Donne migranti. Competenze sprecate

Le donne migranti che arrivano in Italia e in Europa sono in media più istruite degli uomini, ma hanno maggiori probabilità di svolgere lavori per cui sono sovra-qualificate. Uno spreco di competenze che genera disuguaglianze, con ripercussioni significative sull’occupazione

La maggioranza delle persone immigrate in Europa e in Italia sono donne (52% e 54%), con un livello di istruzione mediamente superiore rispetto agli uomini loro connazionali.[1]

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, in Europa la percentuale di persone immigrate con istruzione universitaria (32%) è infatti simile a quella della popolazione autoctona (34%), e l’istruzione femminile gioca un ruolo significativo, dal momento che hanno un’istruzione terziaria il 37% delle donne native europee e il 33% delle donne migranti. 

Le percentuali di laureate e laureati tra persone immigrate e autoctone variano tra i diversi paesi, ma tendono a essere correlate: laddove la popolazione locale è più istruita, lo sono anche le persone immigrate. L’Italia è al penultimo posto in Europa per donne native laureate (24%, seguita solo dalla Romania) e all’ultimo per donne migranti laureate (16%).

Figura 1. Percentuale di persone con istruzione terziaria, native europee e migranti, in Italia e in Europa

Figura 1
Fonte: elaborazione microdati “European Labor Force Survey” 2021 di EUROSTAT

A parità di caratteristiche demografiche, il tasso di occupazione dei migranti uomini nel nostro paese supera quello dei nativi di 4 punti percentuali, mentre quello delle donne migranti è inferiore di 5 punti percentuali: dunque, nonostante la condizione occupazionale in Italia risulti migliore rispetto alla media europea sia per gli uomini che per le donne (rispettivamente, -5 e -15 punti percentuali), le donne migranti soffrono uno svantaggio maggiore rispetto alle donne native e ai connazionali uomini. 

I 5 punti percentuali di differenziale rispetto alle donne native risultano inoltre più allarmanti, considerando che, secondo i dati Istat, il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2021 era del 49,4%, un valore significativamente inferiore alla media europea.

Il divario rispetto ai connazionali uomini si amplia però all’aumentare del grado di istruzione. Un dato che suggerisce come, per le donne migranti, possedere un livello di istruzione elevato non sia sufficiente per raggiungere livelli di occupazione e qualità d’impiego paragonabili sia a quelli delle donne native che a quelli dei connazionali uomini. 

Tra le persone con istruzione universitaria, le donne che hanno ottenuto la laurea nel loro paese d’origine sono le più svantaggiate in Europa, dal momento che hanno una probabilità di trovare lavoro inferiore di 23 punti percentuali rispetto alle donne native. Una situazione che peggiora in Italia, dove il divario sale a 30 punti percentuali. Per gli uomini migranti invece, in Europa il divario negativo si ferma a 9 punti percentuali rispetto ai nativi (8 in Italia), evidenziando una parziale polarizzazione nell’integrazione nel mercato del lavoro basata sul genere.

Figura 2. Divari nella probabilità di occupazione delle persone migranti con laurea conseguita all’estero, rispetto alle persone native

Figura 2
Fonte: elaborazione microdati “European Labor Force Survey” 2021 di EUROSTAT

In questo scenario di scarsa occupazione rispetto alle donne native e agli uomini immigrati, è fondamentale considerare anche la tipologia di lavori che le donne migranti svolgono. Molte, seppur altamente istruite, si ritrovano infatti a fare lavori poco qualificati e mal retribuiti, mostrando una probabilità notevolmente superiore, rispetto alle donne native e ai connazionali uomini, di essere occupate nei cosiddetti lavori “elementari”, che richiedono competenze di base e offrono una remunerazione inferiore alla media nazionale.

In Europa, le persone native con istruzione terziaria hanno circa l’1% di probabilità di essere impiegate in occupazioni non qualificate e poco retribuite. Al contrario, per le persone migranti con laurea conseguita all’estero questa percentuale aumenta significativamente, di 5 punti percentuali per gli uomini e 10 per le donne. In Italia il divario è ancora più marcato, con differenziali che raggiungono rispettivamente i 15 e i 20 punti percentuali. Per le persone migranti che ottengono un titolo terziario dopo il loro arrivo nel paese prescelto e trovano lavoro, la qualità dell’occupazione è invece simile a quella delle persone native.

Queste dinamiche evidenziano alcune peculiarità del mercato del lavoro italiano per le persone migranti: i tassi di occupazione superiori alla media europea sono principalmente sostenuti dalle persone migranti senza titolo di studio o con titoli di studio primari e secondari. Per le persone migranti con istruzione superiore, il quadro si differenzia invece tra uomini e donne: gli uomini con laurea conseguita all’estero hanno un tasso di occupazione leggermente superiore alla media europea (-8 rispetto a -9 punti percentuali), mentre le donne con lo stesso livello di istruzione mostrano un tasso di occupazione significativamente più basso rispetto alle native (-30 rispetto a -23), in controtendenza rispetto alla media europea. 

