“Cura Italia”: quello che c’è nel Decreto, quello che manca, che non basta
Partiamo da un dato: è una norma che mobilita risorse importanti (25 miliardi), come non accadeva da tanto, troppo tempo. Quello che appare evidente, però, è che si tratta di un primo passo quanto mai necessario ma insufficiente.
Mancano risorse, e tante, per il Servizio Sanitario Nazionale, debilitato da trent’anni di tagli; mancano risorse per le tante, troppe figure del lavoro informale, nero e “grigio”, che rimangono penalizzate da un sistema di sostegni segmentato, particolaristico; mancano provvedimenti per colf e badanti, che sappiamo essere prevalentemente migranti, escluse/i da qualsiasi tipo di provvedimento, soprattutto dal blocco dei licenziamenti per i prossimi 60 giorni.
Più in generale, la sensazione è che manchi una visione d’insieme, il riconoscimento ruvido e senza equivoci dell’emergenza strutturale in cui versa il mondo del lavoro in Italia; che l’emergenza COVID-19 aggraverà drammaticamente – con effetti non dissimili a quelli di una guerra mondiale. Servirebbe, come abbiamo ribadito, una misura di sostegno al reddito effettivamente universale: che rompa la frammentazione e prenda atto della natura intermittente/insicura dell’impiego tutto; un dispositivo solido, finanziato attraverso la fiscalità generale e un prelievo continuativo dai grandi patrimoni (in prevalenza dispersi, come noto ai più, nei paradisi fiscali), indipendente dalla tipologia dei rapporti di lavoro e dei settori produttivi; un provvedimento esteso a chi un lavoro non ce l’ha e che la faccia finita con l’impianto familistico del welfare. Le risorse messe in campo dalla Banca Centrale Europea, i 750 miliardi in più per il Quantitative Easing, dovrebbero così essere finalizzate, e non con il consueto nonché dannoso sostegno al credito bancario – che solo in parte mitiga le oscillazioni dello spread.
Per quel che riguarda utenze e mutui sulla prima casa, il Decreto Legge “Cura Italia” introduce meccanismi timidi, con una sospensione delle utenze limitata nel tempo e l’accesso a un fondo che comunque scarica alcuni dei costi su chi vi potrà accedere. Del tutto assenti provvedimenti sugli affitti, incentivi e misure in grado di sostenere chi, nonostante il dramma di queste settimane, dovrà pagare il canone mensile; sappiamo bene quanto esso gravi sul bilancio di tutte e tutti.
Con il contributo collettivo a seguire, proviamo a riassumere e a commentare le misure più rilevanti del Decreto Legge n. 18. Più rilevanti per noi, per le tante e i tanti iscritte/i che ci hanno domandato informazioni in queste ore concitate. Si tratta di prime riflessioni, ovviamente da sviluppare, se vogliamo impedire che da questa emergenza epocale si fuoriesca con una frattura insanabile tra sommersi e salvati. Sarà necessario lottare, tenere gli occhi ben aperti e pretendere ciò che spetta a chi, in questi anni, ha già troppo sofferto, tra lavoro precario e welfare impoverito; sarà necessario trovare le forme più efficaci per farlo.
Noi ripetiamo lo slogan – antico, ma quanto mai attuale – che ha sollecitato l’esperienza sindacale messa in campo a partire dal 2013: an injury to one is an injury to all – un torto fatto a uno è un torto fatto a tutti. Convinti che solo attraverso la solidarietà, la conoscenza, l’organizzazione e la lotta, potremo risalire la china e conquistare un mondo più giusto. Per noi, per tutte e tutti.
DECRETO-LEGGE 17 marzo 2020, n. 18.
Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
*** Commenti a cura delle Camere del Lavoro Autonomo e Precario *** (è possibile scaricare i commenti in formato pdf qui)
Titolo I
Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale
Commento Articolo 18
(Rifinanziamento Fondi [Servizio Sanitario Nazionale])
Il finanziamento del Servizio Sanitario nazionale viene incrementato di 1.410 milioni di euro. Si tratta di una misura emergenziale a cui viene assegnato un centro di costo dedicato e scorporato dal bilancio totale. Il fondo si aggiunge ai 114.439 milioni di euro già previsti, a cui – previo accordo tra Governo e Regioni – si potrebbero aggiungere 2.000 milioni per l’anno in corso. Il DEF del 2018 aveva previsto per il triennio 2019-2021 una riduzione della spesa reale. L’obiettivo era raggiungere un livello pari al 6,3% del PIL, ritornando ai parametri di inizio anni 2000. Il piano dava seguito alla lunga stagione dei tagli alla sanità, iniziata nel 2009 quando il rapporto spesa sanitaria PIL era del 7,1%. La riduzione delle risorse ha comportato una drastica riduzione dei posti letto e degli istituti presenti sul territorio. Inoltre il congelamento degli stipendi e il blocco del turn-over hanno avuto un impatto devastante sulle condizioni lavorative del personale medico-sanitario. In questo quadro il reclutamento previsto dal Decreto legge n. 14 del 2020 è limitato al periodo dell’emergenza (stimato in massimo 6 mesi) e prevede solo contratti di Collaborazione coordinata e continuativa e di lavoro autonomo. Saranno precarie e precari a salvare le vite, a rischiare la propria sul fronte del contagio. Per avere un livello adeguato del Servizio Sanitario servirebbero molte più risorse e un nuovo piano di assunzioni a tempo indeterminato.
Titolo II
Misure a sostegno del lavoro
Capo II
Norme speciali in materia di riduzione dell’orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori
Commento Art. 22
(Nuove disposizione per la Cassa integrazione in deroga)
Con questo provvedimento il governo ha reintrodotto l’istituto della Cassa integrazione in deroga estendendolo a tutti i dipendenti privati (non agricoli), comprese gli agricoli OTD (i cosiddetti braccianti agricoli, con lavori giornalieri) non assicurati per CIGO (Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria) e non tutelati da altri Fondi di solidarietà categoriali. La misura si rivolge a tutti i datori delle imprese private indipendentemente dalla dimensione e dal settore merceologico, in caso di sospensione della produzione o riduzione dell’orario, in costanza di rapporto d lavoro, come conseguenza dell’emergenza da COVID-19. Sono esclusi dall’istituto i datori di lavoro domestico. La domanda deve essere presentata a Regioni e Province autonome che possono riconoscere l’integrazione salariale previo accordo tra le parti sociali (a esclusione delle aziende con meno di cinque dipendenti), per un periodo non superiore a nove settimane. Tanto la domanda quanto l’accordo possono essere conclusi in via telematica. Sono stati allocati complessivamente poco più di 3 miliardi di euro, mentre la platea potenziale stimata dall’INPS è pari a 2,6 milioni di dipendenti. Si tratta, senza dubbio, di una misura necessaria, introdotta con altre caratteristiche già durante la crisi globale del 2008. Tuttavia, le risorse allocate e la durata dell’istituto risultano insufficienti, poiché l’assicurazione nasce con lo scopo di tamponare esclusivamente gli effetti durante la fase di “quarantena”, senza tener conto delle possibili conseguenze economiche sul sistema produttivo che si presenteranno successivamente, e che rischiano di durare a lungo.
Commento Articolo 23
(Congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore privato, i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335, e i lavoratori autonomi, per emergenza COVID -19)
Gli articoli che trattano la materia del congedo parentale per il sostegno a lavoratrici e lavoratori che hanno figli interessati dalla sospensione delle attività didattiche assumono, in modo necessario, tuttavia ancora insufficiente, l’estensione della platea dei beneficiari (anche i cosiddetti ‘parasubordinati’, o Co.co.co., e autonomi), l’aumento della coorte di età della prole (fino a 12 anni, con indennità; dai 12 ai 16, senza indennità) e un incremento delle indennità (pari al 50% della retribuzione e del reddito individuato), introducendo la possibilità, in alternativa alla fruizione del congedo speciale, di acquistare servizi di assistenza e sorveglianza per la prole (bonus baby-sitting).
