Disarmiamo il patriarcato: Non una di meno torna in piazza
Dopo una settimana di dichiarazioni governative che negano la violenza di genere come fenomeno strutturale, Non una di meno torna in piazza al grido di “disarmiamo il patriarcato” a Roma e Palermo
«Occorre non far finta di non vedere che l’incremento di fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da un’immigrazione illegale», così il ministro Valditara alla presentazione della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin. Gli ha fatto eco il giorno dopo Meloni: «L’immigrazione illegale incide sulla violenza sulle donne, insieme ad altre cause». E in ultimo ha rinforzato Roccella alludendo alle nuove forme di patriarcato che non sono altro che le teorie gender.
Così si è aperta la settimana che ci porta verso la manifestazione nazionale del 23 novembre contro la violenza patriarcale: «Scendiamo in piazza il 23N non per ritualità ma perché è sempre più urgente in questo paese rifiutare l’oppressione, la vergogna, la guerra che ci viene imposta. Scendiamo in piazza per manifestare la nostra rivolta alla violenza patriarcale e alla deriva identitaria e autoritaria che la sostiene e giustifica», scrive Non Una di Meno nell’appello che lancia la piazza.
In una settimana abbiamo avuto la riconferma del piano delle destre conservatrici in materia di violenza di genere. Centrare il discorso della violenza contro le donne (ed esclusivamente contro le donne) sul problema dell’immigrazione, dell’illegalità, e delle culture non occidentali. Eppure nessun dato conferma questa correlazione ma la propaganda del governo e delle destre globali non ha interesse alle cause o ai dati dei fenomeni sociali, quanto piuttosto fomentare l’odio contro un nemico, meglio ancora se appena arrivato, debole, povero e isolato.
In questo modo, si può continuare a narrare la violenza di genere come un fenomeno emergenziale e securitario, a cui porre rimedio con pene più severe, carcere, e fondi emergenziali. Al contrario, la violenza di genere è un fenomeno strutturale, radicato nella sfera familiare, lavorativa, giurisprudenziale, culturale, simbolica e psicologica, che ha bisogno di una risposta articolata, sistemica e non sporadica. Il governo sta cercando di distruggere il lavoro di decenni dei centri antiviolenza radicato nella metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, svalutando la loro storia femminista disconosciuta nel sistema dei bandi pubblici e cercando di trasformali in meri servizi socio-assistenziali, incapaci di costruire dei percorsi di autonomia e autodeterminazione. La stessa logica si riconosce nel progetto lanciato l’anno scorso di “educazione al rispetto” del Ministro dell’istruzione e del merito, un progetto facoltativo, solo per le classi del triennio delle superiori, senza finanziamenti strutturali e che al momento è rimasto lettera morta tra le circolari.
In ultimo, Roccella, ribadisce l’altro tassello centrale del programma di governo, attaccare in tutti i modi i (pochi) diritti della comunità LGBTQIA+ e soprattutto mettere in questione l’esistenza stessa delle persone trans*, costruendole come il nemico delle donne e delle famiglie (bianche) eterosessuali. E su questo il dibattito pubblico e parlamentare intorno al ddl Varchi ci ha dimostrato tutta la sua violenza.
Tutto questo mentre i casi di femminicidi in Italia sono sempre più efferati e coinvolgono anche adolescenti e pre-adolescenti. Mentre continua a esserci un silenzio assordante sui transicidi, di cui non esiste un raccolta dati ufficiale, così come sui crimini omolesbobitransfobici.
La manifestazione del 23 di novembre coglie anche il nesso tra la violenza patriarcale quotidiana e «la guerra come espressione più brutale della violenza patriarcale». Difatti l’ultimo tassello delle destre globali è il genocidio in Palestina a cui assistiamo inermi in diretta, mentre la guerra si espande in tutti i territori circostanti, ed esplode in maniera più o meno forte nel resto del mondo.
«La guerra, che viviamo in diretta, diventa paradigma delle relazioni sociali: normalizza la violenza, disumanizza i corpi, cancella i percorsi di liberazione in nome della logica del nemico che tutto schiaccia. Diventa economia di guerra, taglia i servizi fondamentali come la scuola e la sanità per finanziare il grande business del riarmo, cancella i diritti in nome della difesa della Nazione».
La manifestazione del 23 novembre si terrà a Roma e Palermo. E molte altre manifestazioni locali sono state lanciate per il 25 novembre.
22/11/2024 https://www.dinamopress.it/
Foto di copertina di Renato Ferrantini – novembre 2023
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