Domenica 9 giugno, 10,30 -16.00, La Sinistra- il cambiamento necessario
Il risultato delle elezioni europee è disastroso per la lista unitaria La Sinistra e si inserisce in un quadro europeo che registra l’arretramento delle formazioni del Gue/Ngl e della sinistra antiliberista e anticapitalista. Il “terzo spazio” è risultato schiacciato dalla narrazione egemone sullo scontro tra “europeisti” e “sovranisti” e dal clima creato dalla minaccia di “onda nera” che hanno preso il posto negli ultimi anni di quella che vedeva la contrapposizione all’austerity neoliberista come centrale. E l’attenzione mediatica sul tema dell’emergenza climatica è stata capitalizzata dai Verdi europei.
In Italia si registra il risultato più forte di ulteriore spostamento a destra con l’affermazione della Lega che non solo mobilita ormai la grande maggioranza dell’elettorato di centrodestra ma attrae anche una parte dell’elettorato del M5S. La Lega è passata dai 5.710.275 voti delle elezioni politiche a 9.153.638 alle europee. E ottiene secondo analisti il 47% del voto operaio. A cui si aggiunge la crescita di FdI. Un successo di una destra radicalizzata che rischia di consolidarsi in assenza di un’opposizione efficace e di un’alternativa, un successo che potrebbe essere non effimero perché ha basi ideologiche e organizzative solide.
Le percentuali hanno consentito ai media di presentare il risultato come tenuta o ripresa del PD, ma rimane in cifra assoluta il dato che in cinque anni il Pd ha perso 5 milioni di voti e registra un piccolo ulteriore calo rispetto alle politiche.
Come avevamo osservato l’impostazione programmatica neoliberista e la linea del PD non hanno caratteristiche che consentano di arginare l’espandersi della Lega tra le classi lavoratrici e popolari né di intercettare i delusi dal M5S. Il crollo dei pentastellati – 5 milioni di voti in meno rispetto alle politiche del 2018 – è finito principalmente nell’astensione oltre che nel serbatoio della Lega. I “pop corn” finora li ha mangiati Salvini e la soddisfazione del gruppo dirigente del PD per il ridefinirsi di una tendenza al bipolarismo appaiono irresponsabili rispetto alla tenuta democratica e della convivenza civile nel nostro paese. Il PD si conferma come di fatto il miglior alleato della Lega. Al massimo il PD e il “voto utile” sono finora serviti a fare da argine alla rinascita di una sinistra nel nostro paese.
Le conseguenze del risultato elettorale sul piano europeo confermano la governance neoliberista e in Italia impattano sulla tenuta del governo la cui prosecuzione dipende ormai soltanto dalle decisioni che assumerà la Lega mentre il M5S appare incapace di bilanciare Salvini. La conferenza stampa del Presidente del Consiglio Conte su rispetto delle regole europee, si alla tav e all’“autonomia differenziata” registra questo quadro.
E’ in questo quadro desolante che si inserisce il pessimo risultato della lista unitaria La Sinistra che pur dentro un contesto europeo ha ragioni per la gran parte legate alla situazione italiana e alla storia della sinistra nel nostro paese.
La nostra lista costruita a poche settimane dal voto non è riuscita a presentarsi come progetto nuovo, plurale e come una proposta autonoma forte. Non è riuscita a imporre il proprio punto di vista nel dibattito. Non ha rimotivato settori consistenti di elettorato, non ha retto l’impatto del “voto utile” né ha attratto i delusi del M5S.
Limiti prevedibili e con radici di breve e lungo periodo di cui non mancava certo consapevolezza. Non secondarie la delusione e la diffidenza derivanti dal fallimento delle esperienze di LeU e Potere al popolo. Non ha aiutato il permanere di divisioni sui territori tra i soggetti promotori della lista nelle stesse elezioni regionali e comunali. Non a caso abbiamo cercato nell’ultimo anno di costruire un fronte largo rossoverde che vedesse unite non solo tutte le formazioni a sinistra del PD ma anche esperienze territoriali e movimenti. Purtroppo questo scenario non si è determinato e non è detto che sarebbe comunque stato sufficiente a produrre un risultato positivo. Certo ha contato anche l’oscuramento mediatico che abbiamo denunciato, ma sarebbe sbagliato non porsi il problema politico di come affrontare rapporti di forza così sfavorevoli. Nella campagna elettorale si è evidenziata – ma non è la prima volta – la debolezza organizzativa nostra e di altre formazioni e il poco tempo disponibile non ha consentito neanche di coinvolgere settori più larghi come accadde con L’Altra Europa.
L’Italia è sempre più un paese senza sinistra. I risultati di Potere al popolo e poi quello de La Sinistra dimostrano che non esistono scorciatoie per il superamento delle difficoltà che viviamo da anni e che il terreno elettorale rende evidenti. Non ci sono referenti popolari né un “popolo di sinistra” che rispondono automaticamente al richiamo di una formula in assenza di radicamento sociale, di continuità, di un discorso egemonico e di un profilo credibile.
Non bastano gli errori del PD o del M5S a determinare uno spostamento di voti a favore della sinistra e l’unità tra le organizzazioni e i gruppi dirigenti non è mai condizione sufficiente neanche per resistere all’attrazione del “voto utile”.
Di fronte al risultato sarebbe sbagliato rinunciare al percorso unitario avviato e disperdere le energie militanti e intellettuali che si sono aggregate. E’ bene invece avviare un percorso di discussione collettivo in tutto il paese – a partire dall’assemblea nazionale del 9 giugno a Roma – che coinvolga chi si è speso in questa campagna e chi perplesso è rimasto ai margini.
L’insuccesso della lista non cancella il bisogno di sinistra nel nostro paese e soprattutto di una sinistra anticapitalista e antiliberista.
La pesantezza e il reiterarsi delle sconfitte elettorali rischia di tradursi in un atteggiamento rinunciatario e di resa che sarebbe nefasto. Ma si impone a Rifondazione Comunista come a tutta la sinistra sociale e politica una riflessione e una ricerca coraggiosa che non dia nulla per scontato. Per questo va avviata immediatamente la discussione dentro e fuori il partito in modalità più originali di un tradizionale congresso.
Sarebbe un grave errore rinchiuderci nelle nostre stanze mentre mai come oggi c’è bisogno di dispiegare la nostra iniziativa politica, sociale, culturale e organizzativa. Dobbiamo “camminare domandando” consapevoli dei nostri limiti ma anche della necessità di costruire l’opposizione sociale e politica al leghismo e al neoliberismo.
Di fronte alla drammaticità del risultato nessuno – nemmeno i sindacati e i movimenti – potrà sottrarsi al tema di come fronteggiare una destra come quella guidata da Salvini.
La riproposizione dell’orizzonte del centrosinistra e dell’alleanza con il PD non appare la strada in grado di recuperare la connessione con le classi lavoratrici e popolari.
Non è tempo della resa.
Le mobilitazioni sindacali, ambientaliste, sociali, antirazziste, femministe costituiscono il terreno principale di sviluppo dell’iniziativa della Sinistra e di Rifondazione Comunista. In particolare bisogna investire le nostre energie nella campagna contro l’autonomia differenziata, contro la regionalizzazione della scuola e della sanità, e sui temi economici-sociali dalla flat tax alla patrimoniale alla critica dei vincoli europei e della manovra antipopolare che si prepara.
La Direzione Nazionale PRC
4/6/2019 www.rifondazione.it
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!