Dalla montagna alla città, Olimpiadi insostenibili
Il “Comitato Insostenibili Olimpiadi 2026” ha dato appuntamento a Milano il 10 febbraio per un corteo che partirà da Piazzale Lodi. La rete che si è costituita intende battersi per difendere i territori montani e le aree urbane dalle opere che si stanno programmando per le Olimpiadi invernali del 2026. Ancora un grande evento i cui costi sociali e ambientali le persone che abitano quei territori non sono disposte a pagare
A vent’anni dai Giochi di Torino del 2006 l’Italia ospiterà, ancora una volta, i Giochi invernali: le Olimpiadi Milano-Cortina. Cosa rappresentino questi grandi eventi per i territori è oramai noto. Proprio l’esperienza di Torino dovrebbe mettere in guardia, per gli alti costi sostenuti a fronte di magri introiti che hanno portato a dover ripianare il deficit con le finanze pubbliche. Per non parlare del danno subito dalle zone montane, che si sono ritrovate a dover gestire grandi e costosi impianti, come le piste da bob e i giganteschi trampolini, che hanno costi di gestione elevatissimi e un numero di praticanti inesistente.
Prima di parlare della valanga azzurra, del podio, della corsa all’oro e del medagliere olimpico bisogna mettere a punto il piano degli interventi e la quantificazione delle spese, gli appalti e le gare. Ci sono insomma gli affari e per gestirli è stata costituita una società incaricata di realizzare le opere, è la Società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 S.p.A. (SIMICO S.p.A.) Dopo resteranno i conti da pagare, i danni ambientali e gli impianti abbandonati, come succede ogni volta alla fine di un grande evento.
Quelle che erano state presentate all’atto dell’assegnazione all’Italia come “Olimpiadi a costo zero” sono già costate 3,6 miliardi di euro, di cui 2,8 stanziati dallo Stato, il resto sarà a carico delle Regioni e dei Comuni interessati. E all’inizio dei Giochi mancano ancora due anni!
Tante le promesse che si stanno dimostrando parole vuote. Sostenibilità, sobrietà, rispetto degli ecosistemi si sono trasformate in operazioni insostenibili sul piano sociale ed economico, programmate per trasformare città e territori con opere che non servono ai giochi, ma produrranno ruderi, consumo di suolo e devastazioni ambientali. Ecco un proliferare di strade e ferrovie, spesso anche distanti dai luoghi interessati dai giochi, il tutto gestito da società create allo scopo con procedure straordinarie fuori dal controllo delle amministrazioni. Il collaudato “sistema Expo” fatto di appalti al ribasso, rincari record, extra-costi, poteri speciali è di nuovo in atto.
La politica dei “grandi eventi” è diventata la chiave per stravolgere la pianificazione urbanistica. Ed è quello che succede a Milano per la realizzazione del Villaggio Olimpico.
Nel 2022 il Fondo di investimento immobiliare “Porta Romana” – promosso e gestito da COIMA SGR e sottoscritto da Covivio, Prada Holding e dal fondo COIMA ESG City Impact – ha acquistato dal Gruppo FS Italiane l’area dell’ex Scalo di Porta Romana per 180 milioni di euro per farne «un progetto di rigenerazione urbana a impatto zero e di restituzione alla città di Milano». È qui che sarà realizzato il Villaggio Olimpico per ospitare 1600 atleti su un’area di 6 ettari.
«Il Villaggio Olimpico – scrivono – rappresenta il primo tassello del grande progetto di rigenerazione urbana dello Scalo di Porta Romana e riflette lo “spirito olimpico” di Milano: funzionale a offrire uno spazio primario per le Olimpiadi Invernali 2026, diventerà poi un bene restituito alla comunità cittadina. Il progetto guarda al futuro nella consapevolezza della propria eredità».
Finiti i giochi attorno al parco centrale sorgeranno residenze, uffici, social housing, servizi privati e gli alloggi degli atleti saranno trasformati in case per gli studenti, naturalmente a “prezzi calmierati”. Una grande operazione immobiliare che travolgerà quel territorio e le aree limitrofe.
Per non parlare del pasticcio della pista di bob. Quella realizzata in Piemonte per i giochi del 2006 è in smantellamento e andrebbe ristrutturata con costi altissimi, il governatore veneto vuole costruirne una nuova a Cortina, ma il Comitato Olimpico è contrario e preoccupato per i tempi di realizzazione troppo stretti. Si pensava piuttosto di utilizzare impianti esistenti e funzionanti come quello a Saint Moritz in Svizzera o a Innsbruck in Austria. Quale onta per il “sistema Paese”!
Ma ora sembra deciso, sarà la “regina delle Dolomiti” a ospitare il nuovo impianto realizzato dall’impresa Pizzarotti. Nonostante i costi da affrontare e i tempi molto brevi, avremo un nuovo impianto che, una volta finiti i giochi, sarà a disposizione dei 50 praticanti distribuiti in tutta Italia.
Intanto sono in molti a mobilitarsi per denunciare i costi sociali, i danni ambientali e gli effetti negativi sui territori dell’arco alpino e nelle città interessate. A partire dalla montagna, considerata oramai un parco divertimenti, ignorando la crisi ambientale in atto che si aggraverà con gli interventi previsti. Si è costituito il “Comitato Insostenibili Olimpiadi 2026” al quale hanno aderito molte realtà dei territori per «liberare lo spazio urbano e le terre alte da privatizzazione ed estrattivismo».
Il 10 febbraio alle 15 partirà un corteo da Piazzale Lodi a Milano per chiedere:
lo stop di opere e interventi infrastrutturali imposti e inutili, dal Villaggio Olimpico di Milano alla pista da bob Cortina (simbolo del finanziamento tossico e dell’insostenibilità da realizzarsi senza se e senza ma), i cui costi sono in continuo rialzo al pari del loro impatto ambientale;
la destinazione dei quasi 4 miliardi pubblici stanziati per le Olimpiadi a politiche abitative pubbliche, servizi e strutture sportive accessibili a tutt* nei quartieri, mobilità dolce e rafforzamento del trasporto pubblico locale, sanità territoriale, in città come nelle aree interne e della provincia impoverita e cementificata;
la messa in sicurezza dei territori in condizioni di dissesto idrogeologico;
la fine della turistificazione tossica, inevitabilmente accelerata dal grande evento, che porta solo prezzi al rialzo e affitti brevi in città, sfruttamento e insostenibilità per le terre alte;
la tutela del lavoro: dal “buco nero” dell’edilizia con il suo record di morti bianche alla giusta paga per lavorator* dello sport, passando per lo sfruttamento intensivo del volontariato non pagato per i grandi eventi.
È solo l’inizio di una lotta per difendere diritti e territori.
Rossella Marchini
4/2/2024 https://www.dinamopress.it
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