Dopo la resa al privato. Per una nuova sanità pubblica

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Da qui lanciamo una proposta

Una domanda ricorrente rivolta a chi ha partecipato attivamente all’emergenza sanitaria è che cosa veramente ha imparato, cosa si porterà dentro nei prossimi anni nella propria pratica professionale e di vita. Le risposte, intuitivamente, potranno essere molte e apparentemente in contraddizione tra loro, ma saranno tutte percorse da un filo che le riunisce tenendole insieme: le forme di tutto ciò che è stato messo in campo, e che vengono ancora oggi proposte, non sono adeguate non solo per un vicino domani, ma nemmeno per l’oggi stesso. I più attenti noteranno inoltre un certo fastidio quando nella discussione verranno elencate soluzioni parziali quali ad esempio l’aumento del fondo sanitario, il maggior peso del “territorio” rispetto all’ospedalo-centrismo e via via fino al solito “corner” che tutto sistema come una migliore capacità gestionale a tutti i livelli. Fatti certamente da non rinnegare, ma che facevano parte del chiacchiericcio politico già in anni di apparente tranquillità sanitaria dove non mancavano sperticate lodi sulla superiorità del nostro sistema sanitario rispetto all’universo mondo terracqueo.

In realtà, al momento attuale, risulta persino ripetitivo e al limite dell’illeggibile enumerare e distinguere i diversi aspetti del malfunzionamento contrapponendoli a ciò che di valido e di ancora funzionante abbiamo a disposizione: gli stessi giornali e i servizi televisivi si sovrappongono ormai all’esperienza di ciascuno di noi quando affrontiamo problematiche di salute dalla diagnosi alla cura risultandone un quadro a tratti sconcertante e pericoloso.

In sostanza la crisi sanitaria è una crisi di sistema e per questo meglio sottacere questa semplice considerazione e continuare a nascondere il problema di fondo mediante alte lamentazioni sulla capacità o meno di finanziare il fondo sanitario, sull’edilizia ottocentesca del patrimonio ospedaliero, sul numero inadeguato degli operatori sanitari che anni di blocco del turnover hanno costretto a rivolgersi ad altre professioni e via discorrendo. Il risultato lo sappiamo: i nostri anziani devono sopportare giornate d’attesa nei Pronto Soccorso senza a volte la possibilità di essere indirizzati nelle sedi di cura più consone, la possibilità di una tempestiva diagnostica sbatte contro il muro dei molti mesi di attesa di esami, l’accesso alle terapie mette a dura prova la capacità di spesa personale delle famiglie per ricordare solo l’inizio di una lista di esperienze che chi più chi meno tutti, in forme e gradi diversi, abbiamo ben presente.

Fino allo sconcerto di questi giorni quando i cittadini della nostra Regione hanno ricevuto da parte di qualche Azienda Sanitaria Locale la proposta telefonica di poter essere operati per patologie non oncologiche presso Presidi sanitari privati senza aggravio di spesa.
In sostanza è stata messa in campo la “resa” del sistema sanitario pubblico senza più infingimenti. Dall’armistizio con il sistema privato alla capitolazione.

La realtà ha infine superato la fantasia e si è incaricata autonomamente di mostrare le sue stesse contraddizioni superando anche una funzione di ricerca e critica che costituisce uno dei tratti distintivi di cosa sia un pensiero di sinistra. Al netto di un’eccezione: la particolarità nel denunciare come il quadro strutturale, normativo o politico non sia più in grado di rispondere alla funzione assegnatagli. Cosa significa? Un esempio immediato può essere ritrovato nella convinzione che un semplice aumento del finanziamento del sistema sanitario possa risolvere gran parte dei problemi. La corsa quindi si ridurrebbe all’accaparramento di nuove risorse a discapito di altri capitoli di spesa, fatto peraltro necessario – vedi le risorse investite sugli armamenti – ma che non porta da nessuna parte.

Posso colare tutto l’acciaio fuso che voglio negli stampi ma se questi sono costruiti male non otterrò nessun risultato utile, oltre a perdere la preziosa materia prima. Oppure spostare il problema su una presunta assenza di “efficienza”, grande cavallo di battaglia di una visione centrista e di destra attraverso cui si eludono le storture dello “stampo” rimettendo alla pratica degli operatori gli errori, costruendo una semplice motivazione gestionale che necessita, alla fine, una diversa catena di comando che tolga autonomia a chi si confronta quotidianamente in prima linea con le esigenze di salute a favore di vertici sempre più monocratici e sempre più avulsi dalle conoscenze maturate dagli operatori.