Nel merito, si tratta del diritto per i genitori, che abbiano figli di età non superiore ai 12 anni (a esclusione di figli con disabilità in situazione di gravità accertata, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale, per i quali non si applicano i limiti di età), di fruire di un periodo di congedo, continuativo o frazionato, complessivo di 15 giorni, in conseguenza dei provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, per il quale è riconosciuta, alternativamente a entrambi i genitori (anche affidatari):
- una indennità, pari al 50 per cento della retribuzione (per i lavoratori dipendenti del settore privato). Gli stessi, che abbiano figli minori, di età compresa tra i 12 e i 16 anni, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto di astenersi dal lavoro per il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, senza corresponsione di indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro;
- una indennità, per ciascuna giornata indennizzabile, pari al 50 per cento di 1/365 del reddito individuato secondo la base di calcolo utilizzata ai fini della determinazione dell’indennità di maternità (per i lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata);
- una indennità commisurata, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge, a seconda della tipologia di lavoro autonomo svolto (per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS).
La fruizione è subordinata alla condizione che, nel nucleo familiare, non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore.
In alternativa, per le medesime tipologie di lavoratori, ivi inclusi i lavoratori autonomi non iscritti all’INPS (sempre in subordine rispetto alla presenza di risorse), è prevista la possibilità di accedere a:
- un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting, nel limite massimo complessivo di 600 euro, erogato mediante il libretto famiglia.
Le modalità operative per accedere al congedo e al bonus sono stabilite dall’INPS. I benefici sono riconosciuti nel limite complessivo di 1.261,1 milioni di euro annui per l’anno 2020.
Commento Articolo 24
(Estensione durata permessi retribuiti ex art. 33, legge 5 febbraio 1992, n. 104)
Per i mesi di marzo e aprile 2020, a favore del personale sanitario impegnato nell’emergenza COVID-19, il numero di giorni di permesso retribuito coperto da contribuzione figurativa ex L. n.104/1992, è incrementato di ulteriori complessive dodici giornate. Questo vuol dire che ai 6 giorni già previsti dalla legge (3 per ogni mese) se ne aggiungono altri 12, per un totale di 18, da distribuire liberamente nei mesi di marzo e aprile.
Commento Articolo 25
(Congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore pubblico, nonché bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting per i dipendenti del settore sanitario pubblico e privato accreditato, per emergenza COVID -19)
L’articolo estende la fruizione del congedo speciale e del bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting ai genitori lavoratori dipendenti del settore pubblico, fermo restando che l’erogazione dell’indennità, nonché l’indicazione delle modalità di fruizione del congedo, sono a cura dell’amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro.
Inoltre, il bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting sale a un massimo complessivo di 1.000 euro per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari (sono esclusi i lavoratori appartenenti alle restanti professioni sanitarie, che hanno tuttavia diritto al bonus di 600 euro come previsto dall’Articolo 23) e per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
I benefici sono riconosciuti nel limite complessivo di 30 milioni di euro per l’anno 2020.
Commento Articolo 27
(Indennità professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa)
Si tratta della misura che estende le indennità al lavoro autonomo e ‘parasubordinato’ (i Collaboratori coordinati e continuativi o Co.co.co.). Il lavoro autonomo in questione, però, è solo quello che non fa riferimento agli ordini professionali – o fa riferimento a quelli che non hanno cassa previdenziale autonoma (vedi il neonato Ordine delle Professioni Sanitarie) – e con una posizione contributiva nella Gestione separata INPS, istituita nel 1995 con la nota riforma previdenziale del Governo tecnico presieduto da Lamberto Dini. Fu la peggiore riforma in Europa, quella che introdusse il sistema contributivo puro (ciascuno avrà una pensione in base, e solo in base, al montante contributivo accumulato), alla quale non fece seguito – bene ricordarlo – neanche mezz’ora di sciopero da parte dei sindacati confederali CGIL-CISL-UIL. Secondo le stime dell’attuale Governo, la platea dei potenziali destinatari è di 339mila lavoratrici/lavoratori; l’indennità sarà di 600 euro per ciascuno; le risorse a copertura, 203,4 milioni di euro. Per accedere alla misura, occorre fare tempestivamente domanda all’INPS – il Presidente Pasquale Tridico, sul Sole 24 Ore (del 19 marzo), ipotizza un click day. La Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, rispondendo al Corriere della Sera (18 marzo), sostiene – in parte riprendendo la lettera del Comma 1 – che i 600 euro siano relativi al solo mese di marzo e che, se l’emergenza dovesse andare avanti, ci saranno altre risorse. L’Articolo, però, fissa un tetto massimo di spesa per l’intero anno 2020: i 203,4 milioni necessari per la misura, che pare così una tantum. Ammesso che le stime del Governo rispetto alla platea dei potenziali beneficiari sia corretta, e che la cifra in questione garantisca la sopravvivenza dei suddetti (tra affitti, bollette, alimenti, ecc.), non appare chiaro cosa accadrà nel mese di aprile.
