Danzando sull’orlo dell’abisso del conflitto nucleare: Stati Uniti e Ucraina

Sono trascorsi ormai quasi sei mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e ogni mese che passa l’amministrazione Biden ha aumentato la partecipazione degli Stati Uniti al conflitto. Questo processo sta portando gli Stati Uniti (e il mondo) a due passi dallo scatenare un conflitto nucleare in Europa, uno sviluppo disastroso che finora è andato quasi non commentato e incontrastato. È come se gli Stati Uniti (e il mondo) stiano danzando con gli occhi sbarrati come un sonnambulo verso l’abisso.

Il contesto politico

L’impegno degli Stati Uniti nella guerra in Ucraina è stato guidato dal Partito Democratico, sostenuto con entusiasmo dai suoi alleati tradizionali nei media mainstream e dalla classe intellettuale dell’establishment liberal. Questo ha reso difficili le critiche alla guerra per due ragioni.

In primo luogo, l’establishment liberal (una componente rilevante del neoliberismo progressista, di cui parla da tempo Nancy Fraser)ha promulgato un editto del silenzio contro coloro che contestano la sua spiegazione della guerra e le motivazioni addotte per la partecipazione degli Stati Uniti. L’editto si applica ai conservatori nazionalisti ed internazionalisti che sostengono che “non è la nostra guerra” (il vero nemico è la Cina, sostengono) e ai critici indipendenti – come gli appartenenti alla scuola “realista” delle relazioni internazionali, John J. Mearsheimer e Henry Kissinger – che sostengono che la guerra è stata “fatta negli Stati Uniti” tramite un attacco al rallentatore trentennale alla Russia condotto attraverso l’espansione verso est della NATO e la sovversione del cambio di regime nelle repubbliche dell’ex Unione Sovietica (su questi temi vedi i nostri articoli qui, qui, qui). In effetti, la Russia si è trovata ad affrontare uno scenario in cui gli USA e i loro alleati avrebbero trasformato l’Ucraina in un baluardo occidentale al suo confine, stringendole intorno al collo un cappio sempre più stretto con un’ulteriore espansione verso est della NATO1, combinata con il rafforzamento militare da parte degli USA dei loro junior partners NATO dell’Europa orientale. Putin ha ricevuto continue e progressive minacce dagli USA e dalla NATO senza l’offerta di una via d’uscita diplomatica dal vicolo cieco in cui si era ed era stato cacciato ponendo degli ultimatum (ad esempio, Biden avrebbe potuto prevenire facilmente la guerra, garantendo che l’Ucraina non sarebbe diventato un membro della NATO), al di là di una umiliante resa incondizionata.

In secondo luogo, gli Stati Uniti sono impegnati in una lotta per la vita o la morte per la propria democrazia, con il Partito Repubblicano che ha ormai abbracciato il protofascismo di Donald Trump. Questa lotta pone un terribile dilemma, poiché criticare la politica ucraina dell’amministrazione Biden rischia di aprire la porta ai protofascisti.

Con la guerra nucleare come possibilità all’orizzonte, la posta in gioco è troppo alta per mantenere il silenzio. Ma, in pochi sono disposti a dire la verità sulla guerra, sul Partito Democratico e sull’establishment liberal egemonizzato dai neoconservatori. C’è ancora tempo per invertire la rotta e l’opinione pubblica sarebbe in grado di padroneggiare due questioni: può sia respingere il protofascismo repubblicano alle elezioni di midterm dell’8 novembre sia chiedere l’inversione della politica di escalation in Ucraina.

La presa del controllo del Partito Democratico da parte dei neoconservatori

Il punto di partenza sarebbe ammettere apertamente che il presidente Biden e la sua squadra di funzionari che sovraintendono alle politiche della sicurezza nazionale stanno portando gli Stati Uniti a breve distanza da un conflitto nucleare. E che questo viene fatto per una guerra che non ha alcun rapporto con gli interessi vitali della sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Non si tratta di un errore di valutazione accidentale. Al contrario, riflette la completa cattura del Partito Democratico da parte del pensiero neoconservatore più estremo della politica estera. Questo pensiero richiede che gli Stati Uniti si assicurino l’egemonia militare globale e i Democratici lo hanno confezionato nella narrazione dell’illusione dell’eccezionalismo morale degli Stati Uniti e della promozione della democrazia contro le autocrazie russa e cinese (chiudendo, come sempre ipocritamente e cinicamente, un’occhio per quelle considerate amiche, come quelle egiziana e delle monarchie del Golfo, o addirittura alleate nella NATO come quelle turca, ungherese e polacca).

