Guerra e CGIL. Domande a Maurizio Landini

Mentre le trattative tra Usa e Russia sono in corso e l’Europa insiste con il suo piano ReArm Europe che mobiliterà 800 miliardi di euro ripartiti tra 27 Paesi europei, Effimera pubblica un commento di Gabriele Battaglia che discute la presenza della Cgil nella piazza indetta da Michele Serra con l’appoggio del quotidiano La Repubblica. Una piazza per quale Europa, Landini? L’Italia è, ormai, il paese europeo con le più lasche garanzie a tutela del lavoro. Del Diritto del lavoro si è fatto strame nel nome della compatibilità d’impresa e della necessità di contenere “il costo del lavoro”. Da qui, fragilità sociale, povertà, rischio di impoverimento, sono questioni più gravi che negli altri stati dell’Unione. Davvero il più grande sindacato italiano è inconsapevole delle ambiguità di una simile manifestazione? Davvero si vuole difendere questo modello di Europa? Davvero non c’è preoccupazione per il rischio di un ulteriore smantellamento del Welfare State avvallato dalla Commissione di Ursula Von der Leyen, con tutto ciò che può discenderne?

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L’hanno davvero capita in pochi l’adesione di Maurizio Landini all’adunata “Una piazza per l’Europa” promossa da Michele Serra e da Repubblica per il 15 marzo.

La sintesi più benevola (e azzeccata) che ci è capitata di leggere è stata: “idee buone nella piazza sbagliata”, perché Landini esordisce scrivendo “La Cgil non condivide e intende contrastare l’iniziativa della Commissaria europea e del Consiglio che hanno deciso un piano di riarmo generalizzato delle singole nazioni europee di 800 miliardi, evitando addirittura un voto del Parlamento europeo”, poi enuncia tutto ciò che l’Europa – questa Europa – non fa per i lavoratori (oppure volutamente fa, ma al contrario); dai tagli al welfare alla precarizzazione del lavoro, fino a riarmo.
Però aderisce alla “piazza” di Serra-Repubblica-Gruppo Gedi. Lui contesta aderendo o aderisce contestando. Nella letterina di Serra ai lettori di Repubblica, che di fatto è una (piuttosto astratta, ma non a caso) piattaforma per la sua “piazza”, si tira in ballo il concetto di “Occidente” e si ammicca al sempreverde Nanni Moretti con un frizzante “Dite qualcosa di europeo”; almeno, nell’originale, era “di’ qualcosa di sinistra”.

Di lavoro, lavoratori, diritti sociali violati, nella letterina di Serra non c’è nulla di nulla.

C’è il santo “Occidente”, c’è la santa “Europa”.

Cosa sono l’Occidente e l’Europa? Vediamo.

“Esiste ancora il concetto politico-strategico di ‘Occidente’ nel quale sono cresciute le ultime generazioni di — appunto — occidentali?”, scrive Serra, con il suo consueto tono perplesso e dimesso di chi si è appena svegliato da un pisolino sull’amaca. Certo che esiste, Michele, vallo a chiedere a tutti quelli per cui “Occidente” significa colonialismo, guerra, rapina, chiedilo a chi elabora da anni pensiero decoloniale, chi si è sciroppato sulla propria pelle una War on terror basata su false prove, senza neppure la soddisfazione di vedere Tony Blair o George W. Bush alla sbarra.

“Sopravviverà la way of life europea a questa stretta, che mette in discussione ciò che banalmente chiamiamo democrazia, ovvero separazione dei poteri, diritti e doveri uguali per tutti, libertà religiosa e laicità dello Stato, pari dignità e pari serenità per chi è al governo e chi si oppone?”

Michele caro, mentre gli europei facevano la way of life a casa loro, affamavano e massacravano gli altri. E soprattutto li rapinavano di quelle risorse che poi hanno permesso di mantenere questa seducente way of life. “Ah – direbbe a questo punto Michele-Repubblica-Gedi – ma questa è storia di 200-300 anni fa, scurdammoce o’ passato”. No, Michi, è storia di 20-30 anni fa (certo, iniziata ben cinque secoli prima).

