Dieci anni fa la straordinaria lotta dei braccianti marocchini di Castelnuovo Scrivia
Era il mese di giugno del 2012, un’estate calda e afosa come questa, quando quaranta braccianti agricoli, tutti di origine marocchina, entravano, per la prima volta, in sciopero per protestare contro le misere paghe, gli orari estenuanti, senza riposi, né pasti, né acqua se non quella delle canaline d’irrigazione. Vittime di continui insulti, derisioni, ricatti ed estorsioni anche per il rinnovo dei permessi di soggiorno, alcune donne alloggiavano in un locale messo a disposizione dai padroni, all’interno dell’azienda: vivevano tutte in un’unica stanza, mangiavano lì, dormivano lì, una sopra l’altra, tra attrezzi e abiti da lavoro.
Scacciati dall’azienda, i lavoratori, dopo aver proclamato uno sciopero ad oltranza, hanno allestito un presidio di tende ai bordi della statale durato 74 giorni, avviato il boicottaggio dei supermercati Bennet, acquirenti dei Lazzaro, si sono opposti al crumiraggio organizzato nei campi dalla cooperativa Work Service di Brescia, in questo sostenuti da decine di cittadini e solidali.
La lotta, iniziata il 12 giugno di dieci anni fa, è stata importante perché, per la prima volta, ha fatto emergere una realtà di grave sfruttamento generalizzato nelle campagne della Bassa Valle Scrivia, tra Tortona e Voghera, una delle tante Rosarno al nord.
In quelle straordinarie giornate è nato il Presidio Permanente di Castelnuovo Scrivia, realtà auto-organizzata composta da braccianti e solidali, impegnata tutt’oggi nel sostegno alle lotte dei lavoratori delle campagne, nelle battaglie antisfratto, e, in generale, nell’aiuto e nella solidarietà alle popolazioni migranti.
Dopo 10 anni, i braccianti della Lazzaro aspettano ancora che giustizia sia fatta. Sfruttati, sottopagati, senza neanche un risarcimento. Alcuni poi sono stati denunciati e processati per aver protestato contro i loro padroni, tutte denunce finite nel nulla.
L’ultima e la più grave. Il 22 dicembre dello scorso anno, il Tribunale civile di Alessandria, ha rigettato le pretese dei Lazzaro di un risarcimento danni di oltre un milione e mezzo a carico dei lavoratori, sindacalisti e solidali che allora avevano osato ribellarsi allo schiavismo di lor signori.
Invece, i Lazzaro sono stati giudicati colpevoli, ma non troppo!
Il 5 maggio di sei anni fa, infatti, i Lazzaro hanno patteggiato presso il tribunale di Alessandria, insieme a Liliana Battistuta, che era l’incaricata della sorveglianza. La Procura li aveva accusati di estorsione aggravata, perché tra il 2006 e il 2012, minacciavano di non rinnovare i contratti nel caso in cui i lavoratori non avessero accettato paghe di fame o versato tra i 2.500 e i 3.000 euro per il rinnovo dei permessi di soggiorno. Erano infine accusati di maltrattamenti, oltre che per i pochi soldi e per gli orari estenuanti. Alla fine, hanno patteggiato soltanto per i maltrattamenti: 1 anno e 7 mesi per i Lazzaro, 1 anno e 3 mesi per l’addetta alla sorveglianza. Pene sospese. I quaranta braccianti hanno ottenuto soltanto il pagamento delle spese legali e null’altro.
Ma quella dei Lazzaro è una vicenda tuttora aperta. Mancano ancora all’appello i 400 mila euro che i Lazzaro devono pagare ai lavoratori per i mancati salari, a seguito della sentenza del Tribunale di Torino, sentenza già passata in giudicato. 400 mila euro ai quali i lavoratori non intendono rinunciare, nonostante strategie e furbizie messe in campo da questi padroni e dai loro sodali.
Alcuni braccianti, nel frattempo, si sono visti riconosciuti i permessi umanitari che vengono dati a chi denuncia lo sfruttamento lavorativo, mentre i Lazzaro hanno pensato bene di modificare la ragione sociale dell’azienda, divenuta “Castelfresco srl” e di farsi gravare di un’ipoteca bancaria da 840 mila euro su terreni e fabbricati.
Certo, prima le banche, i lavoratori possono aspettare!
Quella di allora è stata una lotta esemplare che, in parte, ha cambiato la condizione bracciantile delle nostre campagne. Vertenze si sono aperte in altre aziende agricole del territorio: da Angeleri a Guazzora, dai F.lli Balduzzi a Isola Sant’Antonio, da Oreste Novelli a Sale. Ci sono state anche varie denunce di caporalato in zona.
Certo, molti problemi restano aperti, però se oggi i braccianti in Bassa Valle Scrivia possono vantare salari un po’ più alti, versamenti contributivi più regolari, possibilità di accedere all’indennità di disoccupazione, tutto questo è grazie a quei lavoratori che hanno osato alzare la testa e ribellarsi, pagando anche di persona.
Dopo 10 anni noi siamo ancora qui. La lotta continua…
Castelnuovo Scrivia, 27 giugno 2022
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