La messa sotto controllo del Partito Democratico da parte dei neoconservatori è avvenuta a partire dagli anni ’90 sotto l’amministrazione di Bill Clinton, quando i Democratici, con Madeleine Albright come Segretario di Stato, cercavano di riparare la loro reputazione di essere deboli in termini di sicurezza nazionale. Da allora, questo controllo si è solo rafforzato. Era visibilmente presente nella figura di Hillary Clinton, ed era ugualmente presente (sebbene meglio nascosto) nella figura di Barack Obama.

Con l’amministrazione Biden, il punto di vista dei neoconservatori americani – fautori di una declinazione estremista dell’ideologia dell’”eccezionalismo americano” ed eredi della dottrina imperiale/politica di grande potenza Cheney-Rumsfeld che sostiene che gli USA debbano essere globalmente dominanti e militarmente non sfidabili – ha definitivamente trionfato nella politica americana.

L’equivoco della dottrina della Mutua Assicurata Distruzione (MAD)

L’abbraccio del neoconservatorismo è di per sé pericoloso, ma è diventato esistenzialmente minaccioso a causa dell’incomprensione della dottrina della Mutual Assured Destruction (Mutua Assicurata Distruzione – MAD) che è un costrutto che è stato sviluppato durante la Guerra Fredda. Questa dottrina viene considerata la ragione che ha impedito la guerra tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica perché ciascuna parte possedeva armi nucleari che avrebbero annientato l’altra. Ergo, la guerra nucleare non potrebbe verificarsi se non per motivi di irrazionalità o per incidenti, come un lancio “accidentale” o provocatorio di un missile nucleare o una cattiva comunicazione tra le parti.

Questa comprensione della logica della MAD è fondamentalmente imperfetta. Il motivo per cui il conflitto nucleare non è mai avvenuto durante la Guerra Fredda è che le armi nucleari erano accoppiate con una parità nelle armi convenzionali tra USA e Unione Sovietica nel teatro delle operazioni in cui erano in diretto confronto, come l’Europa centrale. Fu quella parità che servì da ostacolo allo scontro nucleare.

Oggi, gli Stati Uniti hanno una schiacciante superiorità nelle armi convenzionali rispetto alla Russia (anche a seguito del dispiegamento di soldati e armi addizionali nelle basi militari dei Paesi della NATO confinanti con la Russia). E poiché la dottrina MAD è fraintesa, c’è il pericolo reale che gli Stati Uniti creino inavvertitamente le condizioni che portano a un conflitto nucleare.

La logica è semplice. La Russia potrebbe dover affrontare la prospettiva di un’inaccettabile sconfitta nella guerra convenzionale in Ucraina, per cui a quel punto si rivolgerebbe all’uso di armi nucleari tattiche per scongiurare tale esito.

Siamo solo a due passi dalla guerra nucleare

La guerra in Ucraina non sarebbe mai dovuta accadere. I leader russi consideravano l’espansione della NATO verso est come una minaccia esistenziale che doveva essere contrastata. E lo hanno fatto sapere apertamente a più riprese alle controparti occidentali nel corso di oltre un decennio, senza che queste ne abbiano tenuto alcun conto. La Russia ha anche offerto l’opzione di un’Ucraina smilitarizzata neutrale, ma è stata respinta dagli Stati Uniti in quanto avrebbe violato la dottrina neoconservatrice. Assecondare l’offerta di Putin, infatti, avrebbe implicato un ritiro degli Stati Uniti e il loro riconoscimento dell’Ucraina come facente parte di una sfera di influenza russa. Ma, gli Stati Uniti che fanno un passo indietro e altre potenze che hanno sfere di influenza sono entrambi fenomeni incoerenti con la dottrina neoconservatrice dell’egemonia unipolare globale statunitense.