“E se le autocrazie – insiste il Serra – parlano semplice e parlano chiaro (e parlano falso a loro piacimento, grazie alla costante contraffazione tecnologica della realtà), quale linguaggio dovrà adottare l’Europa perché la sua voce non solo sia udibile, ma anche forte, convincente, seducente almeno quanto la voce dei suoi nemici?”

Tieniti forte, Michele: nessuno ha voglia di stare a sentire l’Europa, nessuno ci crede, dopo Gaza, dopo la “costante contraffazione tecnologica della realtà” fatta dal tuo giornale, dopo le infamie spacciate per “informazione”, dopo i due pesi e due misure applicati da secoli, non solo da anni. Nessuno crede all’Europa, là fuori; e probabilmente, neppure la maggioranza degli europei.

È quindi pessima l’adesione della Cgil all’adunata di Serra&Co. Qui non si pretende che il massimo sindacato italiano sia su posizioni come quelle di chi scrive, per cui l’Europa non ha nessun “valore” da difendere (anche se magari una riflessione su questo non guasterebbe); possiamo perfino comprendere l’intento più tattico che strategico di aderire con lo scopo di imporre alla manifestazione le proprie parole d’ordine (poi ci torneremo, su questa tattica che non funzionava manco nel Novecento).

Ma forse, in questo frangente, la Cgil avrebbe dovuto se mai promuovere una sua manifestazione dicendo chiaramente “nessuna Europa del riarmo”, senza mischiarsi con Serra, Repubblica e compagnia cantante, senza farsi scippare perfino di striscioni, bandiere e simboli.

Il primo e più antico sindacato italiano, che spesso si pregia di “promuovere” manifestazioni per non aderire a quelle altrui, non può subordinarsi a quella gente e a quegli interessi, perché alla fine il messaggio che passa è che si è europeisti a prescindere, anche se questa Europa non ci piace tanto. E invece no. Siamo internazionalisti, non europeisti, “Europa” è –  a essere buoni – un vago concetto geografico, non un totem. “Europa” è, se mai, l’orizzonte istituzionale di un conflitto, non qualcosa da “difendere”. Da chi, poi?

Questa Europa è così perché non poteva essere altrimenti, perché è stata costruita su basi non democratiche, monetarie, servili rispetto agli Usa e adesso belliciste, nell’identificazione di nemici e minacce che non esistono. Questa Europa è un fallimento che più fallisce e più fa danni.

Il contesto odierno fa sì che sabato prossimo la Cgil vada a “difendere” un’entità sovranazionale, un macrostato sorto dal consenso neoliberale, che si arma, togliendoci lo stato sociale, per promuovere interessi che non sono quelli dei lavoratori, sono anzi diametralmente opposti; e scrivere che si va lì per riaffermare proprio quei valori appare velleitario, puerile e soprattutto contraddittorio.

Voi, cari compagni, andate a fare numero per la Von der Leyen, non a dirle quanto lei e i suoi pari ci siano nemici. E Serra, con Repubblica, vi daranno le pacchette sulle spalle complimentandosi per quanto siete stati bravini. Lo scopo è raggiunto: rimettere il lavoro sotto l’ombrello della nazione – anche se ipertrofica – e naturalmente del capitale. Si sente odore di 1914 nell’aria.

In un libro uscito recentemente – Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà – il giovane filosofo hongkonghese Xun Janwei scrive che il regime portato al parossismo da Trump e Musk si basa su un’ipnosi perenne data dal sovrapporsi di narrazioni che non dialogano, sono svuotate di senso (come la letterina di Serra), si succedono, collidono; una fabbrica di nonsense a ciclo continuo, che però ci riempie la giornata e il cervello. E in questa costruzione adrenalinica e schizoide di narrazioni perfino la resistenza viene assorbita come merce.
Ecco, Landini che va alla manifestazione di Serra-Repubblica-Gedi sollevando il ditino per fare dei distinguo è questa cosa qui. Nessuno vedrà il suo ditino, resterà solo il senso di un’astratta Europa “da difendere” (“c’era perfino la Cgil, sai?”), quella che nel concreto sottrae ignobilmente 800 miliardi al “comune” per riarmarsi.

Serra-Repubblica-Gedi hanno assolto al loro compito. E la Cgil resterà da sola a contare le tessere evaporate nel nulla.

Immagine in apertura: Robert Capa, 1943

Gabriele Battaglia

12//3/2925 https://effimera.org

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