Commento Articolo 29
(Indennità lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali)
A tutti i lavoratori stagionali impiegati nel turismo e negli stabilimenti termali che hanno perso involontariamente il lavoro tra il 1 Gennaio 2019 e l’entrata in vigore del Decreto, non titolari di pensione o di altri rapporti di lavoro dipendenti in corso, è riconosciuta un’indennità una tantum di 600 euro, da richiedere in via telematica sul sito dell’INPS. Per questa misura sono stati stanziati 103,8 milioni. Non è possibile accedere alla misura se si è percettori del Reddito di Cittadinanza, decisione incomprensibile vista l’intermittenza strutturale di queste tipologie di lavoro. Il turismo, più di altri settori, evidenzia la grave carenza nel nostro Paese di ammortizzatori sociali effettivamente universali. Necessaria, da subito, una inversione di tendenza.
Commento Articolo 31
(Incumulabilità tra indennità)
Le indennità previste per professionisti e parasubordinati, stagionali, lavoratori iscritti alla gestione speciale dell’Ago, lavoratori agricoli e dello spettacolo (Articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del Decreto), non sono cumulabili tra loro e non verranno erogate nel caso si percepisca già il Reddito di Cittadinanza. Se la ratio della non cumulabilità appare motivabile dalla necessità di distribuire le risorse investite in questo Decreto, evidentemente insufficienti, riteniamo scelta miope l’esclusione dei percettori del Reddito di Cittadinanza. Scelta che mette in luce, piuttosto, una conoscenza inadeguata delle tante figure del lavoro povero, intermittente, informale che maggiormente pagheranno il costo della pandemia e della crisi economica.
Commento Articolo 33
(Proroga dei termini in materia di domande di disoccupazione NASpI e DIS-COLL)
La NASpI e la DIS-COLL sono state introdotte dal Decreto Legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, e dallo stesso sono regolamentate. Entrambi sono ammortizzatori sociali aventi lo scopo di fornire sostegno a chi si trovi in stato di disoccupazione per ragioni indipendenti dalla propria volontà (c.d. disoccupazione involontaria), ma diverse sono le platee di soggetti a cui si rivolgono: la NASpI spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato (con delle eccezioni); la DIS-COLL spetta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio, che sono iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata presso l’INPS.
Sia per l’una che per l’altra, le domande devono essere presentate in via telematica entrando con il proprio PIN nel portale dell’INPS, oppure tramite il Contact center integrato INPS-INAIL (n. 803164 da rete fissa e 06164164 da rete mobile) o appoggiandosi a un Ente di Patronato.
Il D.Lgs n. 22/2015 prevede poi, pena la decadenza, che le domande devono essere inoltrate entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto lavorativo, e che l’erogazione della prestazione decorre dall’ottavo giorno successivo alla cessazione se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno, oppure dal giorno successivo alla presentazione della domanda se inoltrata oltre l’ottavo giorno successivo alla cessazione.
In considerazione dell’emergenza sanitaria, il Decreto Legge “Cura Italia” è intervenuto sui termini di presentazione delle domande di NASpI e DIS-COLL, disponendo il loro ampliamento da 68 a 128 giorni per i casi di cessazione dall’attività lavorativa intervenuti tra l’1 gennaio 2020 e il 31 dicembre 2020.
Infine, il “Cura Italia” ha introdotto una precisazione sui tempi di erogazione, prevedendo che qualora la domanda sia inoltrata oltre il termine ordinario previsto dal D.Lgs n. 22/2015, la prestazione decorre comunque dal sessantottesimo giorno successivo alla data di chiusura del rapporto di lavoro.