Allo stesso modo, la guerra avrebbe dovuto essere ormai finita da tempo (considerato il grande squilibrio nelle forze militari ed economiche tra Russia e Ucraina), con la Russia che avrebbe annesso il Donbass e la regione costiera ucraina. Ma, anche qui gli Stati Uniti (e i loro alleati NATO) sono intervenuti per impedire una rapida vittoria russa poiché anche ciò sarebbe incompatibile con la dottrina neoconservatrice. Di conseguenza, gli Stati Uniti hanno fornito armi teleguidate di precisione, informazioni satellitari e personale per fare tutto tranne che premere il pulsante (e forse per fare anche quello).

Non conosciamo la vera situazione sul campo di battaglia. Durante questi sei mesi di guerra, i media occidentali sono stati tendenziosi fino alla disonestà. Ma, se è così negativa per la Russia come viene affermato, è facile visualizzare un percorso che porta dritto ad un conflitto nucleare.

Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno ribadito che la Russia “deve fallire ed essere vista fallire”. Ma si può davvero pensare che la Russia distrugga una sempre maggiore parte dei suoi armamenti senza arrivare ad una ulteriore escalation? L’Occidente sembra intenzionato a prolungare la guerra in Ucraina, per cui le atrocità continuano ed è sempre possibile che ci sia una maggiore intensificazione della guerra che potrebbe creare le stesse incertezze che hanno sopraffatto la diplomazia europea nel 1914. Allora, i governanti tremavano mentre i generali si pavoneggiavano e agitavano le sciabole. Sventolavano le bandiere e i giornali si riempivano di conteggi di armi e soldati. I negoziati sono sfociati in ultimatum. Mentre la prima linea chiedeva aiuto, chiunque predicasse il compromesso veniva emarginato e criminalizzato come un traditore.

Il presidente Putin e la Russia non possono permettersi di perdere la guerra in Ucraina poiché ciò minaccerebbe esistenzialmente entrambi (cambio di regime e disintegrazione del Paese). I neoconservatori statunitensi sono intenzionati a bloccare tutte le vie d’uscita tranne la sconfitta russa. Questa è la ricetta per la guerra nucleare.

Il prossimo passo pre-nucleare è la Russia che alza la posta attaccando direttamente le risorse statunitensi in Ucraina, forse i voli cargo militari in arrivo o l’ambasciata americana a Kiev. La Russia ha poco da perdere poiché gli Stati Uniti sono impegnati nella posizione estrema della linea dura.

Se ciò non dovesse indurre gli Stati Uniti a fare marcia indietro, il passo successivo potrebbe essere la Russia che utilizza una bomba al neutrone contro le forze ucraine. Successivamente, i neoconservatori statunitensi, cioè l’amministrazione Biden, potrebbero spingere per un impegno diretto degli Stati Uniti tramite la NATO, e da lì la spirale verso la guerra nucleare sarebbe assai breve.

Adesso l’Ucraina, poi la Cina

Non illudiamoci, ci sono poche alternative politiche. Il Partito Repubblicano rappresenta una seria minaccia alla libertà/democrazia negli Stati Uniti. E’ ormai sotto il controllo di Trump e dei trumpisti che si rifiutano di riconoscere il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, hanno tentato un colpo di stato il 6 gennaio 2021 e condividono con Putin, Orbàn e Meloni una visione del mondo nazionalista, autoritaria, razzista, omofoba e misogina (per cui le donne sono rilevanti solo in quanto fattrici e madri).

