Disobbedienza civile contro le leggi bavaglio
La maggioranza allargata a Italia Viva di Renzi e Azione di Calenda per ora ha vinto. Un altro tassello della velocissima e progressiva distruzione dello stato democratico e del bilanciamento dei poteri è stato aggiunto con l’esultanza di due forze che dovrebbero, sempre più teoricamente, collocarsi all’opposizione del governo di estrema destra. Attendiamo reazioni dale altre opposizioni, che hanno votato cotro l’emendamento che vieta la pubblicazione anche di estratti delle ordinanze con cui i giudici per le indagini preliminari dispongono il carcere, gli arresti domiciliari o altre misure cautelari nei confronti di indagati che rischiano di reiterare i reati, fuggire o inquinare le prove.
Se il testo resterà in via definitiva possiamo francamente dire che viene cancellato un bel pezzo del diritto di cronaca. Per il giornalismo investigativo è un colpo di grazia. Quello che la destra e Renzi volevano da tempo, e che molta politica approva magari anche silenziosamente e non esponendosi.
Una classe politica incapace e corrotta, del resto, cosa può volere di meglio che mettere a tacere quella che, con una formula antica, veniva definita il cane da guardia del potere? La stampa non lo è più o comunque lo è sempre meno. Ma quella minoranza coraggiosa, resistente e con la schiena dritta, subisce adesso un colpo forse fatale.
In 14 mesi il governo Meloni ha cancellato diritti, abitudini, prassi che avevano rafforzato la repubblica parlamentare italiana nel corso di otto decenni, consentendo un bilanciamento dei poteri, un welfare almeno per alcuni anni dignitoso, una stampa in gran parte libera, una società che riconosceva molti diritti civili. Il governo che rifiuta di definirsi antifascista, rifiutando quindi la stessa Costituzione su cui ha giurato deve oggi essere contrastato con ogni mezzo non violento. Con ogni mezzo. Una manifestazione per la libertà di espressione è già in ritardo, ma va organizzata e svolta il più presto possibile con chiunque ci stia e abbia voglia di dirlo in piazza.
Ma quello che potrà mantenerci ad un livello accettabile di libertà di espressione sarà la disponibilità degli operatori dei media e dello spettacolo, di tutto il mondo della comunicazione, alla disobbedienza.
Risuonano pesanti, vere, dolenti ma fortissime le parole di Don Milani: l’obbedienza non è più una virtù se va a ledere i diritti civili degli uomini liberi.
Barbara Scaramucci
20/12/2023 https://www.articolo21.org/
La notte dell’informazione. Corsa verso il baratro
È vero ciò che ha sottolineato lo scorso lunedì nella settimanale riunione dell’associazione Articolo21 il segretario della EfJ (federazione europea dei giornalisti) Ricardo Gutiérrez, vale a dire che -grazie in particolare al ministro spagnolo- nella riunione del cosiddetto trigolonon è passato il tentativo di sporcare il testo dell’articolo 4 dell’European Media Freedom Act(Emfa). Si tratta del Regolamento di Bruxelles a tutela del diritto all’informazione. Il colpo di mano tentato da un gruppo di Stati con l’Italia in prima fila ha provato a rendere facilmente praticabili le incursioni nei telefoni e nei computer delle giornaliste e dei giornalisti. Ora ci si deve attenere alle disposizioni dei Trattati, che garantiscono l’indipendenza dei media.
Pericolo scampato? No. Lo stesso Gutiérrez ha dovuto prendere atto con stupore dei casi ormai numerosissimi di ricorso alle querele bavaglio,alle minacce e alle aggressioni nei riguardi di coloro che mettono il naso in faccende poco commendevoli.
Nel corso dell’incontro si sono sentite, infatti, le testimonianze di Nello Scavo dell’Avvenire e di Giovanni Tizian del Domani. Sono vicendeincredibili, che vanno dalle intercettazioni alle perquisizioni. In un’intervista ad un quotidiano un ex esponente dei servizi segreti ha pureaccennato all’ingerenza nella privacy di Scavo, esposto per le inchieste sui migranti e la guardia costiera libica.
La seriale attitudine a portare in giudizio Report dopo ogni puntata, o persino prima, è un punto fisso e immutabile della cavalcata nera. Probabilmente, da quelle parti si viaggia con un sistema a punti: chi fa il maggior numero di querele magari è agevolato nella carriera. Com’è noto, poi, attaccare personalità famose favorisce i quindici minuti di celebrità. Ecco, allora, fioccare attacchi costanti a Roberto Saviano, Paolo Berizzi, Sigfrido Ranucci: come minimo si conquista una citazione.
