Da Firenze, per un altro mondo – del lavoro e dell’ambiente – #INSORGIAMO!
Dalla stagione delle restrizioni, a quella del più spensierato turismo estivo, passano gli anni pandemici in uno stato d’emergenza, che vede la cattività precauzionale, trasformarsi nella passività indifferente, con movimenti sociali scossi dalla situazione ed una società civile intorpidita e relegata alla ricezione passiva di provvedimenti straordinari, finora in Italia.
Vertenze e rivendicazioni emerse nel tempo, crisi dopo crisi del sistema capitalistico, faticano in questo quadro a riguadagnare spazio e massa critica, per fare ancora i conti con la storia, almeno quella recente degli ultimi 20 anni, sia per la coincidenza con l’anniversario del Social Forum a Genova, sia per le istanze che riaprono la discussione di un altro mondo possibile, sul fronte del lavoro, come su quello del rapporto con l’ambiente ed in generale della redistribuzione delle risorse.
Proprio in coincidenza con l’organizzazione a Firenze del G20 sull’agricoltura, il prossimo fine settimana il capoluogo toscano ospiterà mobilitazioni, che ripropongono a tutti gli effetti il paradigma di azione locale, combinata con il pensiero alle questioni globali. Dopo due mesi di assemblea permanente ed occupazione dello stabilimento GKN di Campi Bisenzio, lavoratrici e lavoratori coordinati dal Collettivo di Fabbrica lanciano l’appello a scendere in piazza sabato 18 settembre – ritrovo alle 15.00 alla Fortezza da Basso (zona Santa Maria Novella), per la tutela della continuità produttiva e per il rispetto di diritti fondamentali sul lavoro, contro licenziamenti di massa e speculazioni finanziarie, incentrate sulla delocalizzazione produttiva e sullo smantellamento dei siti industriali del territorio.
“Non osate far partire quelle lettere e ritirate i licenziamenti – recita l’appello diffuso dal Collettivo di Fabbrica – […] Non permetteremo alle istituzioni di deresponsabilizzarsi dalla distruzione di 500 posti di lavoro. Nè di fare un Decreto Legge “delocalizzazioni” finto, per fare uno spot elettorale. Né di distruggere questa fabbrica con le finte promesse di reindustrializzazione o con la lenta agonia degli ammortizzatori sociali.”
Così il più grande licenziamento collettivo, dopo lo sblocco della moratoria deciso dal governo Draghi, parla all’intero mondo del lavoro, sollecitando la classe lavoratrice al riscatto, dopo i duri colpi all’occupazione registrati anche alla Giannetti Ruote, alla Timken e già prima alla Bekaert, alla Whirlpool; e più in generale perpetrati da una politica governativa neoliberista, che negli ultimi 20 anni ha sempre preferito gli interessi padronali ai diritti sul lavoro. “Noi non abbiamo scelta, voi sì – continua l’appello – Voi tutti avete una scelta: potete vivere questa nostra vertenza come una delle tante crisi che ci sono e che ci saranno o decidere che questa volta la misura è colma per tutti.”
Dalla vertenza aziendale, per cui la FIOM-CGIL ha depositato un ricorso ai sensi dell’art.28 dello Statuto dei Lavoratori per condotta antisindacale – determinata dalla modalità di chiusura immediata senza preavviso dell’azienda in violazione di norme specifiche del contratto collettivo nazionale metalmeccanici -; le rivendicazioni dell’assemblea permanente abbracciano quindi persone disoccupate, precarie, licenziate, o addirittura addetti sfruttati per oltre dieci ore giornaliere e con salari da fame, senza alcun contratto regolare, come denunciato nella vertenza a TexPrint, portata avanti nel distretto tessile pratese dal SI COBAS.
#INSORGIAMO! come slogan della mobilitazione vuole infatti travalicare i confini aziendali o territoriali, cercando di unire le vertenze e ribaltare i rapporti di forza, parlando a quella “comunità di persone solidali che vivono del proprio lavoro e in armonia reciproca“. Grazie agli incontri con giuslavoristi progressisti, il Collettivo di Fabbrica GKN nelle settimane scorse è arrivato a stilare 8 punti per una contro-proposta di legge, che applichi pienamente la legislazione italiana in materia di delocalizzazioni, a cominciare dall’attuazione degli articoli 41, 42 e 43 della Costituzione, che prescrivono limitazioni all’esercizio della libertà imprenditoriale, qualora si prefiguri danno all’utilità sociale, oppure a sicurezza, libertà e dignità umane. Al centro della proposta due elementi cruciali riguardano l’annullamento dei licenziamenti e la podestà di definire la continuità produttiva dei siti, a prescindere dalla proprietà. L’appuntamento di sabato a Firenze appare a tutti gli effetti una delle date da segnare in rosso sul calendario, se si considera che accanto alla mobilitazione operaia e per il lavoro dignitoso, in città è previsto l’arrivo della carovana Zapatista, accolta dalle realtà agroecologiche e mutualistiche, che si ritrovano nell’esperienza di Mondeggi Bene Comune, fattoria senza padroni.
Dalla riappropriazione e dalla cura di terreni abbandonati nelle colline fiorentine nasce la ‘Marcia per la Terra’, detta anche la ‘Semina’, organizzata da chi porta avanti pratiche di autonomia alimentare, basate su ecologismo e mutualismo. Dal manifesto pubblicato in rete si specifica l’intento di non limitarsi ad una mera “questione contadina […] ma di lotta sistemica, di tutte coloro che si oppongono e resistono alle grandi opere devastanti, alle monocolture tossiche, alle nocività industriali di ogni sorta. Di tutti quelli che animano le innumerevoli vertenze territoriali sottaciute e sminuite: lavoro precario e ambienti urbani presi d’assedio da cibo tossico, aria irrespirabile, montagne di rifiuti e individualismo.” Anche per questo e per la solidarietà reciproca fra le due realtà nei mesi scorsi, l’auspicio è che entrambe le mobilitazioni possano convergere e rappresentare insieme il riscatto di quel mondo più equo e sostenibile, di cui siamo stati brutalmente deprivati.
Allontanandoci nel tempo dall’avvio della pandemia, i contorni della situazione si definiscono piu chiaramente come in un quadro, dal quale emergono nettamente le ricadute croniche di un sistema predatorio, animato dalla speculazione capitalistica, dallo sfruttamento iniquo di risorse e persone, fino alle ingiustizie esacerbate da condizioni drammaticamente squilibrate all’interno delle società, che sempre piu portano a confondere diritti universali per privilegi particolari.
” Forse riuscirete a rubarci il lavoro e il futuro, ma non ci faremo rubare le parole – continua l’appello del Collettivo di Fabbrica – Lo avete già fatto tante volte. Chiamate riforme quelli che sono peggioramenti. Chiamate modernità quello che è il ritorno a forme di sfruttamento precedenti agli anni ’60. Avete chiamato Decreto Dignità qualcosa che non ci ha restituito un grammo di dignità.”
Di certo però sappiamo da che parte stare per ribaltare quei rapporti di forza, ripartendo ad insorgere, da Firenze sabato prossimo.
Tommaso Chiti
15/9/2021 https://transform-italia.it/
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