Una possibile vittoria del Partito Repubblicano l’8 novembre 2022, prevista dalla maggior parte degli analisti politici, darebbe forza ad una ricandidatura alla presidenza dell’ex presidente Donad J. Trump, che attualmente deve fronteggiare diverse inchieste giudiziarie (sostenute attivamente dall’FBI) e soprattutto è il principale obiettivo della commissione di inchiesta del Congresso sul tentativo fallito di colpo di Stato del 6 gennaio 2021, pianificato da lui e dal suo staff di consiglieri per mesi e poi realizzato da gruppi organizzati del suprematismo bianco. Nei comizi, Trump è stato relativamente esplicito riguardo ai suoi progetti. “Questo è l’anno in cui riprenderemo la Camera, riprenderemo il Senato e riprenderemo l’America. E nel 2024, soprattutto, ci riprenderemo la nostra magnifica Casa Bianca“. Negli ultimi due anni, Trump ha reclutato nel Partito Repubblicano finanziatori, attivisti e centinaia di candidati per cariche elettive federali e statali ispirati dalla sua convinzione che le vittorie elettorali del Partito Democratico siano intrinsecamente illegittime. In un sistema politico bipartitico come quello statunitense, se un partito non si impegna a rispettare le regole del gioco democratico è improbabile che la democrazia sopravviva a lungo. Nel suo complesso, il Partito Repubblicano si è rivelato essere antidemocratico senza doverne pagare alcuna conseguenza negativa (non sono stati puniti da elettori, attivisti o donatori). L’eventuale vittoria dei repubblicani farebbe tornare al potere un partito che negli ultimi due decenni ha sposato apertamente molte delle tesi politico-ideologiche sostenute dai teorici e terroristi del suprematismo bianco.

Detto questo, sotto l’influenza tossica del neoconservatorismo, anche l’élite del Partito Democratico è diventata una minaccia per l’esistenza umana sul pianeta. Anche se si evita il conflitto nucleare in Ucraina, i neoconservatori del Partito Democratico stanno già aprendo la strada al prossimo conflitto con la Cina, strumentalizzando in modo provocatorio la questione di Taiwan (su questo tema vedi il nostro articolo qui)2.

Identificando la Cina come il principale avversario a lungo termine dell’America dal punto di vista geopolitico e geoeconomico, il piano dell’amministrazione Biden era di separare la Russia dalla Cina e quindi paralizzare la stessa capacità militare ed economica della Cina. Per ora, invece, l’effetto della diplomazia americana è stato quello di saldare Russia e Cina tra loro in una “partnership strategica” (anche se la Cina finora non ha fornito alla Russia un’assistenza simile a quella data dagli USA all’Ucraina), unendosi all’Iran, all’India e ad altri alleati, e con la maggioranza dei Paesi del mondo che ha assunto una posizione “non allineata” rispetto a quella dei Paesi occidentali (ad esempio, sulla condanna della Russia all’ONU e sull’imposizione di sanzioni economiche)3.

Per gli Stati Uniti, armare il regime ucraino per procura è semplicemente la mossa di apertura per trasformare la Seconda Guerra Fredda (e potenzialmente/o addirittura la Terza Guerra Mondiale) in una lotta per dividere il mondo in alleati e nemici in merito al fatto se saranno i governi (con “economie miste”) o il settore finanziario a pianificare l’economia e la società mondiale. Gli USA si battono per la seconda opzione, in linea con il paradigma ideologico neoliberista di regolazione del processo di accumulazione, caratterizzando pertanto lo scontro come contrapposizione tra “democrazia” e “libero mercato” (finanziarizzazione e privatizzazione), da una parte, e “autocrazia” e crescita economica sovvenzionata dallo Stato, dall’altra.

Proprio nel momento in cui, come umanità, abbiamo bisogno di uno sforzo globale coordinato per sfuggire alle nostre crisi esistenziali – collasso climatico, collasso ecologico, la marea crescente di sostanze chimiche sintetiche che uccide tutti gli esseri viventi, un’emergenza alimentare globale in aumento, un nuovo ciclo inflattivo – la classe dirigente euro-americana ha scelto di dividere il mondo, di riaprire una corsa al riarmo e di fomentare nuovi mortiferi conflitti che insanguinano e frammentano il pianeta in fronti contrapposti, rendendo impossibile perseguire qualsiasi ragionevole via condivisa per la salvezza della vita umana sul pianeta4.

Il compito urgente è che, in America come in Europa, i democratici progressisti e le persone assennate si mobilitino, si oppongano e revochino l’influenza del neoconservatorismo sulla politica estera statunitense ed europea, e questo significa innanzitutto bloccare la pericolosa escalation dell’amministrazione Biden in Ucraina prima che si scateni il conflitto nucleare in Europa.

