Disabilità: le forbici del Piemonte

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La Giunta Cirio chiude tagliando ancora in sanità: Rsa, mille convenzioni in meno

Dagli annunci alla realtà: a febbraio dichiarati 16 milioni di euro in più per i malati non autosufficienti. A maggio la delibera: risorse invariate, mille convenzioni in meno e soldi utilizzati per dare un bonus ai gestori privati delle strutture

Mille convenzioni Rsa in meno rispetto a quelle preventivate per il 2024. Si è chiusa così, con un ulteriore provvedimento di taglio di servizi di Livello essenziale in sanità, la Giunta Cirio 2019-2024, che nell’ultima seduta di governo ha sostanzialmente spostato 18 milioni di euro dalle risorse per le convenzioni (cioè, per la copertura del 50% della retta totale in Rsa per i malati non autosufficienti) ad un bonus ai gestori delle strutture.

Il panorama dei malati non autosufficienti piemontesi in Rsa, riportato ai dati grezzi, è sconvolgente: sui 33mila posti letto Rsa attivi in Regione Piemonte, le quote pubbliche (che coprono la metà della retta) sono attive su circa la metà dei posti. Gli altri 15mila piemontesi malati di gravissime patologie – Alzheimer, decadimento cognitivo, Parkinson in stadi avanzati, esiti invalidanti da ictus… –, e per questo ricoverati in Rsa, non hanno copertura sanitaria, salvo un medico di medicina generale, spesso lontano dal luogo di ricovero. Il resto, cioè tutto il costo del ricovero, lo pagano interamente di tasca propria o delle loro famiglie, con rette che superano abbondantemente i 3mila euro mensili: assistenza tutelare e aiuto infermieristico, medicazioni, terapie, aiuto o completa esecuzione delle attività quotidiane che non sono più in grado di fare per la gravità della loro condizione – mangiare, alimentarsi, muoversi, lavarsi, vestirsi… – e che, data la loro condizione di non autosufficienza, sono interventi non accessori, ma essenziali per la tutela della loro residua salute.

Mille convenzioni. In questa situazione di diffusissima negazione di cure di Livello essenziale, la Regione ha tagliato ulteriormente le risorse per i ricoveri in convenzione. Nella delibera approvata nell’ultima Giunta prima delle elezioni (Dgr 38-8654), 18 milioni di euro di fondi sanitari sono stati dirottati dalle convenzioni Rsa ad un aumento della quota sanitaria per i posti convenzionati già attivi: risorse che finiscono direttamente ai gestori delle Rsa.

In pratica, l’amministrazione Cirio ha deciso di destinare l’equivalente di 1.000 convenzioni annue ad un ulteriore bonus ai gestori privati delle strutture. Una misura che non ha alcun impatto concreto sulle spese che utenti e famiglie devono affrontare: quelli in convenzione continueranno a pagare la quota alberghiera esattamente come prima, mentre il gestore prenderà una quota sanitaria maggiorata; quelli non in convenzione (contratti privati da oltre 3mila euro al mese, perché le Asl hanno loro negato il diritto alla quota sanitaria) continueranno a pagare l’intera retta di tasca loro.

Ecco la citazione del provvedimento regionale: «La Giunta regionale delibera (…) che gli oneri derivanti dal presente provvedimento, stimati per l’importo pari ad euro 18.000.000,00 sono esclusivamente quelli che trovano copertura nel trasferimento delle risorse assegnate alle Aziende Sanitarie nell’ambito del riparto del Fondo Sanitario regionale indistinto iscritte nel bilancio regionale 2024 (…) e che gli inserimenti in regime di convenzione nei presidi di cui trattasi dovranno necessariamente avvenire nel rispetto della programmazione sanitaria regionale e degli obiettivi economico-finanziari assegnati alle singole Aziende». E ancora: «Che il presente provvedimento non comporta effetti prospettici (sic!) sulla gestione finanziaria, economica e patrimoniale della Regione Piemonte».

«La Regione toglie fondi alle convenzioni Lea» ha commentato Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione promozione sociale onlus, che si occupa di tutela dei diritti dei malati cronici non autosufficienti: «Il Dpcm 2017 sui Livelli essenziali viene richiamato nella delibera, ma non attuato. Infatti, mentre la Sanità regionale non riesce più nemmeno a garantire i tempi di inserimento in convenzione delle Dgr. 45/2012 e 14/2013, che già sono contestabili perché rifiutano l’attivazione tempestiva delle cure, la Giunta toglie 18 milioni di euro di quote sanitarie, che sono un livello essenziale sanitario». Inoltre, fanno notare dalla Fondazione: «Le risorse saranno impiegate per un ulteriore bonus ai gestori, dopo l’aumento delle rette, che è stato già loro riconosciuto nel 2022 e ha significato aumenti e rincari per gli utenti delle strutture a fronte di servizi invariati».

Impegno disatteso. La distrazione di fondi Lea per le convenzioni è ancora più grave se si ricostruisce punto per punto la breve storia degli annunci della misura per le Rsa, fino alla conclusione dell’ultima Giunta.

Il 26 febbraio di quest’anno la Regione Piemonte diffonde la notizia dell’accordo raggiunto con i rappresentanti dei gestori privati delle Rsa per un aumento della quota sanitaria attraverso lo stanziamento di 16 milioni di euro aggiuntivi rispetto alle risorse correnti. Le associazioni di difesa dei malati commentano la notizia suggerendo di destinare le risorse aggiuntive a nuove convenzioni, anziché a insensibili ritocchi al rialzo delle quote sanitarie degli utenti già convenzionati. La Regione continua dritta sulla sua strada. Ora sappiamo perché: le risorse non sono affatto aggiuntive, ma le stesse già messe a bilancio, alle quali cambiare nome. Da convenzioni a bonus.

Tuttavia, tra febbraio e marzo la partita sembra ancora aperta. Il fronte dei gestori non è affatto compatto e la Regione pare aver fatto un passo in avanti affrettato. Il primo di marzo l’Uneba (l’Unione Nazionale Enti di Beneficenza e Assistenza) e altre sigle di rappresentanza sono costrette a smentire l’annuncio della amministrazione e dichiarare pubblicamente che nessun accordo è stato raggiunto: gli aumenti di risorse proposti sono stati di fatto rifiutati, perché «evidentemente non coerenti e non sufficienti rispetto ad una pianificazione di continuità di servizio».

Passano due mesi di silenzio nei quali la Regione e i gestori privati si confrontano – così si apprende dai rispettivi, periodici annunci – su un «Patto per un nuovo welfare inclusivo e sostenibile» («giusto», manco a parlarne, per carità), mai pubblicato o sottoposto a dibattito anche con gli utenti delle strutture e i loro rappresentanti. Poi la delibera: fondi uguali e meno convenzioni. L’epilogo più triste di un percorso da manuale dell’impegno disatteso.

Andrea Ciattaglia

Csa – Coordinamento sanità e assistenza e della Fondazione promozione sociale

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