Dopo il forum di San Pietroburgo: l’economia russa prosegue la sua corsa a ostacoli

Il “nostro inviato” a San Pietroburgo ci riferisce sui lavori del Forum economico internazionale da poco conclusosi. Se il tema di fondo è stato il multipolarismo e il ruolo dei BRICS+ in un nuovo ordine globale, sono emersi anche dati significativi, come il record delle relazioni commerciali tra Mosca e Pechino e la conferma della crescita dell’economia russa.

di Maurizio Vezzosi

San Pietroburgo – Nella seconda capitale russa si sono chiusi nei giorni scorsi i lavori del Forum economico internazionale di S.Pietroburgo. Imponenti le proporzioni dell’evento che – con notevoli  misure di sicurezza – ha registrato la partecipazione di circa 18 mila visitatori.
Secondo Anton Kobyakov, segretario del comitato organizzatore del forum e consigliere presidenziale, nell’ambito dell’incontro si sono conclusi accordi per un valore complessivo che, senza contare gli accordi coperti da segreto commerciale, supera la soglia dei 6 trilioni di rubli (oltre 70 miliardi di dollari). Ampissimo lo spazio messo a disposizione delle grandi aziende russe, istituti di credito ed enti istituzionali: colossi come Gazprom, Alfabank, Sberbank, Rosatom, Lukoil, Rosneft e molti altri.

Durante i lavori del forum una spiccata centralità è stata attribuita ai temi legati al multipolarismo ed al ruolo globale dei BRICS+, considerando anche che nell’anno corrente Mosca presiede la coalizione e si prepara ad ospitarne il vertice a Kazan nel prossimo autunno. Immediatamente dopo la conclusione del forum di S.Pietroburgo si è svolto tra l’altro a Nizhny-Novgorod il vertice dei ministri degli esteri dei BRICS+.
Molto importante, a questo proposito, anche la partecipazione dell’ex presidente brasiliana Dilma Rouseff,  che ha incontrato personalmente Vladimir Putin in veste di presidente della Banca dei BRICS+. Come è ben noto uno dei grandi temi al centro delle discussioni tra i governi dei paesi membri ed allo studio della Banca dei BRICS+ è quello della creazione di un sistema di pagamento alternativo a dollaro ed euro: una questione rispetto alla quale ognuno dei paesi membri – fondatori e non – si approccia con presupposti ed interessi distinti. Tra i principali aggreganti dei paesi membri c’è la volontà di privilegiare gli scambi nelle valute nazionali – rubli, yuan, rupie, eccetera – riducendo le transazione in euro e soprattutto in dollari. Intanto, in relazione all’ennesimo pacchetto di sanzioni adottato da Washington la borsa di Mosca nei giorni scorsi ha cessato ogni operazione in euro ed in dollari: un fatto che pur aumentando le difficoltà non potrà che stimolare ulteriormente l’utilizzo del rublo nelle transazioni internazionali così come dello yuan cinese.

Da segnalare, nell’ambito dei lavori del forum di S.Pietroburgo, anche una folta presenza araba, iraniana, indiana, africana e latinoamericana: oltre a queste ha partecipato all’evento anche una delegazione del governo talebano – con cui Mosca da tempo dialoga e che si appresta ad escludere dalla lista delle organizzazioni terroristiche – e una di quello della Corea del nord, paese con il quale i rapporti si sono fatti più stretti soprattutto  rispetto alle questioni militari dopo il 24 febbraio 2022. Le uniche realtà istituzionali di paesi NATO presenti al forum sono state quelle di Budapest ed Ankara, rappresentate dal ministro dell’energia turco Alparslan Bajraktar e dal ministro degli esteri ungherese Peter Sijarto: due presenze, quella turca ed ungherese, naturalmente riconducibili all’atteggiamento assunto dai due paesi ormai da oltre due anni a questa parte.

Tra gli esponenti del mondo industriale ed imprenditoriale italiano nella Federazione russa che hanno partecipato al forum di S.Pietroburgo ci sono alcune presenze ormai storiche, come quella di Antonio Fallico, ex amministratore delegato di Banca Intesa Russia e presidente dell’associazione “Conoscere Eurasia”, Vittorio Torrembini, presidente di GIM Unimpresa  – associazione degli imprenditori italiani in Russia, Pierpaolo Lodigiani, attivo da decenni nel settore agricolo della Federazione russa: insieme a loro anche Carlo Spada, amministratore delegato di Edilsider, azienda specializzata negli allestimenti per attività produttive е di ricerca in contesti climatici estremi: quest’ultimo, in particolare, ha sottolineato le pesanti ricadute nelle attività dell’azienda che dirige, dal momento che queste si trovano ad essere completamente bloccate nella Federazione russa in relazione al sesto pacchetto sanzionatorio emesso dopo il 24 febbraio 2022.

