Dalla guerra al Covid a quella vera: meno sanità e corsa al riarmo
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci ha informato che ‘Covid-19’ non è più pandemia ma semplice influenza. Ma noi che adesso abbiamo il vaccino e abbiamo imparato, adesso sì che siamo più forti! E invece No.
Dopo gli anni sull’abisso dell’emergenza, i fondi per la salute pubblica sono tornati a diminuire su scala globale.
Follia planetaria, meno sanità e più armi per tutti
La priorità emergenziale assegnata allora, in piena moria planetaria da virus, subito cancellata da altre presunte e contrapposte priorità. Meno sanità e più armi per tutti! Come far vincere il Covid-19 nonostante il vaccino.
Sistemi sanitari al collasso
I sistemi sanitari pubblici sono letteralmente al collasso. Crisi assoluta per i 70 milioni di poveri in più nel solo 2020, segnala Nicoletta Dentico sul Manifesto. 600 milioni di persone che vivono con meno di 2,15 dollari al giorno, e un debito totale dei paesi in via di sviluppo vertiginoso, ormai al 256% del Pil. Rapporto della Banca Mondiale, che non leggi facilmente in giro. Strano vero?
’Evolution Roadmap’
Il documento che prova ad avvertirci di quella che chiama ‘la bomba ad orologeria’, ma una bomba molto molto grossa. L’innesco tra povertà, fragilità, conflitti e violenza: «ingredienti esplosivi a rischio moltiplicazione per via dei cambiamenti climatici». Meglio non parlarne per non rovinarci il fine settimana di quasi estate? Facciamo finta di non sapere, di non aver letto?
Support of Ammunition Production
Un commissario Ue per il ‘mercato unico’, il francese Thierry Breton, che uno si immagina impegnato ad inventarsi cose meravigliose per far crescere assieme benessere e felicità nel nostro continente. Poi scopriamo invece l’esistenza di un poderoso ‘Act in Support of Ammunition Production’ (ASAP), un piano di 500 milioni di euro per incrementare la produzione di armi con i fondi europei di ‘crescita’, a migliorare la capacità di difesa del blocco.
Breton che fa rima con Macron
Nell’anticipare la notizia a ‘Politico’, il nostro aveva un po’ esagerato, promettendo un incremento della capacità produttiva europea di un milione di ordigni in più all’anno. Breton di suo già le spara grosse, e deve rincorrere. Così scopriamo che «oltre al bilancio diretto, stiamo anche liberando finanziamenti dai fondi di coesione e dai fondi del Recovery and Resilience Facility». A farla semplice e senza ipocrisie, dal Welfare dell’emergenza virus, al ‘Warfare’, altro contributo alla militarizzazione dell’economia.
Difesa e produzione farmaceutica stesso arsenale?
E adesso scopriamo che mentre noi eravamo distratti nel salvarci la pelle dal dannato Covid, quello degli armamenti è stato il solo settore industriale che insieme al farmaceutico ha vissuto lo stato di eccezione già durante Covid-19. Averlo saputo per tempo, si poteva accusare qualche No Vax di ‘diserzione’ o di ‘Alto tradimento’, altro che lasciarli prendere a schiaffoni il povero Conte.
Difesa e produzione farmaceutica blindati assieme?
Breton (in rima con Macron) dichiara e Palazzo Chigi, preso in contropiede, rincorre per smentire. E il governo precisa che l’Italia non intende utilizzare i fondi del Pnrr per produrre armi, anche se «ha tenuto a ribadire il suo appoggio al rafforzamento della capacità dell’industria della difesa europea, nell’ottica di una maggiore autonomia strategica della Ue». Il giochino scemo delle scatole cinesi, dove i soldi che vuoi spendere ti inventi facilmente da dove farli uscire (se li hai).
Tranquilli noi italiani?
Se vogliamo lasciarci prendere in giro, sì. «L’industria bellica gode di ottima salute in tutto il mondo, e la posizione europea si è irrobustita negli anni della pandemia», segna il giornalismo faziosamente pacifista. Per fortuna c’è la certificazione dello ‘Stockholm international peace research institute’, l’ormai noto (o famigerato) Sipri, che si segnala come proprio la nostra Europa abbia registrato l’incremento più consistente di spesa in armamenti, degli ultimi tre decenni, con un +13% rispetto al 2021, e una spesa di 436,7 miliardi.
L’Europa alla Breton (altre rime solo private)
Corsa al riarmo e classifica, soldi che possono uscire escano dalle tasche della sanita o della scuola e dei lavori pubblici o da dove al governo piaccia. Rilevanti aumenti di spesa sono in Finlandia (+36%), Lituania (+27%), Svezia e Olanda (+12%), Belgio (13%) e Polonia (+11%), Italia (+13%), Danimarca (8,8%), e Spagna (8,6%). Il Sipri va oltre e spiega che il 78,2% della produzione mondiale di armi, sistemi d’arma e fornitura di servizi militari è sotto il controllo di multinazionali dei paesi Nato ed alleati.
Internazionalizzazione dell’industria militare
La filiera industriale militare quasi totalmente gestita dalle stesse imprese multinazionali americane ed europee, a ridurre costi (e posti di lavoro), e vincolare politicamente sempre di più i Paesi ai loro armamenti.
Dalla bottega di Leonardo, solo armi
Il 9 maggio, svelano la Fondazione Finanza Etica (Gruppo Banca Etica) e la Rete Italiana Pace e Disarmo, ma anche il Sole24ore, l’assemblea degli azionisti del gruppo Leonardo renderà ufficiale l’abbandono del comparto civile da parte dell’azienda. Il militare rende molto di più.
L’impresa italiana, controllata al 30,2% dallo Stato, ha deciso che quest’anno la sua assemblea sarà a porte chiuse, scrive il sospettabile Manifesto. «Deve essere anche questo un segno della fase post pandemia», la giusta ironia.
6/5/2023 https://www.remocontro.it/
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