Dietro l’oro di Volterra

Sotto la patina dei premi ricevuti dal Comune toscano ci sono le condizioni materiali di chi lavora in una delle industrie più redditizie e disuguali della contemporaneità, quella del turismo culturale

Volterra, Comune di novemila abitanti in provincia di Pisa, ogni anno attira un numero sempre crescente di visitatori da ogni angolo del mondo grazie al suo inestimabile patrimonio storico, artistico e culturale. Nominata «Città Toscana della Cultura» per il 2022 e il 2023, di recente la città ha ricevuto il prestigioso premio «Pegaso d’Oro» dal presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che ha elogiato l’«impegno che Volterra ha saputo valorizzare mettendo a sistema una straordinaria offerta culturale e turistica».

Tuttavia, una sincronicità paradossale ha spezzato l’idillio dorato dell’autocompiaciuta scenografia istituzionale. Nelle ore in cui il premio veniva consegnato al primo cittadino Giacomo Santi e all’assessore alla cultura Dario Danti, le lavoratrici e i lavoratori che quella offerta culturale e turistica fanno funzionare sono entrati in stato di agitazione.

Escluse da ogni celebrazione, le trenta persone che lunedì 24 luglio sono scese in piazza per difendere il proprio posto di lavoro sono coloro che strappano i biglietti, sorvegliano le mostre, organizzano le visite guidate, gestiscono i social, curano gli spazi. Coloro che ogni giorno rendono fruibili i principali poli culturali cittadini come il Palazzo dei Priori, il Museo Etrusco, la Pinacoteca Civica, il Museo dell’Alabastro, il Teatro Romano e il Parco dell’Acropoli.

La loro storia lavorativa, iniziata nel 2007, racconta una dura realtà di precariato fatta di contratti non registrati, part time involontari, turni orari instabili, inquadramenti contrattuali inadeguati alle mansioni svolte, scarsa attenzione alla sicurezza. Un elenco che potrebbe continuare e purtroppo non una novità nel panorama dell’esternalizzazione dei servizi culturali. 

A far scoppiare la bolla e mobilitare il personale vincendo paure e reticenze è stata l’uscita del tanto atteso nuovo bando di gara per l’affidamento dell’appalto dei servizi museali del Comune di Volterra. Quella che poteva essere un’occasione decisiva per l’amministrazione per sanare un’instabilità più volte denunciata si è trasformata in un disastro. Il bando, cifre alla mano, non potrà garantire la tenuta occupazionale né contrattuale del personale; parliamo di circa 200 ore settimanali in meno che si tradurranno anche in una contrazione dell’orario di apertura di alcuni spazi. Emblematico leggere nel capitolo inerente alla clausola sociale la sinistra dicitura: «il Comune ha la facoltà di richiedere all’appaltatore stesso la sostituzione di chi, a suo giudizio, risulti non idoneo o inadatto, anche sotto gli aspetti di un corretto rapporto e della disponibilità con gli utenti dei musei e luoghi di cultura. In tal caso l’appaltatore dovrà procedere alla sostituzione con altro personale in tempi brevi». Un testo che viola apertamente il protocollo d’intesa sugli appalti per la salvaguardia occupazionale siglato dallo stesso Comune di Volterra con le sigle sindacali nel 2019.

Gli appalti al ribasso sono, ahinoi, tutt’altro che cosa nuova, a stupire però è la reazione dell’amministrazione volterrana di fronte alla protesta del personale. L’assessore alla cultura Dario Danti è sceso in piazza per dimostrare solidarietà alla vertenza, scaricando sui tecnici redattori del bando ogni responsabilità inerente alla sua stesura. L’assessore è arrivato infatti a chiederne pubblicamente il ritiro, cosa positiva ma che allo stesso tempo esplicita il totale disimpegno avuto per un documento di cruciale importanza non solo per i lavoratori e le lavoratrici, ma anche per l’essenza dei servizi culturali-turistici tanto decantati e premiati.

Come può Volterra, o qualsiasi altra città con un patrimonio simile, continuare a promuovere e valorizzare la propria offerta culturale e turistica senza garantire condizioni di lavoro adeguate per coloro che la rendono fruibile? Com’è possibile meritare il titolo di  «Città della Cultura» senza che nessuno – sindacati confederali, politica e istituzioni – controlli le condizioni di lavoro di chi permette quest’eccellenza?

Il meccanismo in campo a Volterra lo conosciamo fin troppo bene. Non è una storia, un fatto di cronaca, uno scandalo: è il funzionamento normale e normalizzato della pratica dell’esternalizzazione dei servizi culturali, sociali, sanitari. Qui come altrove i lavoratori e le lavoratrici della cultura hanno contribuito a squarciare il velo di maya della patina d’oro del turismo, denunciando le condizioni effettive di chi lavora a vario titolo in una delle industrie più redditizie e disuguali della contemporaneità. 

Collettivi come «Mi riconosci sono un lavoratore dei beni culturali» o i «Biblioprecari» hanno da anni messo in moto battaglie con una risonanza ben oltre i settori di appartenenza. Nella provincia toscana così come nella maggior parte dei Comuni, province e regioni d’Italia, il neoliberismo si è concretizzato così: frammentazione dei servizi, taglio dei costi del personale e assunzione sempre meno garantita di lavoratori e lavoratrici, molto spesso professionisti altamente specializzati. A un certo momento della storia è stato assolutamente normale pensare che ciò che era lavoro pubblico, potesse e dovesse diventare lavoro in appalto. Ovviamente con la giustificazione retorica del pubblico che non funziona, degli sprechi e della burocrazia della macchina statale. Un escamotage solo retorico perché è ormai cosa nota che sia per le finanze pubbliche che per la qualità del servizio, la gestione esternalizzata rappresenta un peggioramento. Certo, possono essere trovate formule migliori o peggiori, possono essere messi limiti più o meno stringenti al ribasso continuo, ma il principio resta resta invariato: il profitto privato messo prima dell’interesse collettivo e della dignità degli operatori del settore. Tornare a internalizzare tout court forse non basta, ma cambiare le regole del gioco è davvero necessario. Un passaggio obbligato senza il quale ogni correttivo sarà sempre insufficiente. 

Alessio Nencioni è regista indipendente e attivista di Mi riconosci.

1/8/2023 https://jacobinitalia.it/

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NdR di blog-lavoroesalute.org/ La causa dei lavoratori sostenuta da questa petizione lanciata oggi, link: https://www.change.org/p/firmate-per-sostenere-gli-operatori-museali-di-volterra 

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