Secondo Vittorio Torrembini le sanzioni nei confronti della Federazione Russa hanno determinato  un danno complessivo all’economia italiana compreso tra i 10 ed i 15 miliardi di euro. Se ad aver lasciato la Federazione russa sono state circa un centinaio di aziende italiane, altre 350 circa vi sono rimaste attive. Tutte le realtà industriali italiane attive nella Federazione Russa lamentano serie difficoltà rispetto alle transazioni finanziarie: tra le principali da segnalare ci sono quelle legate ai pagamenti da e verso la Federazione Russa, con una frequente sovrapplicazione (overcomplaining) delle sanzioni rivolte verso Mosca da parte di molti istituti di credito: spesso le procedure di verifica vengono appesantite da controlli neppure richiesti dai regolamenti sanzionatori.
Lo stesso Vittorio Torrembini ha recentemente sottolineato i problemi spesso sollevati dai doganieri polacchi e lituani per le merci italiane regolarmente trasportate ed in transito verso la Federazione russa e come la Lituania negli ultimi tempi si sia curiosamente trasformata in un esportatore di vino. A proposito di vino, nonostante il calo dell’interscambio complessivo con Mosca nel 2023, l’Italia si è confermata, tra le altre cose, il principale esportatore di vino nella Federazione Russa, incalzata dalla Georgia, a poca distanza per quantitativi venduti.

La partecipazione al forum delle due figlie di Vladimir Putin in veste di moderatrici e della figlia dell’ex ministro della difesa e attuale segretario del Consiglio di Sicurezza Sergej Shoigu è stato oggetto di una forte stigmatizzazione, soprattutto da parte della stampa britannica e statunitense. Un aspetto, quello del nepotismo, certamente non virtuoso ma quantomeno secondario rispetto all’importanza politica e soprattutto economica dell’orientamento asiatico assunto dalla Federazione Russa.
Nelle numerose discussioni tra partecipanti russi e stranieri sono state confermate tutte le tendenze che hanno caratterizzato l’economia russa negli ultimi tempi, e soprattutto dal 24 febbraio 2022: i vettori asiatici ed il significativo ridimensionamento dei rapporti con l’Europa occidentale, Massiccia la presenza cinese, rappresentata dai colossi industriali, mediatici e finanziari di Pechino: una presenza, quella del Dragone, suggellata delle automobili HonqQi- vetture ufficiali del forum e sempre più diffuse nella Federazione russa – e dal drone-elicottero militare JZ-55 prodotto da Tsingaero armament esposto a pochi metri dall’entrata principale del centro congressi in cui il forum si è svolto. Nelle discussioni dedicate ai rapporti sino-russi è stato rilevato il massimo storico raggiunto dalle relazioni tra Mosca e Pechino: se nel 2013 l’interscambio tra Mosca e Pechino valeva circa 87 miliardi di dollari nel 2023, la cifra ha raggiunto, ormai quasi triplicando, la soglia di 240 miliardi di dollari.

Andamento del PIL in Russia

L’economia russa ha chiuso il 2022 con un calo del 2,1% , il 2023 con una crescita del 3,6% : per il 2024 il Fondo Monetario Internazionale nello scorso aprile ha rivisto al rialzo le aspettative di crescita del Pil russo portandole a +3,2% ed attestandone così la crescita come una tra le maggiori a livello mondiale. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale prevede per il 2025 un rallentamento dell’economia russa che tuttavia si chiuderebbe comunque l’anno in crescita con un +1,8%.
Una delle principali criticità dell’economia russa è rappresentata dalla carenza di manodopera: una congiuntura determinata sia dal numero di uomini impiegati – ed in parte persi – nello sforzo militare, sia dalla spinta economica innescata dalla produzione bellica e dalla situazione generale della demografia russa. Per avere una misura dei deficit di manodopera si può tenere presente  che alcuni centri di ricerca russi hanno stimato la mancanza di manodopera nel 2023 in quasi 5 milioni di lavoratori. Un problema che il Cremlino sta cercando di mitigare stimolando l’arrivo di lavoratori da molte aree del mondo.

Tasso di disoccupazione in Russia

Oltre alla carenza di manodopera l’economia russa registra una rilevante tendenza inflattiva che la Banca Centrale ha cercato in ogni modo di contenere con l’innalzamento dei tassi, portando questi ultimi al 16%: un fenomeno congiunto a quello della crescita dei prezzi. La tenuta dell’economia russa ha comunque dimostrato, almeno fino ad oggi, una capacità di resistenza e di adattamento ben superiore a numerose aspettative: un fatto riconosciuto, tra l’altro, anche dal New York Times e dal Financial Times. Anche nelle forniture di gas verso l’Europa occidentale si ritrova una conferma di ciò, essendo la Federazione russa ritornata a maggio ad essere il principale fornitore di gas dell’Europa occidentale, scavalcando gli Stati Uniti.
Nel frattempo l’esito dell’insolita conferenza svoltasi in Svizzera ha confermato quale sia l’ atteggiamento nei confronti della questione ucraina da parte del mondo arabo e di alcuni tra i paesi massimi dell’economia mondiale, come Brasile, India e Cina. Se il reale obiettivo del vertice di Buergenstock (Lucerna) era misurare il livello di appoggio alla linea oltranzista da parte di questi paesi, il suo risultato può difficilmente venire equivocato nella sostanza. In un’intervista concessa al settimanale svizzero tedesco Die Weltwoche, a poche ora dalla conclusione della conferenza di Buergenstock il presidente serbo Aleksander Vucic ha parlato riferendosi alla guerra in Ucraina di una situazione “sull’orlo dell’abisso” sottolineando l’urgenza di un cessate il fuoco e di una soluzione politica. A questo proposito, lo stesso ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba al termine dei lavori di Buergenstock ha in sostanza ammesso la necessità di condurre un negoziato reale con Mosca. Uno negoziato che tuttavia non appare ancora prossimo nonostante la necessità impellente di ricostruire l’architettura di sicurezza europea e scongiurare uno scenario peggiore di quello odierno: per l’Ucraina e per tutta l’Europa.

1/7/2024 https://mondoeconomico.eu/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *