Cronaca e considerazioni su un confronto tra medici candidati alle elezioni.
Negli ultimi giorni della campagna elettorale, presso la sede dell’Ordine Provinciale dei Medici di Torino, si è svolto un incontro con alcuni medici candidati per le elezioni della Regione e delle Europee. Assente, non invitato, il medico (promotore di un’associazione di cura e sostegno ai migranti al confine della Francia) candidato nella lista “La Sinistra”. L’intenzione dell’Ordine era di CONOSCERE IL PUNTO DI VISTA DEI VECCHI E NUOVI MEDICI “POLITICI” , riferito in particolare ad alcune questioni definite fondamentali. Ciascun medico candidato aveva 5 minuti per esprimere il punto di vista personale e politico almeno sugli argomenti in questione.
Gli argomenti erano i seguenti:
sostenibilità del Servizio Sanitario;
appropriatezza relativa al percorso diagnostico e a quello terapeutico;
la sicurezza delle cure;
la carenza di specialisti e di medici di famiglia;
la relazione di fiducia fra cittadini e medici;
il Parco della Salute;
i malati cronici non autosufficienti;
le cure primarie al centro della sanità;
il diritto alla salute odontoiatrica;
la salute come bene comune.
Argomenti, come si può facilmente immaginare , non trattabili in pochi minuti e probabilmente neppure attraverso un convegno dedicato e organizzato singolarmente dai rispettivi partiti.
l’uditorio era estremamente ridotto, in gran parte erano presenti molti dei candidati di varie estrazioni politiche.
Solo due dei presenti si presentavano alle elezioni europee, a conferma dello scarso interesse per l’Europa, non solo da parte del pubblico, ma perfino dei rappresentanti politici. considerazione questa che conferma quanto poco sia stata trattata anche a livello locale la tematica elettorale europea, nonostante lo sforzo di qualcuno del risicato pubblico che aveva preventivamente letto i singoli programmi elettorali per “venire preparato” alla audizione.
Tutti i relatori hanno dovuto restringere il campo della analisi e si sono concentrati sugli argomenti che ritenevano prioritari e che vedremo.
Innanzi tutto l’argomento più esposto è stato quello della scarsità di personale medico e quindi della necessità di rimpolpare le piante organiche per tentare di risolvere i problemi, creando però non un salto generazionale, visti i numerosi pensionamenti e i posti vacanti quanto piuttosto puntare all’affiancamento del giovane con il “più esperto”.
Devo dire che questo problema da mesi sul tavolo è stato indecentemente non-affrontato dalla governance statale e regionale, lasciandolo sedimentare e marcire senza un piano, non dico strategico ma almeno organico.
I tentativi di soluzione sono bizzarri e invero legati alla necessità di trovare personale esperto sul mercato ed ecco che alcune regioni deliberano la possibilità di assumere nuovamente i pensionati come “”consulenti” a partita IVA.
Senza voler entrare nelle disquisizioni in materia fiscale ci si chiede perché la conferenza “Stato Regioni” non ha prodotto né aiutato a costruire un programma organico di pensionamenti e sostituzioni ed ha lasciato che accadesse quanto è sotto gli occhi di tutti cioè la scarsità o la mala distribuzione del personale.
Un candidato, già politico navigato, ha sfumato il problema affermando che si tratta proprio di una non corretta distribuzione del personale, facendo però riferimento al personale ospedaliero e non entrando nel merito del medesimo problema, relativo ai Medici di Medicina Generale, sempre più scarsi sul territorio.
Una seconda argomentazione sostenuta dai più e immediatamente connessa alla “carenza” di personale è quella della burocratizzazione dell’atto medico. Invero questo vale per tutte le categorie di clinici, e, laddove si tratta di strutture ospedaliere di eccellenza, il problema ricade sul personale in formazione specialistica o su alcuni strutturati che si fanno carico della risoluzione della burocrazia.
Questi due aspetti , vorrei precisare, sono ormai diffusi in gran parte d’Europa ove è presente un Sevizio Sanitario Pubblico e le ricadute immediate sono: riduzione del tempo da dedicare alla clinica e al rapporto con i pazienti e con i parenti, difficoltà, quando assenza, di presa in carico globale del paziente e della sua patologia ( tranne rare eccezioni presenti nella nostra regione: paziente oncologico, diabetico, HIV ).
La stragrande maggioranza dei pazienti dopo l’accesso alla struttura ospedaliera non viene instradato in un percorso terapeutico di continuità assistenziale ed è sempre rimandato a se stesso o, quando va bene, al Medico di Medicina Generale che può essere nell’impossibilità materiale, o di formazione, per seguire quella patologia.
Altro riscontro che ha accomunato quasi tutti i candidati è relativo alla necessità di creare una vera continuità assistenziale che, nei fatti, non solo è carente, ma è sempre meno praticabile sia per le carenze strutturali ( scarsa attività di ospedalizzazione a domicilio, di assistenza domiciliare, assenza di coordinamento, carenza di posti letto e strutture di degenza post acuzie o per cronici…) sia per norme restrittive in materia di tipologia di intervento ( es. farmaci limitati).
Qualche intervento nello specifico di argomenti come la salute odontoiatrica e oculistica, relativa ai costi e alle liste di attesa è stato accennato, senza entrare nei dettagli proprio per la scarsità di tempo disponibile per ciascuno e per l’enormità degli argomenti da trattare.
Sulle liste d’attesa i futuri politici sembrano tutti d’accordo: ridurre, eliminare…. Non si sa come, e sembrano tutti d’accordo anche sul tentare di non favorire il “privato”, ma manca una chiarezza, da parte di tutti direi, su come è impostato l’attuale sistema sanitario (pubblico, privato, convenzionato), sulla sussidiarietà, sulla autonomia, sugli aspetti giuridici complessi e sulla attuale impossibilità a rinunciare al supporto del convenzionato dato lo stallo e direi la regressione del Servizio pubblico.
Una nota ironica la riserverei ai rappresentanti delle maggiori aree che da una parte hanno ribadito la necessità della costruzione del Parco della Salute, o come si voglia chiamare la nuova opera pubblica ospedaliera, senza entrare nel merito del progressivo abbandono a se stesso degli hub ospedalieri attuali e dei DEA, dall’altra parte hanno raccomandato, nei fatti, la necessità di una attiva partecipazione dei professionisti al ripensamento della strategia (come????).
Il succo di tutto, come è facile intuire è: la nuova struttura sanitaria, per qualcuno, dovrà necessariamente e rapidamente essere messa in cantiere, il personale medico, carente, dovrebbe essere rimpolpato nelle piante organiche, e si deve in ogni modo recuperare la fiducia del cittadino nei confronti del sanitario.
Ma, pur nei pochi minuti in cui ciascun candidato ha espresso il suo pensiero, temo che la conclusione sia: idee poche e generiche, strategia nessuna, soldi pochi, nessuna ispirazione strategica.
A mio parere, il problema non è la disputa Servizio Sanitario pubblico e Servizio Sanitario privato o convenzionato, ma il rendersi conto che la nostra sanità rischia sempre di più lo sfacelo organizzativo e di prospettiva in un mare di opinioni senza una linea strategica attuabile e soprattutto con punti di vista estremamente specifici e “limitati” alla propria esperienza sul campo.
Ci servono quindi esperti ma squisitamente “politici” con un’ampia visione del presente e un tentativo di visione del futuro perché non crolli tutto quello per cui i cittadini italiani hanno lottato e pagato economicamente, cioè un sistema sanitario pubblico universale.
Roberto Bertucci
Medico
Redazione del periodico cartaceo Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org
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