Proprio qui sta la nostra ineludibile caratteristica di uomini e donne di sinistra: il comprendere che il sistema necessita di una trasformazione che non può limitarsi a piccoli aggiustamenti mantenendo un impianto impietosamente collassato dalla prima seria emergenza globale da almeno cento anni – escludendo il dramma della guerra mondiale-.

Ora è necessario costruire una nuova proposta che superi la critica spicciola o gli emendamenti parziali non più sostenibili. Oltre al fatto che è nuovamente arrivato il tempo che il pensiero alternativo e di sinistra si misuri con la capacità di costruire una proposta di riforma sanitaria globale che affronti i nodi rimasti nel limbo dell’incapacità di pensiero alto e complesso, unico e senza direzione che sembra contraddistinguere la nostra epoca.

Da qui lanciamo una proposta che può apparire ambiziosa ma che rappresenta per molti versi una possibilità formidabile per riprendere il cammino: riunire tutte le intelligenze disperse a sinistra e ripensare in modo attuale e profondo il nostro sistema sanitario.
Una nuova grande Riforma Sanitaria che rappresenti un pensiero lungo per i prossimi anni capace di affrontare un mondo che si è evoluto ed involuto sotto i colpi di pandemie, guerre, trasformazioni sociali, economico-finanziarie, filosofiche e scientifiche.

Ripensare il nostro approccio alle nuove sfide della cura delle persone attraverso lo sviluppo scientifico, sociale ed economico ha molti significati che non possono essere rimandati ad un tempo futuro tra cui il primo è riscoprire la capacità di trasformazione e innovazione del nostro pensiero.

Con il coraggio di riaffermare che un sistema finanziato dai cittadini deve essere pubblico e non finanziatore occulto di sistemi privati che esprimono altri interessi e finalità e che pure potranno trovare spazi ma totalmente al di fuori dalla fiscalità generale.

Con la consapevolezza che il sistema sanitario nazionale rappresenta una delle più grandi, se non la più grande, organizzazione di lavoro nel nostro Paese soprattutto per la complessità dei ruoli e delle forme contrattuali che stanno vedendo avanzare pericolose forme di precarietà non tollerabili in un sistema ad alta complessità. Non potrà sfuggire, quindi, come la sua riforma contenga significati che vanno al di là del problema della cura, riportando in primo piano la questione del lavoro e delle sue forme nell’agenda politica.

Affondare le mani in questa problematica significa chiarirsi le idee attorno a questioni che il pensiero unico ha relegato nell’ombra quali ad esempio il rapporto tra diritti e risorse, dove si è rovesciato il rapporto istituito dalla Costituzione antifascista con i primi ormai considerate solo funzioni delle seconde. Con il risultato di porre in competizione il reddito con la salute, quindi la spesa previdenziale con quella sanitaria.

Come anche capire quanto conta la necessità di affrontare le diseguaglianze che proprio nel sistema delle cure trova uno dei momenti più dolenti e pericolosi.
Oppure risolvere il nodo tra la rigidità di linee guida non solo scientifiche ma anche burocratiche e tenere in debito conto le singolarità che ogni persona porta con sé, la capacità di coniugare l’autonomia territoriale con l’attuale disastroso spezzettamento della risposta sanitaria nazionale con venti sistemi differenti e squilibrati.

Costruire una nuova Riforma Sanitaria significa anche sfidare noi stessi e capire se la costruzione del nostro soggetto politico risulti adeguata o meno alle sfide a cui è esposto il nostro popolo che non trova nelle proposte di diverse sinistre oggi in campo il “proprio” soggetto politico. Un soggetto politico che, confrontandosi con la capacità di costruzione di un nuovo modello – in questo caso della salute – sia in grado di offrire alla nostra società degli elementi nuovi che costruiscano un avanzamento su questioni quali le diseguaglianze, il diritto, il lavoro, le trasformazioni sociali e scientifiche. Sapendo che un modello da solo non è sufficiente, ma deve essere inserito in un contesto di senso che contraddistingue la nostra sinistra.

Dorino Piras

Medico urologo Torino
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

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