Disabilità: la fatica di essere considerate (e chiamate) persone
«Vedi me oppure la mia disabilità?»: è questa la traduzione del testo (“Do you see me or my disability?”) presente in una realizzazione grafica internazionale di qualche anno fa, dedicata alla discriminazione basata sulla disabilità
«L’uso di una terminologia corretta – scrive Pietro Rosa Gastaldo, presidente della Commissione Immagine e Comunicazione del Distretto Rotary International 2060 – è la prima condizione per essere rispettosi, dare dignità e includere il mondo della disabilità, evitando quelle semplificazioni e coloriture che spesso sono usate e che perpetuano stigma ed emarginazione sociale»
Il presidente internazionale 2023 -2024 del Rotary Gordon McInnaly ha chiesto a tutti i rotariani del mondo di dedicare la massima attenzione al tema del disagio, della disabilità e della salute mentale. La risposta dei Distretti e dei Club Rotary è stata pronta, anche perché il tema della disabilità è sempre nelle azioni dei rotariani. Per il Rotary, infatti, quest’area d’intervento si coniuga con la promozione della DEI (Diversità, Equità, Inclusione), che richiama l’impegno a trattare tutti con dignità e rispetto.
Nel Distretto Rotary 2060, che comprende le Regioni Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige/Südtirol e Veneto, da sempre i rotariani promuovono azioni concrete per sostenere le persone con disabilità e le loro Associazioni. Fra queste meritano di essere segnalati i sette HappyCamp che annualmente si svolgono in località di mare o di montagna e che permettono di ospitare centinaia di persone con disabilità e i loro accompagnatori, per una settimana di vacanze serene e anche terapeutiche.
Per i rotariani assume un valore di rilievo il tema del linguaggio e del lessico usato per comunicare il tema della disabilità e, soprattutto, con le persone con disabilità. L’uso di una terminologia corretta è la prima condizione per essere rispettosi, dare dignità e includere il mondo della disabilità, evitando quelle semplificazioni e coloriture che spesso sono usate e che perpetuano stigma ed emarginazione sociale.
La più vasta minoranza sociale al mondo
In una recente pubblicazione del Comitato per le Pari Opportunità dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, Comunicare la disabilità. Prima la persona*, si definisce la comunità delle persone con disabilità come «la più vasta minoranza sociale al mondo». Esse sono stimate nel 20% della popolazione globale e nel 27% di quella europea degli over 16 anni. Oltre i 65 anni di età si arriva al 52,2%.
In Italia i dati indicano in quasi 13 milioni di persone, di cui 3,1 milioni con disabilità “impegnativa”. A 7 milioni e mezzo di persone è stata rilasciata una certificazione, erogata una pensione o indennità. Si stima che almeno una famiglia italiana su dieci abbia un componente con disabilità che ha bisogno di assistenza.
Comunicare la disabilità. Prima la persona
La citata pubblicazione dell’Ordine dei Giornalisti è rivolta anzitutto alla categoria, affinché eviti le semplificazioni spesso dettate dalla fretta o dalla scarsa conoscenza del mondo della disabilità, ma può servire a tutti per conoscere, o migliorare, l’uso corretto del linguaggio che dev’essere usato quando si tratta il tema della disabilità e delle persone disabili. Vale la pena scorrere le indicazioni di questa pubblicazione.
Persone con disabilità
Nel tempo la terminologia per definire queste persone si è evoluta affinché il rispetto per loro entrasse a pieno titolo nel linguaggio comune, e in quello dei media, che tanta influenza ha proprio per evitare quelle espressioni gergali che ancora sopravvivono e sono discriminatorie.
Un tempo erano usati, e purtroppo accade ancora oggi, termini spregiativi quali “ritardato”, “menomato”, “invalido”, “malato di mente”, “handicappato”, per citarne alcuni, per passare al più recente “diversamente abile”, che comunque indica una condizione di diversità, di inferiorità, che ancora è largamente diffuso. Sono tutti termini da bandire dal linguaggio, poiché partono dalla condizione e non dalla persona. Già nel 2006 la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità parla dei diritti delle “persone con disabilità”, poiché la disabilità è una condizione della persona ed è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri. La disabilità, pertanto, altro non è che il rapporto sfavorevole fra la persona e le sue condizioni di salute con l’ambiente che la circonda.
Il linguaggio usato nei confronti di queste persone può innalzare o abbattere i muri, escludere o includere, discriminare o integrare.
La discriminazione – Le donne con disabilità
La storia della discriminazione delle persone con disabilità ci ricorda che Aristotele sosteneva che le persone sorde fossero destinate ad essere incapaci, perché non potevano comprendere e rendersi partecipi alla vita sociale.
