Disabilità. La socialità sana si costruisce insieme
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“VIVERE…quale parola migliore per definire l’associazione che racchiude nelle sue varie attività il rispetto per la vita e l’insegnare a VIVERE in qualsiasi situazione fisica o mentale…”
Una Associazione che si richiama al valore della vita come possibilità creativa, realizzazione del sé e relazionalità appagante, nonostante condizioni sfavorevoli di partenza. Si tratta dell’Associazione “Vivere”, che opera a Chieri, Pino Torinese e Santena. Attraverso una fitta rete di volontari e volontarie, segue diverse persone disabili. Le informazioni che ho potuto raccogliere sulla storia e le attività di questa Associazione le devo al Presidente Mauro Pasquero e a Giovanna Gottero, una colonna portante dell’Associazione, particolarmente coinvolta anche perché aveva lei stessa una sorella down.. Li ringrazio di cuore. Inoltre, mi è stato offerto da loro anche un opuscolo informativo, “La strada di VIVERE: guardarsi, riconoscersi, raccontarsi per costruire il futuro a partire dalla propria storia”, da cui ho tratto altre preziose informazioni e da cui sono riprese le citazioni.
“Vivere” si è costituita come Associazione sin dal 1987, dal 2023 è iscritta al RUNTS (Registro Unico Nazionale Terzo Settore). La sua finalità è quella di garantire durante la settimana, uno spazio socializzante e operativo per diverse persone disabili, con l’ intento di sollecitarne tutte le abilità possibili, di incoraggiarne l’autonomia e nel contempo sollevare le famiglie da un carico troppo gravoso di “accudimento” e da una solitudine devastante.
La sua storia però nasce molto prima del 1987. Nasce nei tumultuosi anni ’70, quando viene offerto sì, ai ragazzi disabili, l’accesso nella scuola pubblica e l’inserimento in classi “regolari”, per rispettare un principio di “inclusione”, senza però offrire agli utenti in condizioni di disabilità adeguati supporti sia sul piano didattico che sul piano del sostegno alle famiglie.
Infatti uno dei problemi più gravosi per i genitori di questi ragazzi era quello dei trasporti, non essendo molti di loro in grado di muoversi autonomamente. Nacque allora prima a Pino Torinese, poi anche a Chieri, un gruppo spontaneo di genitori di ragazzi disabili, i quali, attraverso momenti assembleari, di discussione e anche di protesta, imposero all’attenzione della collettività i problemi concreti dei loro figli, inducendo scuola e istituzioni del territorio a farsene carico in maniera più confacente ai loro bisogni.
Il problema dei trasporti venne poi risolto grazie al coinvolgimento dei Comuni con la messa a disposizione di mezzi a bassissimo costo, mentre nelle scuole si fa assolutamente indispensabile la funzione dell’insegnante di sostegno.
“Furono anni di lotte, riunioni, assemblee, incontri con le varie autorità ma furono anche anni difficili. Non è stato semplice creare rapporti di fiducia reciproca, di comprensione delle reali esigenze dei genitori. Ed è stato soprattutto difficile scegliere il modo di portare avanti, nei confronti delle istituzioni, le giuste richieste dei genitori…”
I genitori di ragazzi disabili entrano a far parte del Comitato di Partecipazione dell’allora USSL, composto da operatori socio – sanitari, di cui diventano una componente fondamentale, insieme ai volontari.
“Così in questi dieci anni l’attivazione delle famiglie porta a ottenere cose importanti come, ad esempio, l’apertura a Chieri del centro Socio Formativo con fisioterapia e logopedia”
Il gruppo spontaneo si costituisce poi in Associazione e si avvale della collaborazione di numerosi volontari e volontarie. Questo porta a una maggiore sinergia tra le richieste e i bisogni dei genitori e le iniziative concrete con cui questi bisogni vengono soddisfatti.
Di anni ne sono passati e si è già alla terza generazione di persone seguite. Ormai sono i volontari che si prendono cura in prevalenza dei disabili, sollevando le famiglie, o anche le Comunità alloggio, da un carico troppo gravoso. Anche l’età dei fruitori è nel frattempo aumentata, anche se per i volontari essi sono sempre “i nostri cari ragazzi”.