L’Europa in guerra e verso la recessione

Quello che sembra ormai evidente è che il confronto USA/NATO con la Russia in Ucraina, dove gli Stati Uniti (insieme ai Paesi dell’Unione Europea) hanno mandato e mandano armi, addestrato le forze militari e versato decine di miliardi di dollari, oltre ad essere più direttamente coinvolti in operazioni semi-segrete per assassinare generali russi e affondare navi russe, sta raggiungendo esattamente l’opposto dell’obiettivo americano dichiarato di impedire alla Russia, alla Cina e ai loro alleati di agire indipendentemente dal controllo statunitense sul loro commercio e politiche di investimento.

L’interruzione delle catene di approvvigionamento mondiali di energia, cibo e minerali e la conseguente inflazione dei prezzi ha imposto enormi tensioni economiche agli alleati degli Stati Uniti in Europa e nel Sud del mondo. Il tasso di cambio del dollaro, anche grazie ai progressivi aumenti dei tassi di interesse da parte della FED, è salito alle stelle rispetto all’euro, che è precipitato nella parità con il dollaro e sembra destinato a scendere ulteriormente verso gli 0,80 dollari di una generazione fa. Il dominio degli Stati Uniti sull’Europa è ulteriormente rafforzato dalle sanzioni commerciali contro petrolio e gas russi.

Di gran lunga il maggiore perdente della guerra Russia-Ucraina, quindi, è l’Unione Europea, che è stata vergognosamente svenduta da una classe politica rinunciataria e pavida (dobbiamo, purtroppo, rimpiangere Angela Merkel) che, come aveva notato con una certa soddisfazione il Washington Post, “in sole 72 ore, ha revisionato tutte le sue relazioni post-Guerra Fredda con la Russia” (a cominciare dalla Germania). I politici dell’Unione Europea si sono disonorati come irresponsabili tirapiedi degli americani. Un’Unione Europea forte, dotata di una propria “autonomia strategica”, unita e prospera avrebbe aggravato la minaccia all’agenda neoconservatrice USA. E un’UE che avesse aiutato la Russia lungo la via della prosperità economica avrebbe aggravato doppiamente tale minaccia, dando all’UE l’opportunità per diventare più matura e sovrana, e per trasformarsi in un attore globale indipendente. Forse, affinché la classe politica dell’UE abbandoni la sua sudditanza al disegno di dominio dei neoconsorvatori USA e rivendichi la sua “autonomia strategica”, sarà necessario lo shock di un ritorno di Donald J. Trump (o di un suo clone) alla presidenza nel 2024.

A 6 mesi dall’inizio della guerra tra Russia ed Ucraina, gli alleati europei della NATO dovrebbero riconoscere che è ormai evidente che gli interessi nazionali degli Stati Uniti divergono nettamente dai loro. Il complesso militare-industriale americano, i settori petrolifero e agricolo ne traggono vantaggio, mentre gli interessi industriali europei soffrono. Ciò è particolarmente vero in Germania e in Italia a causa del blocco delle importazioni di gas attraverso il North Stream 2 e di altre materie prime russe da parte dei loro governi. L’UE ha rinunciato all’opportunità economica di dare vita ad un partenariato pacifico con la Russia, ha perso invece mercati importanti e sta pagando molto di più per l’energia, provocando una drastica accelerazione dell’inflazione (ormai intorno al 10%). Ciò solleva la questione di quanto a lungo i partiti politici tedeschi – socialdemocratici e verdi – possano rimanere subordinati alle politiche della NATO sulla nuova Guerra Fredda a scapito dell’industria tedesca e delle famiglie che devono far fronte a forti aumenti dei costi del riscaldamento e dell’elettricità.

Gli Stati Uniti sono un esportatore di GNL, le società statunitensi controllano il commercio mondiale di petrolio e sono i principali distributori ed esportatori di cereali del mondo ora che la Russia è esclusa da molti mercati esteri. Il military-industrial complex, i produttori di armi statunitensi come Raytheon, Boeing e Lockheed-Martin non vedono l’ora di realizzare profitti dalle vendite di armi all’Europa occidentale, che si è quasi letteralmente disarmata inviando cannoni e obici, munizioni e missili in Ucraina. I governi europei hanno promesso alla NATO di aumentare le loro spese militari al 2% del loro PIL, e gli americani stanno sollecitando livelli molto più alti per passare alla fornitura di nuove serie di armi. I politici statunitensi sostengono una politica estera bellicosa per promuovere le fabbriche di armi che impiegano manodopera nei loro distretti elettorali. E i neoconservatori che dominano il Dipartimento di Stato e la CIA vedono la guerra come un mezzo per affermare il dominio americano sull’economia mondiale, a cominciare dai propri partner della NATO.

