“Decreto Genova”
Un via libera ai veleni nei campi di cui, davvero, non sentivamo il bisogno. E che potremmo trovarci a pagare caro, tanto per quello che comporterebbe per la salute degli italiani che per gli effetti sull’agricoltura di questo paese e sul tanto declamato made in Italy.
L’articolo 41 del decreto Genova, ora diventato legge, fissa nuovi limiti di contaminanti nei fanghi di depurazione utilizzabili in agricoltura. Con un aumento anche di 10 volte degli idrocarburi pesanticontenuti e con conseguenze che pesanti per ambiente e consumatori.
Ecco perché il Salvagente, che a questa vicenda dedica la storia di copertina del prossimo numero, in edicola dal 23 novembre, ha deciso di chiedere aiuto ai suoi lettori e, più in generale, a chiunque abbia a cuore ambiente e alimentazione. Lo facciamo lanciando una petizione che vi chiediamo di firmare e far firmare perché il governo ci ripensi, evitando una contaminazione dei nostri suoli con fanghi tossici che non farebbe bene a nessuno.
Firmare è facile, basta cliccare qui:
COME FIRMARE LA PETIZIONE
IL TESTO DELLA PETIZIONE
L’articolo 41 del decreto Genova approvato per affrontare l’emergenza causata dal crollo del viadotto Morandi inserisce “Disposizioni urgenti sulla gestione dei fanghi di depurazione”. “Al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione, nelle more di una revisione organica della normativa di settore”, il governo fissa a 1.000 milligrammi per chilo di sostanza tal quale il limite per gli idrocarburi pesanti C10-C40. È una modifica sostanziale che cambia decisamente le carte in tavola rispetto a quanto stabilito dal tribunale amministrativo che, sulla base delle sentenze della Cassazione, aveva stabilito i limiti di concentrazione di sostanze nei terreni previsti dalla legge 152 del 2006 con una soglia di 50 mg/kg di sostanza secca oltre cui imporre la bonifica. Ossia venti volte meno di quanto previsto nel decreto Genova.
Il parametro stabilito dal decreto Genova prevede un limite di mille milligrammi sul tal quale che corrispondono, indicativamente, a 5-8mila milligrammi sulla sostanza secca.
La legge, grazie agli emendamenti che ha recepito, per il toluene alza il limite di 200 volte, passando da 0,5mg per kg a 100, per il selenio il limite è alzato di 3 volte e passa da 3 mg per kg a 10, per i Pcb passa da 0,06 a 0,08 mg per kg e viene alzato di 13,3 volte, per i Pcdd/Pcdf (diossine) il limite va da 10 ng per kg a 25, ben 2,5 volte maggiore. Si autorizza in questo modo ad accumulare sui terreni destinati all’agricoltura diossine, Pcb e microinquinanti tossici trasformando nel tempo quei terreni in aree da sottoporre a bonifica e contaminando le matrici ambientali e la catena alimentare. Le colture più a rischio potrebbero essere quelle di zucchine, melanzane e cavoli.
SCARTI INDUSTRIALI NELLE ACQUE REFLUE
Si è assicurato, nei giorni precedenti all’approvazione della legge che: non si sarebbero ammessi fanghi industriali ma esclusivamente di fanghi provenienti dalla depurazione delle acque reflue derivanti da scarichi civili e da insediamenti produttivi dell’agroalimentare.
La realtà, però, non è affatto questa. Innanzitutto perché negli scarichi civili degli insediamenti urbani finiscono anche le acque reflue usate da impianti industriali, e poi perché le norme regionali possono concedere ampie deroghe alla normativa. È il caso di quella lombarda che autorizza in ingresso dei depuratori civili per l’utilizzo in agricoltura anche molte tipologie di rifiuti: da quelli della lavorazione del legno, della produzione di carta, polpa cartone pannelli e mobili a quelli della lavorazione di pelli e pellicce dell’industria tessile passando per i rifiuti da produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti chimici organici di base e plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali. E poi quelli derivati dalla produzione di prodotti farmaceutici, grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici e prodotti della chimica fine e di prodotti chimici “non specificati altrimenti”. Tutti rifiuti che finiscono nei fanghi che poi vengono sparsi nei campi nonostante la legge del 1992 prescriva espressamente che non possano contenere “sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l’uomo e per l’ambiente in generale”.
I PERICOLI PER LA SALUTE E PER IL PIATTO
Secondo Patrizia Gentilini, oncologo ed ematologo membro della società Internazionale dei medici per l’ambiente (Isde) “si sono messi dei limiti per cromo e arsenico, addirittura per il cromo esavalente che è una sostanza nota da trenta anni per la sua pericolosità e cancerogenicità. Ma per queste sostanze l’unico limite accettabile sarebbe l’essere al di sotto della soglia di rilevabilità in laboratorio. Queste sostanze finiscono nelle falde acquifere e non potendo essere degradate sono diffuse e arrivano anche negli alimenti. Sul problema della contaminazione da metalli pesanti l’Efsa ha regolamentato abbassando i limiti del cromo esavalente negli alimenti perché è riconosciuto come sostanza molto pericolosa”.
E sui pericoli la dottoressa Gentilini aggiunge: “Parliamo di sostanze molto persistenti. Prendiamo i policlorobifenili: ne esistono 209 congeneri e sono stati vietati già negli anni 80 perché si è scoperto che non si degradano in nessun modo. La Iarc, l’Agenzia per la ricerca sul cancro con sede a Lione li ha classificati cancerogeni per l’uomo di livello 1. Di questi 209 fino a poco tempo fa si conosceva l’attività di soli 12 congeneri che hanno comportamenti del tutto simili alla diossina, poi s’è scoperta l’azione anche degli altri e tutti sono cancerogeni. Questo genere di sostanze inoltre, agisce come interferenti endocrini: alterano l’equilibrio ormonale andando a impattare sulle funzioni del sistema riproduttivo, sull’attività della tiroide e sullo sviluppo cognitivo. Queste sostanze agiscono su organismi in via di sviluppo anche a dosi minimali. In definitiva, non esiste alcuna soglia di sicurezza. Poi i metalli pesanti: parliamo di cromo, piombo, arsenico, la loro tossicità e pericolosità è accertata come il nesso con problemi di insufficienza renale, problemi alle ossa e all’apparato riproduttivo. Il cromo esavalente è un cancerogeno certo. Diossine e Pcb sono sostanze lipofile, significa cioè che si accumulano in particolare negli animali, nella carne e nel latte. Invece di licenziare norme più rigorose a tutela della salute umana si permette lo spargimento di fanghi con questi livelli di sostanze. Così si compromette la qualità delle colture e si aumenta il rischio per la nostra salute”.
FATE UN PASSO INDIETRO PER I CONSUMATORI E PER LA FILIERA DEL MADE IN ITALY
Quello che vi chiediamo a nome dei consumatori e dei produttori che domani potrebbero trovarsi a pagare l’inevitabile inquinamento dei prodotti della terra, è un passo indietro tornando al limite precauzionale di concentrazione di sostanze nei terreni previsti dalla legge 152 del 2006 con una soglia di 50 mg/kg di sostanza secca. Un gesto di sana politica e di rispetto tanto di uno dei gioielli italiani, il tanto proclamato made in Italy alimentare che di precauzione nei confronti dei consumatori.
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