La Rai è l’oggetto del desiderio di una destra che vuole offrire al suo elettorato -tradito attraverso politiche economiche liberiste, fotocopia minore dell’età di Mario Draghi- segni visibili di una altrimenti vacillante Fiamma tricolore. Si capisce, quindi, perché alla festa di Fratelli d’Italia un dirigente del servizio pubblico professi la sua fede (primo caso di esercizio così esplicito di appartenenza partitica militante) in modo volutamente clamoroso. In fondo, è come un suono di tromba, che accompagna l’occupazione di un’azienda oggi a serio rischio nel conto economico e priva di una visione strategica. Già, vi fu anche il caso dell’attuale ministro – forse non per caso- della Cultura. O, in tempi andati, la suggestiva evocazione dell’editore di riferimento da parte del sempreverde Bruno Vespa.
A proposito della kermesse di Atreju, va segnalato che la testata pubblica Rainews ha trasmesso in diretta il discorso di Giorgia Meloni, presidente del consiglio e capopartito. Le competenti autorità battono un colpo? Siamo al cospetto dell’aggiramento della stessa normativa generale, senza neppure evocare la par condicio. La commissione parlamentare di vigilanza non convoca il direttore di Rainews, o si limita all’audizione di Ranucci? E l’istituzione per le garanzie nelle comunicazioni ha scelto di anticipare le vacanze natalizie?
In parlamento, oltre al disagio per l’orrenda legge di bilancio, si assiste al martellamento di conquiste importanti, come il tetto di 6Volt/m innalzato a 15Volt/m per frenare l’inquinamento elettromagnetico onde ottemperare alle richieste dei gruppi di telecomunicazioni. O si apre la strada ad ulteriori restrizioni dell’informazione libera: pensiamo all’emendamento (all’articolato della legge di Delegazione europea) del deputato di Azione Enrico Costa, teso a impedire la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, testo ora rivisto ma senza un cambiamento sostanziale.
Le intercettazioni non vanno bene se riguardano il lavoro di cronaca, ma vanno frenate se toccano reati magari pesanti, secondo un ennesimo emendamento presentato nella commissione giustizia del Senato.
Piove a dirotto e Il baratro si avvicina.
Vincenzo Vita
20/12/2023 https://www.articolo21.org/
Ok della Camera alla legge che vieta di pubblicare gli arresti. Il “funerale” della libertà di stampa in Italia
Altro che Pnrr, pensioni, sanità, scuola: la vera priorità del Governo e della maggioranza alla vigilia delle feste è stata l’approvazione della legge bavaglio che vieta ai giornali di pubblicare gli arresti. Il via libera della Camera alla norma che impedisce la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare è arrivato liscio come l’olio, ignorando tutti gli appelli dei giornalisti e degli organismi di rappresentanza, in primis il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. L’emendamento presentato da Enrico Costa di Azione ha avuto 160 sì e 70 no. La legge introduce il divieto di pubblicazione «integrale o per estratto» del testo dell’ordinanza di custodia cautelare, ossia l’atto con cui il giudice delle indagini preliminari applica misure restrittive della libertà personale, che possono essere sospensione temporanea da pubblici uffici o il carcere o gli arresti domiciliari, e/o reali, quindi sequestro di beni mobili e immobili. L’emendamento Costa introduce “il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva Ue del 2016 sulla presunzione d’innocenza”. Non vi sono specifiche deroghe, dunque stando a quanto emerso finora, il divieto si applica per ogni tipo di procedimento penale, ivi compresi quelli per mafia, violenza sessuale, femminicidi, corruzione, turbativa degli incanti, disastro ambientale e, anche sui nuovi e tanto declamati, reati di recente introduzione.
Molte le critiche dal mondo dell’informazione e dai gruppi parlamentari che hanno votato no, ossia M5s, Avs e Pd.
“Ora servono azioni di lotta contro approvazione definitiva e istituzione comitato legali che denunci il contrasto con le sentenze della corte europea e con il principio di rilevanza sociale, le norme vanno disapplicate”, ha commentato Giuseppe Giulietti, coordinatore nazionale dei presidi di Articolo 21 ed ex Presidente della Fnsi.
“E’ un bavaglio, così si limita il diritto di cronaca”, si legge in una nota del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti che due giorni fa aveva invitato a ripensare la norma per le contraddizioni che contiene.
“Questa legge oggi non ha giustificazione alcuna, se non quella di imbavagliare il diritto dei cittadini a essere informati: non hanno più il diritto di sapere che un giudice ha disposto misure cautelari nei confronti di indagati. Una stretta mortale per il diritto di cronaca”, ha dichiarato Vittorio Di Trapani, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
Redazione
20/12/2023 https://www.articolo21.org/
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