Da Roma a Napoli: contro la guerra, per la giustizia sociale e ambientale

Il rischio di una guerra nucleare in Europa è solo l’ultimo drammatico capitolo di una escalation bellica che sembra inarrestabile. Vogliamo partire da questo crudo dato di realtà, contrastando la sua banalizzazione mediatica mainstream, per rimetterci in cammino contro la guerra militare, economica, sociale e culturale che, per la prima volta dopo 60 anni, mette a rischio la vita stessa del pianeta.

Vogliamo uscire dal silenzio e dal senso di impotenza che in questi mesi ci hanno impedito di nominare, di agire e di riappropriarci della parola “pace” come terreno di pratica diffusa, condivisa e collettiva, provando a mettere in crisi il risiko della geopolitica, che ha ridotto lo spazio del conflitto al ruolo subalterno di tifoseria dei poteri nazionali o imperiali. E che oggi non è più sufficiente per interpretare la catastrofe che ci coinvolge.

Vogliamo farlo a partire da chi ha continuato a costruire percorsi di mutualismo e di accoglienza dal basso, sul fronte di guerra come nelle “retrovie” delle nostre città, nelle forme che assumono i confini in terra e in mare, tessendo nella quotidianità legami di umanità e solidarietà, di operosità e inclusione, contrastando la cultura dell’odio e della violenza materiale e simbolica verso migranti, donne, libere soggettività, pover*.

Non abbiamo dubbi sulle responsabilità del governo Putin e del suo esercito, che ha invaso e occupato i territori ucraini, portando distruzione e morte. Ma non ci sfugge la pesante responsabilità delle alleanze occidentali che, per interessi economici e di ridefinizione degli assetti globali, hanno innescato una escalation che ha scientificamente affossato ogni spazio di trattativa. Tentativo diplomatico che oggi dovrebbe essere in cima alle agende delle cancellerie europee e che invece viene ostracizzato ed abbandonato nelle mani del dittatore Erdogan.

L’affermazione della destra sovranista in diversi paesi europei, il combinato nefasto tra politiche padronali, rigurgiti identitari e posizioni ultra-atlantiste, impone ai movimenti sociali di rilanciare le lotte per un’Europa della pace, della giustizia sociale e ambientale, per diritti di cittadinanza universali, per un nuovo modello energetico che la faccia finita con il capitalismo fossile.

Torniamo in piazza il 5 novembre, a Roma e a Napoli, perché vogliamo costruire nuovi terreni di lotta contro la catastrofe, nuovi spazi di convergenza in grado di rimettere al centro i bisogni delle persone colpite da questa guerra: la popolazione civile ucraina, i giovani e le donne russe che protestano e finiscono in carcere o che disertano questa guerra infame, le classi sociali che in tutta Europa pagano il prezzo dell’economia di guerra in termini di aumento del carovita, della precarietà, dello sfruttamento, della crisi climatica e ambientale.

Con questo sguardo e con questo spirito abbiamo assunto e interpretato il processo di convergenza che si è dispiegato in un bellissimo corteo a Bologna il 22 ottobre e che si riverserà nella piazza di Napoli il prossimo 5 novembre: una manifestazione a cui vogliamo aderire convintamente e che sarà anche contro la guerra e l’economia di guerra, mettendo al centro la necessità di un salario minimo, la difesa ed estensione del reddito di cittadinanza e la giustizia sociale e ambientale, per far fronte al caro vita, alla distruzione del pianeta ed impedire che siano i soggetti più fragili a pagare il prezzo più alto di questa catastrofe.

Prendiamo molto seriamente le indicazioni che arrivano dal comitato di fabbrica GKN, dai movimenti ambientalisti e da tutte le realtà che stanno praticando concretamente questo tentativo di convergenza; pensiamo sia la strada maestra da percorrere, per riattivare la partecipazione e le mobilitazioni necessarie, in questa fase più che mai.

Al tempo stesso, non ci sfugge l’assenza di elementi a nostro avviso fondamentali all’interno della piattaforma della manifestazione romana, così come il rischio che questi momenti vengano utilizzati da qualcuno per far dimenticare le scelte scellerate e la retorica bellicista da cui in molti hanno attinto in questi ultimi mesi, appoggiando direttamente il governo Draghi. Pensiamo però che sia fondamentale riempire le strade delle nostre città con parole chiare, che possano essere ascoltate e diffondersi sempre di più, proprio per non lasciare terreno a chi finge di non sentire la volontà e i bisogni che arrivano della larghissima maggioranza di questo paese.

Torniamo in piazza a Roma e a Napoli perché, come il movimento transfemminista ed ecologista ci hanno indicato chiaramente in questi anni, vi è la necessità di rimettere al centro la vita, i corpi, i desideri, la cura verso territori risorse e comunità, nel contrasto radicale ad un modello neoliberale che si articola in forme sempre più violente.

Il rifiuto della guerra, come massima espressione della violenza maschile e patriarcale e di governo delle nostre vite, rappresenta un ineludibile e non più rinviabile terreno di riflessione e di azione per i movimenti sociali, tanto più perché, mentre ricostruisce e riposiziona assi sovranazionali, ci interpella dentro uno spazio europeo e nazionale oggi re-interpretato e agito nella peggiore visione sovranista, sessista, razzista, classista.

Sentiamo la necessità di trovare nuove parole per nominare il disastro che attraversiamo, di agire pratiche di resistenza e conflitto che costruiscano accumulazione, moltiplicazione e connessione, di fare spazio e metterlo in condivisione. Di farlo insieme a chi si batte per la riduzione delle spese militari, contro il declassamento della scuola pubblica, per nuovi diritti nel mondo del lavoro, per aumenti salariali dopo 30 anni di perdita del potere di acquisto, per la difesa e l’estensione del reddito di cittadinanza, per una reale trasformazione ecologica del modello urbano e produttivo, per una idea di libertà fondata sull’autodeterminazione di ciascuna.

Da questo punto di vista l’occupazione della facoltà di Scienze Politiche della Sapienza, le migliaia di studenti che per alcuni giorni hanno costruito cortei interni, assemblee e presa di parola pubblica ci consegnano la possibilità di nuovi intrecci e reali convergenze da difendere, valorizzare e rilanciare: le parole d’ordine risuonate nelle aule sono state le stesse che caratterizzano il percorso che porterà alla piazza di Napoli e che tengono insieme giustizia sociale e ambientale.

Per queste ragioni il 5 novembre saremo in entrambe le piazze, dietro uno striscione che richiamerà il collegamento ideale tra le due manifestazioni, ricordando a gran voce che non esiste pace senza giustizia ambientale e sociale: “Contro l’economia di guerra. Pace, reddito, salario minimo e giustizia ambientale”.

Convergere per insorgere.

Loa Acrobax
Casale Garibaldi Autogestito
Clap – Camere del lavoro autonomo e precario
Communia
Esc-Atelier Autogestito

Lab. La Partita

31/10/2022 https://www.dinamopress.it

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