Allo stesso tempo, le sanzioni commerciali della NATO hanno avuto l’effetto di aiutare l’agricoltura e l’industria russa a diventare più autosufficienti obbligando la Russia a investire nella sostituzione delle importazioni. Un successo agricolo ben pubblicizzato è stato quello di sviluppare la propria produzione di formaggio per sostituire quella della Lituania e di altri fornitori europei. La sua produzione automobilistica e industriale è costretta a spostarsi dai marchi tedeschi e di altri europei ai produttori locali e cinesi. Il risultato è una perdita di mercati per i produttori ed esportatori europei.

Inoltre, la guerra tra Russia e Ucraina ha completamente mutato lo scenario economico politico globale. Una guerra combattuta sul terreno con soldati, bombardamenti missilistici, distruzioni sistematiche di villaggi e città, uccisioni e dislocazioni della popolazione civile, ma anche, attraverso sanzioni e controsanzioni, nei mercati finanziari, energetici, delle materie prime ed alimentari, ha avuto effetti dirompenti sull’economia globale. Ha fatto schizzare verso l’alto l’inflazione in tantissimi Paesi, ha messo in moto una spirale dei prezzi nei mercati energetici, ha creato una crisi della sicurezza alimentare nei Paesi emergenti e poveri, ha fatto esplodere la crisi del debito di Paesi già oberati di debiti come Sri Lanka, Bielorussia, Pakistan, Libano, Argentina, Venezuela, Suriname, Ecuador, El Salvador, Egitto, Zambia, Tunisia e tanti altri Paesi africani5.

La spinta degli Stati Uniti a mantenere il loro potere unipolare e di imporre al mondo politiche finanziarie, commerciali e militari targate “America First!” (una politica ideata da Trump, ma ormai diventata anche quella di Biden) implica un’ostilità intrinseca verso tutti i Paesi che cercano di perseguire i propri interessi nazionali. Avendo sempre meno da offrire sotto forma di reciproci vantaggi economici, la politica degli Stati Uniti minaccia sanzioni, confisca le riserve monetarie estere in banche o titoli statunitensi (è quanto è capitato a Iran, Libia, Venezuela, Afghanistan e Russia), persegue interventi “coperti” di politica estera (destabilizzazione, bombardamenti a distanza, colpi di Stato militari e civili e “proxy wars”). Il sogno degli Stati Uniti prevede un nuovo Boris Eltsin che sostituisce Vladimir Putin per vendere quel che rimane del patrimonio pubblico russo al miglior offerente, lasciando come acquirente la comunità finanziaria internazionale.

Dal punto di vista finanziario e geopolitico, l’Occidente e il mondo tutto stanno andando incontro ad una “tempesta perfetta” che comporta il dover fronteggiare contemporaneamente molteplici pericolose sfide interconnesse tra loro: la guerra, che solleva lo spettro del conflitto nucleare; i cambiamenti climatici che minacciano desertificazione, carestie, inondazioni, ondate di calore estremo e incendi; l’inflazione elevata che spinge le banche centrali – terrorizzate da un possibile innesco della “spirale salari-prezzi” in stile anni ‘70 – ad operare una stretta monetaria (rialzo dei tassi di interesse e fine delle politiche di quantitative easing), a schiacciare la domanda dei consumatori, a deprimere i valori dei titoli azionari e a progettare un forte rallentamento e, se necessario, una forte contrazione economica6; la pandemia con la chiusura di fabbriche e strutture logistiche e il sovraccarico degli ospedali; il nuovo flusso di milioni di richiedenti asilo e profughi ucraini e di altri Paesi. La prospettiva sembra dunque essere quella di una recessione globale – o quanto meno dell’area euro-americana (con un’economia in stagflazione) – entro il 20237.

Alessandro Scassellati

18/8/2022 https://transform-italia.it

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *