Draghi all’europarlamento: la ricetta iperliberista che aggrava la crisi europea

L’intervento di Mario Draghi al Parlamento Europeo ha delineato una visione per il futuro dell’Unione Europea che, purtroppo, rischia di riproporre le stesse logiche che hanno condotto al disastro sociale ed economico degli ultimi decenni. Sotto le vesti di un appello all’unità e all’azione, si cela infatti una ricetta iperliberista che ignora le vere radici della crisi e che punta a risolverla con gli stessi strumenti che l’hanno generata.

Draghi invoca una risposta europea “rapida, commisurata e intensa”, e propone di agire “come se fossimo un unico Stato”. Ma in cosa consiste questa risposta unitaria? Principalmente in una spinta ulteriore verso la “standardizzazione, armonizzazione e semplificazione” delle normative, in un mercato dei capitali più basato sull’equity e in un sostegno alle industrie tradizionali visto non come tutela sociale ma come necessità “strategica” in un mondo geopolitico instabile. Si tratta, in sostanza, di un catalogo di misure già sperimentate e che hanno portato alla precarizzazione del lavoro, all’aumento delle disuguaglianze e all’impoverimento di ampie fasce della popolazione europea.

Particolarmente allarmante è la centralità che Draghi attribuisce alla difesa europea e agli armamenti. In un passaggio chiave, denuncia la “frammentazione della capacità industriale lungo linee nazionali” nel settore della difesa, sottolineando come l’Europa, pur essendo il terzo contribuente mondiale in spese militari, non sia in grado di “soddisfare un aumento della spesa per la difesa attraverso la propria capacità produttiva”. Questo appello a una maggiore integrazione militare, con piani di spesa “stratosferici”, si inserisce in una logica pericolosa di economia di guerra, che distoglie risorse preziose da investimenti sociali e ambientali urgenti, alimentando invece un settore già fiorente a spese della collettività.

Sul fronte energetico, Draghi si limita a constatare la necessità di “abbassare i prezzi”, senza mettere in discussione la fallimentare politica di taglio delle forniture dalla Russia, che è stata una delle cause principali dell’impennata dei costi. Si riconoscono “ritardi nell’installazione di capacità rinnovabili, reti sottosviluppate, elevata tassazione e margini finanziari” come fattori di costo elevato, ma si evita di affrontare la miopia strategica di una politica energetica subordinata a logiche geopolitiche e ideologiche, piuttosto che al benessere dei cittadini europei.

In conclusione, la relazione Draghi, lungi dal proporre soluzioni innovative e orientate al bene comune, si rivela un manifesto iperliberista e militarista che rischia di aggravare la crisi europea. Anziché riconoscere i limiti di un modello economico che ha prodotto disuguaglianze e vulnerabilità, Draghi ne propone un’ulteriore accelerazione, con l’unica vera novità di una forte enfasi sulla dimensione militare. Una visione miope e pericolosa, che ignora le sofferenze sociali e che allontana l’Europa da un futuro di pace e prosperità condivisa.

Marco Nesci

19/2025 https://www.apcinkiesta.it/

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