Commento Articolo 35
(Disposizioni in materia di terzo settore)
Sono due le disposizioni espressamente previste per gli enti di terzo settore:
- Proroga al 31 ottobre 2020 delle modifiche statutarie necessarie ai fini dell’adeguamento al decreto legislativo 117/2017. La scadenza era già stata prorogata l’anno scorso al 30 giugno 2020. Tale proroga riguarda gli enti senza scopo di lucro. Ugualmente è stata concessa la proroga al 31 ottobre 2020 delle modifiche statutarie necessarie ai fini dell’adeguamento al decreto legislativo 112/2017, proroga che coinvolge le imprese sociali.
- Proroga per gli enti di terzo settore del termine di approvazione dei bilanci sempre al 31 ottobre 2020.
Commento Articolo 38
(Indennità lavoratori dello spettacolo)
Per tutti le lavoratrici e i lavoratori iscritte/i al Fondo pensioni Lavoratori dello Spettacolo, che abbiano 30 giorni di contribuzione versati nell’anno 2019, e con un reddito derivato non superiore ai 50 mila euro, è prevista un’indennità una tantum di 600 euro, anch’essa da richiedere in via telematica attraverso il sito dell’INPS. A condizione, però, che non percepiscano pensioni, Reddito di Cittadinanza e che non abbiano rapporti di lavoro dipendente al momento dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 18. Anche questa misura, pur riconoscendo una specificità del settore, non prende atto della miriade di condizioni di lavoro, della frammentazione contrattuale e contributiva cui sono sottoposti i lavoratori dello spettacolo. Né coglie la natura stessa del lavoro dello spettacolo, contraddistinto da una enorme di quantità di tempo non misurabile né monetizzabile, dunque non riconducibile all’interno di misure come quella prevista dall’Articolo in questione. Pure in merito a questo caso, appare evidente la necessità di un provvedimento con estensione universale, non semplicemente legato all’emergenza.
Commento Articolo 40
(Sospensione delle misure di condizionalità)
Nel provvedimento sono sospesi gli obblighi e i termini di attuazione dei programmi delle politiche attive del lavoro. Si tratta di una moratoria per due mesi dei meccanismi di condizionalità e dei regimi sanzionatori previsti per i percettori di Reddito di Cittadinanza, NASpI, DIS-COLL, e per i lavoratori beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro. Inoltre l’Articolo sospende i vincoli riguardanti il Collocamento dei disabili e le procedure di avviamento a selezione presso la Pubblica Amministrazione gestite dai Centri per l’Impiego.
È fondamentale sottolineare che, in Italia, gli attuali percettori di forme di sostegno al reddito riceveranno l’erogazione in denaro. Tuttavia, a causa dell’emergenza sanitaria, non saranno applicati fino a metà maggio tutti gli infernali dispositivi di workfare (welfare to work) che condizionano fortemente il sussidio alle politiche attive al controllo delle condotte dei beneficiari, all’accettazione di offerte di lavoro – nella maggior parte dei casi a termine e con bassa retribuzione – e ai Progetti Utili alla Collettività (PUC), che prevedono almeno 8 ore di lavoro gratuito a settimana (aumentabili fino a 16) per i Comuni di residenza. Il Reddito di Cittadinanza istituito dal precedente Governo, appunto.
Il Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, dissentendo da quanto previsto dal Decreto varato dal Consiglio dei Ministri, ha dichiarato in un’intervista a Repubblica (18 marzo): «Avrei preferito un Reddito di Cittadinanza allargato a tutti, senza le condizionalità di quello esistente. Una sorta di basic income, un reddito di base». Non possiamo che esser d’accordo, visto l’estrema brevità temporale delle misure disposte dal Decreto e la molteplicità dei soggetti che saranno esclusi da qualsiasi meccanismo di sicurezza sociale. In questo momento di emergenza, è necessario che il Governo in maniera tempestiva ampli la platea dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza, riformando i limiti di accesso, rendendolo uno strumento universale e incondizionato. Contro la diffusione del COVID-19, e in vista della crisi occupazionale che si aggraverà nei prossimi mesi, l’Italia deve dotarsi di un welfare che non lasci davvero indietro nessuno.
Commento Articolo 44
(Istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus COVID-19)
Previsto un fondo di ultima istanza per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, dipendenti e autonomi, che hanno cessato, ridotto o sospeso la propria attività a causa dell’emergenza COVID-19. Il fondo è finanziato per 300 milioni di euro, cifra assai esile e insufficiente se l’intento era quello di salvaguardare tutte le figure escluse dagli ammortizzatori sociali presenti nel Decreto (per esempio: colf, badanti, lavoro sommerso e “grigio”). La definizione della platea, in termini di priorità e quantificazione dell’indennità, non viene in alcun modo dettagliata, rimandando a «uno o più decreti» da emanare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del Decreto Legge in oggetto. Viene prevista una quota stanziata prioritariamente per i professionisti iscritti agli enti di diritto privato, lasciando immaginare che soprattutto per loro sia stato messo a punto questo provvedimento.
Commento Articolo 61
(Sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria)
Il Decreto Legge n. 9 dello scorso 2 marzo 2020 ha previsto la sospensione fino al 30 aprile 2020 dei versamenti relativi a dipendenti e assimilati: tale previsione riguardava solo le imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio e tour operator. Con il Decreto “Cura Italia”, la platea si amplia fino a toccare, tra gli altri, le associazioni sportive professionistiche e dilettantistiche, i soggetti che gestiscono asili nido servizi di assistenza diurna e servizi educativi, i soggetti che svolgono attività di assistenza sociale non residenziale per anziani e disabili – tipicamente le cooperative sociali di tipo A, soggetti che svolgono attività di guida e assistenza turistica, nonché le ONLUS, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale iscritte nei relativi albi e registri. I versamenti sospesi potranno essere versati in una unica soluzione al 31 maggio 2020 oppure in cinque rate, senza applicazione di sanzioni e interessi. Restano fuori, nell’ambito degli enti senza scopo di lucro, tutte quelle organizzazioni non iscritte ad alcun albo o registro.
Commento Articolo 62
(Sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi)
Per quanto riguarda gli adempimenti tributari, l’Articolo 62 prevede la sospensione di tutti gli adempimenti che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020 per i soggetti che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nel territorio dello Stato. Nello specifico si fa riferimento alla dichiarazione IVA annuale la cui scadenza originaria è il 30 aprile prossimo, la liquidazione periodica IVA relativa al primo trimestre 2020 in scadenza il 31 maggio 2020, l’esterometro del primo trimestre 2020 in scadenza il 30 aprile 2020: tutti adempimenti che riguardano le partite IVA in regime ordinario, sia esse persone fisiche che società e/o organizzazioni. Resta ferma la scadenza del 31 marzo 2020 dell’invio delle Certificazioni Uniche, che permetteranno la predisposizione delle precompilate modello 730/2020. Gli adempimenti sospesi dovranno essere effettuati entro il 30 giugno senza applicazione di sanzioni.
Per quanto riguarda i versamenti fiscali e contributivi, se non si rientra nella casistica prevista dall’Articolo 61, e non si superano i 2 milioni di euro di ricavi o compensi, il comma 2 dell’art.62 prevede la sospensione dei versamenti delle ritenute e dei contributi per il periodo 8 marzo 2010 – 31 marzo 2020. Va precisato che l’INPS, con la circolare del 12.03.2020 ha affermato che tale sospensione riguarda i contributi a carico del datore di lavoro: se è stata effettuata la trattenuta sulla busta paga del lavoratore tali contributi in c/lavoratore vanno versati nei termini di legge. Anche in questo caso i versamenti sospesi dovranno essere effettuati in una unica soluzione il 31 maggio oppure in cinque rate senza applicazione di sanzioni e interessi.
Infine, i titolari di partita IVA con ricavi o compensi non superiori a 400 mila euro potranno decidere di non assoggettare a ritenuta d’acconto i compensi incassati nel periodo compreso tra il 17 e il 31 marzo 2020 a condizione che nel mese precedente non abbiano sostenuto spese per lavoro dipendente o assimilato. Se si aderisce, i titolari di partita IVA dovranno rilasciare una apposita dichiarazione e dovranno provvedere al versamento delle ritenute, senza aggravio di interessi e sanzioni, in una unica soluzione il 31 maggio oppure in 5 rate.
19/3/2020 www.clap-info.net
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