Nel secolo scorso il regime nazista eliminò o sterilizzo centinaia di migliaia di persone con disabilità. Ancor oggi la pratica delle sterilizzazioni è autorizzata in quattordici Paesi dell’Unione Europea, Italia esclusa.
Esiste poi il fenomeno della discriminazione multipla che riguarda le donne con disabilità, poiché colpite da fattori concomitanti: la disabilità e l’essere donna, fattori che s’intersecano e che impediscono il godimento dei diritti, delle libertà e delle condizioni di uguaglianza.
La civiltà delle parole
Essere consapevoli dell’uso adeguato delle parole verso le persone con disabilità indica non solo il grado di consapevolezza e maturità sulla condizione di queste persone, ma anche il grado del livello di civiltà della società. Il linguaggio esprime la cultura, influenza le relazioni, condiziona i comportamenti e migliora la società. Il linguaggio determina la relazione sociale con l’altro, nella comunità, dove tutte le persone sono uniche e diverse, indipendentemente dalle proprie condizioni di salute. È la base del rispetto dell’unicità della vita umana che al centro ha la persona. Per questo va anteposto all’aggettivo “disabile”, sempre la parola persona. Se un tempo aveva valenza positiva il termine “diversamente abile”, ora non più.
La diversità è una caratteristica di ogni individuo. Anche per questo il termine come “normodotato” è inadeguato e anche in questo caso va sostituito con “persona senza disabilità”.
Il movimento paralimpico ha dato un contributo importante, nel corso dei decenni, a migliorare il linguaggio per le persone con disabilità, perché ha cancellato le parole “disabile” e “disabilità” se non precedute dalla parola “persona”. Lo sport ha anche dimostrato che queste persone riescono ad ottenere nelle attività sportive prestazioni e risultati difficilmente raggiungibili dalla maggior parte delle persone senza disabilità. Ciò vale anche per tanti altri settori della società.
La salute mentale, l’autismo, la disabilità intellettiva
“Malato di mente”, “autistico”, “ritardato”, sono le parole che sono state usate, e talvolta lo sono ancora, per definire le persone che hanno problematiche attinenti alla salute mentale, alla disabilità intellettiva, alla difficoltà relazionale, o affette da disturbo dello spettro autistico. Sono patologie, o condizioni della persona, che vanno trattate con il più assoluto rispetto, a partire dal linguaggio usato per definirle. Queste parole concorrono a generare un impatto negativo, offensivo, verso di loro. Vanno abolite perché producono dei danni, anche se chi le usa non ha intenzioni di offendere, ma sono discriminatorie. Così come va abolito un termine quale “mongoloide” per definire una persona con sindrome di Down.
La disabilità nella comunicazione
Nella comunicazione e nell’uso delle immagini deve’essere prestata grande attenzione all’uso corretto del lessico e delle stesse immagini. In anni recenti, ad esempio, il Rotary Distretto 2060 ha modificato la denominazione dei suoi diversi camp destinati a queste persone: da HandyCamp a HappyCamp. Si tratta di un cambio rilevante. Lo sforzo da compiere, infatti, è di usare un linguaggio sempre più neutro che non sia avvilente della persona in funzione della sua disabilità.
L’uso delle immagini, poi, quando sono autorizzate, dev’essere rispettoso della dignità delle condizioni di ogni persona per non offenderle o mortificarle. Va ricordato che una persona con disabilità non è necessariamente malata e non bisogna confondere patologia con disabilità. Hanno bisogno di normalità e di essere trattate come tutti gli altri ed è ciò che fa il Rotary nei suoi Camp e nelle tante attività di sostegno a queste persone.
Per il Rotary la persona è al centro, è il fulcro della sua attività sociale ed è d’esempio per la società e le istituzioni. L’uso del linguaggio più appropriato e il corretto uso delle parole e delle immagini concorrono a generare normalità ed è ciò di cui hanno bisogno le persone con disabilità.
*Comunicare la disabilità. Prima la persona, guida per una comunicazione adeguata e rispettosa delle persone con disabilità, è frutto di un progetto promosso e ideato dal Coordinamento per le Pari Opportunità dell’Ordine dei Giornalisti, ed è dedicata ad Antonio Giuseppe Malafarina, direttore responsabile di «Superando.it» fino alla sua scomparsa, l’11 febbraio di quest’anno, curata dallo stesso Malafarina, assieme ai giornalisti Claudio Arrigoni e Lorenzo Sani (consigliere nazionale e componente del citato Coordinamento). Se ne legga anche la presentazione su queste stesse pagine.
Ringraziamo Maurizio Zerilli per la collaborazione.
Pietro Rosa Gastaldo
Presidente della Commissione Immagine e Comunicazione del Distretto Rotary International 2060.
9/5/2024 https://www.superando.it/
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