Oggi il numero delle persone seguite sui tre paesi di riferimento supera il centinaio. Si tratta, in grande prevalenza, di persone con ritardo cognitivo non gravissimo. Per loro, tutti i giorni, mattina e pomeriggio, nelle tre sedi operative vengono organizzate diverse iniziative per il tempo libero che li tengono impegnati e ne sollecitano la partecipazione attiva. Sono iniziative di diverso tipo. Ad esempio:
1- Laboratori di pittura, di fotografia, di attività creative manuali. E’ stato anche attivato un corso di cucina con cuoca professionista.
2- Momenti di socializzazione ludica e di divertimento come balli popolari, balli occitani, festicciole varie.
3- Attività di educazione fisica e sportive, sia per il benessere fisico, sia per l’esercizio dello sport. Per il benessere fisico, ad esempio, si attuano esercizi in palestra o di nuoto nella piscina Moby Dich. Si incoraggiano le attività sportive, escludendo però gli sport agonistici. “Insieme a TeamVIVERESPORT i nostri ragazzi partecipano alle gare di Special Olympcs con due squadre di basket e due di bocce”
4- Occasionalmente si organizzano anche escursioni e gite. Per le gite in montagna, in collaborazione con il
CAI di Pino Torinese. si usa la joelette, una specie di carrozzina che una persona trascina e un’altra spinge.
L’Associazione è aperta al territorio e anche alla collaborazione non solo con le famiglie degli interessati ma anche con altre Associazioni che possano offrire qualche forma di supporto e con i privati cittadini. I volontari/volontarie possono proporre anche loro diverse tipologie di attività.
Ha naturalmente una sua struttura organizzativa che comprende un Consiglio direttivo, un’amministrazione, una tesoreria, una segreteria generale. La parte organizzativa è gestita da soci e socie volontari. Esiste anche un/una responsabile che svolge il ruolo di coordinatore/trice delle attività e di supervisione. E’ importante che anche i rapporti tra gli operatori volontari siano il più possibile sereni. Ed è fondamentale fare molta attenzione alla sicurezza, sia delle persone seguite, che degli stessi volontari.
Le persone seguite possono anche essere “portatrici di DISABILITA’”, ma nei rapporti umani, sia tra di loro, sia con i volontari/le volontarie che li seguono sono assolutamente persone come tutte le altre. Si affezionano, a volte si innamorano, provano simpatie o antipatie, litigano, fanno pace, a volte hanno anche impulsi aggressivi. Ma tutto nella normalità dell’agire umano. Poiché però sono affidati alle cure di coloro che li seguono, anche la loro sicurezza e il loro comportamento non sfuggono mai alla loro attenzione.
Essendo una Associazione aperta al territorio, è sempre aperta a nuove forme di collaborazione e alla ricerca di nuove persone disponibili da inserire nel suo team di volontari.
La collaborazione con i Servizi territoriali è molto buona per quanto riguarda il Consorzio Servizi Socio- Assistenziali, soprattutto per quanto riguarda la gestione integrata di alcuni servizi, ad esempio quella dei soggiorni estivi.
Si cerca anche di sensibilizzare i Comuni del territorio sui problemi dei disabili e delle loro famiglie attraverso i contatti con i Consigli comunali.
Più controverso è il rapporto con la sanità e l’attuale ASL. Ovviamente, non è compito specifico dei volontari erogare servizi di natura terapeutica o sanitaria, però si cerca di sensibilizzare l’Ente per un migliore funzionamento degli interventi fisioterapici, “ma si rivela una battaglia impari, che si scontra con le rigidità professionali e organizzative aziendali”.
Risultati molto postivi nell’attività dell’Associazione si riscontrano a vari livelli. Intanto, l’alto numero di persone che usufruiscono delle sue iniziative con interesse e passione. Sono rari i casi di abbandono della frequenza giornaliera. Il grande apporto di sostegno che si dà alle famiglie, non solo in termini di alleggerimento dei compiti di cura, ma anche come trasmissione di coscienza delle capacità e abilità dei loro congiunti “portatori di handicap”, come sensibile attenuazione del senso di inadeguatezza e d’impotenza di genitori e familiari. A parte questo, con il tempo le aspettative delle famiglie diventano anche più consistenti. Ad esempio, l’aspettativa di un inserimento lavorativo retribuito. L’Associazione, la cui finalità è essenzialmente quella di gestire il tempo libero, non si occupa specificamente di inserimenti lavorativi, ma quando essi si rivelano possibili, anche attraverso i contatti con altre realtà territoriali, essa offre tutto il suo appoggio. Tuttavia un inserimento lavorativo effettivo è avvenuto in pochissimi casi e anche per altri canali, il compito è troppo al di sopra delle possibilità dell’Associazione.
Se possibile, e sempre se c’è una consapevole e costante collaborazione con le famiglie, si possono ottenere anche risultati postivi nell’ambito della formazione, come è accaduto per una ragazza con importante disabilità che è riuscita a laurearsi. Per quanto riguarda la parte economica relativa ai finanziamenti delle attività, l’Associazione, naturalmente senza scopo di lucro, si avvale di contributi pubblici e privati. Quando è possibile, partecipa ai bandi del Comune di Chieri per ottenere un contributo. Con il Comune di Pino Torinese ha stipulato un contratto di servizi erogati, per i quali riceve un contributo. Inoltre, si avvale di donazioni e offerte di privati o accede a contributi elargiti su progetto da Fondazioni bancarie o di Enti pubblici, come la Regione. Naturalmente, c’è anche la possibilità di usufruire del 5 per mille, che per l’Associazione è molto importante. Tutti i riferimenti necessari si possono reperire sul Sito Internet: www.associazionevivere.org
Ascoltiamo adesso la voce di una volontaria, Rosaria Guccione, in una brevissima intervista.
Da quanto tempo collabori con l’Associazione Vivere?
Da circa 20 anni
Come hai conosciuto l’Associazione?
Ho conosciuto l’Associazione Vivere tramite Giovanna Gottero, che opera nell’Associazione da circa 20 anni, avendo anche lei avuto una sorella down.Quanto tempo ti impegna la collaborazione?
In quali giorni?
Il mio impegno come volontaria è, ultimamente, di tre pomeriggi a settimana il lunedì, il mercoledì e il venerdì. Poi partecipo a riunioni, gite, incontri, cene etc.
Quali attività svolgi con loro?
Attività ludiche, ginnastica, letture, teatro, balli, ecc.Qual è il tuo rapporto con i disabili e le loro famiglie? E con le istituzioni? Coi disabili e le loro famiglie c’è un rapporto di grande affetto. Con le istituzioni, all’occorrenza, di collaborazione.
C’è qualche episodio che ti è rimasto particolarmente impresso?
Per me non c’è un episodio in particolare. Per me frequentare i “ragazzi” (li chiamo così, anche se
hanno una certa età), vuol dire interesse per i loro problemi, ascolto e dialogo. E’ importante soprattutto il loro coinvolgimento attivo. Con piena convinzione posso dire che la loro compagnia mi arricchisce.
Grazie, Rosy!
In definitiva, si può dire che l’Associazione Vivere, nata per venire incontro alle esigenze specifiche dei disabili, costituita da volontari e da genitori o parenti di essi, aperta al territorio e alla collaborazione con altre Associazioni, in continuo contatto collaborativo, laddove è possibile con le istituzioni civiche e sanitarie, costituisce un luminoso esempio di equilibrio tra le finalità di “inclusione sociale” anche dei più fragili, e, nello stesso tempo, della progettazione di spazi per la loro autonomia, l’emersione e la realizzazione delle loro specifiche potenzialità. Gli ambiti della “normalità” si allargano, così come quelli della unicità di ciascuno.
Con la collaborazione di Mauro Pasquero, Giovanna Gottero, Rosaria Guccione
Rita Clemente
Scrittrice- Collaboratrice del mensile Lavoro e Salute
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