralmente arrivata al cuore della Food and Drug Administration (FDA).
Ma la storia non finisce qui. Richard Sackler, nipote di Arthur, alla guida della Purdue Pharma, nel 1996 lancia l’OxyContin, antidolorifico considerato il principale fattore scatenante della crisi degli oppiacei che negli ultimi 25 anni ha causato circa 500.000 vittime negli Stati Uniti. I metodi usati da Purdue Pharma per spingere il suo farmaco erano quasi riconducibili a quelli usati con Librium e Valium, semmai moltiplicati, esattamente come i profitti: 35.000 milioni di dollari. Fu proprio così che l’OxyContin divenne un vero e proprio blockbuster, ovvero un farmaco che produce immensi guadagni in giro per il mondo e può valere da solo le sorti di una casa farmaceutica.
Ma lo scandalo della Purdue Pharma si allarga anche al business della droga. Intorno al 2010, l’autore di “Say nothing” ha rilevato che i cartelli messicani stavano iniziando a produrre eroina. Una mossa strana dal momento che sapeva che, mentre gli Stati Uniti demonizzano i trafficanti di droga messicani come generatori di offerta, i cartelli messicani osservano gli Stati Uniti dal punto di vista della domanda. “Ho iniziato indagando su ‘Chapo’ Guzmán e seguendo il filo ho raggiunto i circoli più elitari degli Stati Uniti, una famiglia fino a poco tempo fa considerata un modello di successo capitalista”, ha detto Radden Keefe. Gli Stati Uniti chiesero eroina e Fentanyl perché gli oppioidi legali avevano creato ondate di tossicodipendenti.
Come disse Keefe: “Il confine tra legale e illegale è tenue (…) Il trucco di OxyContin, e del resto degli oppioidi farmaceutici, è stato riuscire a vendere senza dire che creava dipendenza, quindi è stato prescritto in modo massiccio non solo per dolore da cancro ma anche per qualsiasi tipo di dolore”. Il problema è che crea dipendenza e ben presto milioni di pillole di oppioidi furono vendute sul mercato nero illegale, ma queste pillole diedero anche vantaggi legali alle compagnie farmaceutiche: dall’eroina si passò al Fentanyl messicano.
Ma come si sono diffusi gli oppiacei in modo del tutto legale? L’epidemia di oppiacei ha imperversato nelle aree rurali povere e bianche degli stati del sud come la Virginia, il Kentucky, Nord e Sud Carolina. Come ha spiegato Radden Keefe, ci sono diverse teorie sul motivo per cui è iniziata in quei luoghi. Una è che sono aree post-industriali, con alta disoccupazione e con abbondanza di malattie dovuto all’estrazione mineraria, principalmente carbone. Un altro è che sono aree isolate fuori dalle rotte delle droghe illegali, quindi zone in cui alcune droghe legali avrebbero potuto prendere più piedi. Ma una terza teoria, e molto più interessante, è che Purdue Pharma sia andata proprio in quelle zone perché sapeva che era terreno fertile per l’OxyContin. Questo era solo l’inizio, prima che gli oppiacei si diffondessero.
Come hanno dichiarato gli autori, è un dato di fatto che le zone in cui inizialmente la Purdue Pharma ha investito meno, ora hanno meno casi di dipendenza da eroina e da Fentanyl, rispetto alle aree in cui ha investito di più.
Gli avvertimenti iniziano nel 2006, quando Purdue Pharma ha risolto un caso giudiziario con un accordo che includeva una dichiarazione di colpevolezza nella gestione di OxyContin. Così facendo i Sackler sono rimasti intoccabili fino al 2018 anno in cui la famosa fotografa Nan Goldin, dipendente da OxyContin, ha letto un articolo di Radden Keefe su ‘The New Yorker’ ed ha iniziato a fare campagna tra le numerose istituzioni artistiche ed educative che avevano beneficiato della filantropia della famiglia Sackler: il Louvre di Parigi e il Metropolitan Museum of Art di New York, con la sua imponente Sackler Wing dedicata all’antico Egitto.
Sempre nel 2018, vari pubblici ministeri abbandonarono l’idea di perseguire Purdue per iniziare a perseguire la famiglia Sackler e Purdue, insieme ad altre aziende farmaceutiche, accettò di pagare miliardi di dollari per coprire queste cause.
Radden Keefe ad oggi non è particolarmente contento che la pubblicazione di “The Empire of Pain” abbia coinciso con la pandemia da Covid-19, poiché fa FDA è la stessa che ha dato il via libera ai farmaci a base di oppiacei ed è l’ente che ha dato il via libera ai vaccini sperimentali anti-Covid negli Stati Uniti. “Con quello che so, trovo un po’ scomodo portare il vaccino Pfizer” – ha scherzato Keefe – “I produttori farmaceutici sono guidati da interessi economici, non dalla salute pubblica, e quindi dobbiamo essere scettici nei loro confronti. Ma non tanto quanto lo sono i miei compatrioti con i vaccini anti-Covid”.
Il 1 settembre 2021, il giudice Robert Drain della U.S. Bankruptcy Court di White Plains, New York, ha annunciato che accoglierà con «piccoli cambiamenti» lo schema per la bancarotta di Purdue Pharma, e la famiglia Sackler (proprietaria del colosso) pagherà 4,5 miliardi di dollari che, assieme ai proventi della compagnia che rinascerà dalle ceneri di Purdue e con la quale i Sackler non potranno avere alcun legame, andranno a finanziare programmi di prevenzione e trattamento delle dipendenze in tutti gli Stati Uniti.
L’accordo dovrebbe chiudere migliaia di cause intentate dagli Stati ai privati agli ospedali. Erano 2.900 nel settembre 2019 quando Purdue presentò la domanda di fallimento che congelò tutte le azioni legali. Eppure a molti non è piaciuta come, de facto, la sentenza sia andata a favore della famiglia Sackler. Infatti, neanche un’ora dalla sentenza, lo stato di Washington e quello del Connecticut hanno annunciato che faranno appello.
«Questo è un risultato amaro, amaro», ha detto Drain ammettendo la frustrazione per il fatto che tanti dei soldi dei Sackler sono «intoccabili» perché parcheggiati in conti offshore. Il processo ha avuto momenti di grande tensione, soprattutto quando Richard Sackler, ex presidente, si è presentato al banco dei testimoni a metà agosto e ha detto di non ritenere né se stesso né la famiglia né l’azienda o i suoi prodotti responsabili della crisi, non ponendo mai né scuse né assunzioni pubbliche di responsabilità.
Lorenzo Poli
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
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