DRAGHI È SEMPRE DRAGHI
“Le regole di bilancio in vigore fino alla pandemia, gi allora non erano sufficienti, erano regole procicliche che per certi aspetti aggravavano il problema invece di aiutare a risolverli. Una revisione era necessaria, oggi inevitabile“.
Così il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nella conferenza stampa con Macron. Dunque avevamo ragione noi di Rifondazione Comunista che abbiamo votato contro i trattati a partire da Maastricht. Non bisognava certo attendere la pandemia per accorgersi che i sicari dell’economia come Mario Draghi e le classi dominanti stavano distruggendo il modello sociale europeo ma era proprio quello l’obiettivo pubblicamente dichiarato dal banchiere. Con tonnellate di libri e anni di lotte noi della sinistra antiliberista abbiamo denunciato gli effetti nefasti dell’austerity neoliberista.
Ricordiamo che sulla base di quelle regole sono stati imposti tagli e privatizzazioni che hanno massacrato lo stato sociale, la sanità, la scuola, aumentato la disoccupazione, peggiorato le condizioni di vita di milioni di persone, precarizzato il lavoro. Interi paesi come la Grecia sono stati strangolati e la stessa democrazia svuotata. Draghi, che è stato gran sacerdote e sicario in nome di quelle regole nella troika, dovrebbe chiedere scusa e ritirarsi a vita privata. Non lo farà perché la sua ammissione che quelle regole provocano crisi non è disinteressata. Draghi oggi dice che serve più spesa pubblica perché ne ha bisogno il grande capitale italiano e europeo.La pandemia ha dimostrato che è stata criminale e contraria ai principi costituzionali la politica riduzione dell’intervento dello stato che Draghi ha perseguito con tutta la governance neoliberista europea.
Adesso tutti gli editorialisti e i politicanti si complimenteranno. Meritano solo pernacchie questi servitori dell’opinione dominante che hanno sostenuto e votato per tanto tempo pseudoriforme antipopolari. Ovviamente Draghi rimane Draghi e il suo al massimo é un neokeynesismo al servizio del grande capitale. Quando riabilita l’intervento dello stato Draghi non va equivocato. Non ci sembra che abbia smesso di essere uno spietato quanto intelligente nemico della classe lavoratrice e della Costituzione. Infatti il suo governo usa risorse pubbliche per competitività imprese ma non certo su obiettivi sociali come rilancio di scuola e sanità e, più in generale, del settore pubblico. La spesa pubblica non viene indirizzata verso un piano di assunzioni che colmi il gap di almeno un milione di dipendenti pubblici rispetto alla media europa. Persino nella sanità – dove le sue raccomandazioni di banchiere centrale hanno provocato una strage evitabile – ci si prepara a ingrassare ulteriormente il business dei privati.
Nel Nadef non si prevedono aumenti salariali e il governo si guarda bene dall’introdurre il salario minimo orario per legge. Su pensioni siamo al ritorno integrale a legge Fornero, la precarietà del lavoro non viene intaccata.La sospensione delle regole di bilancio non è stata conseguenza di un ravvedimento della governance neoliberista europea. È stata una necessità per garantire la riproduzione del capitale. La disinvoltura con cui i neoliberisti si sono liberati dei loro dogmi, imposti ai popoli europei come sacri, dimostra che meritano solo ora il disprezzo delle classi popolari che invece vengono indotte da una pseudosinistra a considerarli salvatori della patria. Per ora sappiamo che i vincoli torneranno presto (già nel 2024) e che il costo della crisi lo pagheranno le classi popolari. Le modifiche alle regole di bilancio proposte da Macron e Draghi abbiamo la sensazione che non saranno quelle di cui ci sarebbe bisogno. Le loro biografie e le mosse dei governi che guidano non ci confortano.
Dalla conferenza stampa emerge invece un’indicazione chiara. Aumenteranno le spese militari europee – come chiedono da tempo gli USA – nell’ambito NATO. Dall’incontro tra Draghi e quello che i francesi chiamano “il presidente dei ricchi” non viene fuori il rilancio di un’Europa sociale ma un progetto neocapitalista e imperialista. Ovviamente dei contenuti del Trattato Draghi non ha nemmeno discusso col nostro parlamento. Giusto per ricordarci che la nostra ormai è una postdemocrazia. Comunque incassiamo l’ennesima conferma che avevamo ragione. L’ammissione di Draghi segnala una contraddizione in cui dobbiamo cercare di inserirci come partiti e movimenti della sinistra europea. Le parole di Draghi rappresentano la conferma del fallimento della politica perseguita dal centrosinistra europeo e ancor di più di quello italiano che hanno condiviso con la destra una sistematica distruzione dei diritti delle classi lavoratrici e popolari e dello stato sociale.
Maurizio Acerbo segretario nazionale di Rifondzione Comunista
26/11/2021
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