In Italia, l’integrazione occupazionale è quindi sostenuta dai migranti poco qualificati o da uomini con istruzione universitaria. Tuttavia, l’integrazione lavorativa di quest’ultima categoria avviene spesso a scapito della qualità del lavoro: sia gli uomini che le donne migranti altamente qualificate con titoli di studio conseguiti all’estero hanno una maggiore probabilità di essere impiegate in lavori elementari rispetto ad altri paesi europei, pari a +10 punti percentuali, nonostante possiedano qualifiche e caratteristiche simili a quelle delle persone native.

Il disallineamento tra le competenze delle lavoratrici e dei lavoratori e il lavoro svolto può essere misurato anche attraverso il grado di sovra-istruzione, laddove risulta “sovra-istruita” qualsiasi lavoratrice o lavoratore con un livello di istruzione superiore a quello più frequente nella propria occupazione, fascia di età e paese di residenza. In Europa lo è il 38,5% delle persone native con istruzione terziaria (il 44% in Italia). Tuttavia, la percentuale cresce tra le persone non native con lo stesso livello di istruzione: in Europa, per gli uomini e le donne migranti con titolo conseguito all’estero, di rispettivamente 19 e 26 punti percentuali.

Anche le persone migranti che hanno studiato nel paese in cui vivono hanno una probabilità più alta di essere sovra-istruite rispetto alle persone native, pari a 4,5 punti percentuali per gli uomini e 7 per le donne. In Italia, il valore è pari rispettivamente a 33 e 38 punti per chi ha ottenuto il titolo di studio all’estero. Tra chi ha studiato in Italia, invece, gli uomini non mostrano uno svantaggio significativo, mentre le donne migranti hanno otto punti percentuali in più di probabilità di essere sovra-qualificate rispetto alle native con le stesse caratteristiche. Questo divario evidenzia una certa integrazione occupazionale per gli uomini che studiano nel paese di arrivo, mentre le donne, anche con un titolo di studio “domestico”, tendono a rimanere in mansioni per cui sono sovra-qualificate.

Figura 3. Divari nella probabilità di sovra-istruzione delle persone migranti altamente qualificate, rispetto alle persone native

Figura 3
Fonte: elaborazione microdati “European Labor Force Survey” 2021 di EUROSTAT

Alla base dello svantaggio iniziale nel mercato del lavoro affrontato dalle persone migranti con livello di istruzione elevato ci sono diversi fattori, tra cui la mancanza di competenze specifiche rispetto al paese di destinazione, ad esempio la padronanza della lingua. Dunque, il tempo trascorso nel paese di arrivo dovrebbe migliorare sia il tasso di occupazione sia la qualità dell’impiego. Un’altra possibile causa è invece che la sovra-istruzione misurata formalmente non rispecchi le competenze effettive delle lavoratrici e dei lavoratori, qualora la qualità dell’istruzione ricevuta nei paesi di origine sia inferiore a quella del paese di arrivo.

Confrontando il grado di sovra-istruzione delle persone immigrate con diversi periodi di permanenza nel paese, il fenomeno appare stabile nel tempo, rendendo improbabile che il disallineamento tra istruzione e mansioni lavorative sia dovuto principalmente alla mancanza di competenze acquisibili con la permanenza. Inoltre, introducendo anche la qualità dell’istruzione nell’analisi e scomponendo il differenziale nella probabilità di sovra-istruzione rispetto alle persone native, in base a caratteristiche individuali (età e genere), qualità dell’istruzione dei paesi di origine e una parte residua, si riesce a spiegare al massimo un sesto del differenziale totale.[2]

Figura 4. Scomposizione del divario nella probabilità di sovra-istruzione di persone migranti con laurea conseguita all’estero (Italia)

Figura 4
Fonte: elaborazione microdati “European Labor Force Survey” 2021 di EUROSTAT

Questa analisi suggerisce l’esistenza di un diffuso spreco di competenze nel mercato del lavoro europeo, specialmente tra le donne. L’impiego in mansioni per le quali le persone risultano sovra-qualificate comporta conseguenze rilevanti per le lavoratrici e i lavoratori, come salari inferiori rispetto a quelli percepiti se distribuiti in maniera più adeguata, e una progressiva svalutazione del proprio capitale umano nel tempo. Questo ha un impatto anche sui paesi ospitanti, sia in termini di produttività che di efficienza del mercato del lavoro. 

È quindi urgente identificare le cause di questo fenomeno di sovra-qualificazione estesa e persistente: comprendere quanto incidano la discriminazione nelle assunzioni, il mancato riconoscimento dei titoli di studio, il quadro normativo, l’effetto delle reti sociali nella ricerca del lavoro e altri fattori potenzialmente specifici per le donne, è fondamentale per sviluppare politiche mirate che favoriscano una valorizzazione delle competenze dei e delle migranti e una loro migliore ripartizione nel mercato del lavoro.

Note

[1] I dati di questo articolo sono tratti dall’ottavo rapporto annuale dell’Osservatorio sulle migrazioni del Centro studi Luca d’Agliano e del Collegio Carlo Alberto Immigrant Integration in Europe, presentato venerdì 22 marzo 2024 nell’ambito della conferenza Immigrant Integration around the World al Collegio Carlo Alberto di Torino.

[2] Tramite misure internazionalmente comparabili di qualità del sistema educativo di ciascun paese, dal dataset armonizzato (HLO) della Banca Mondiale sulla qualità dell’istruzione.

Angela Dalmonte

15/10/2024 http://www.ingenere.it

Immagine: CreditsUnsplash/Alex Gruber

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