Dynamic Manta 2022. La Nato da oggi gioca al gatto e al topo nel mare di Sicilia
È partita lunedì la Dynamic Manta (DYMA), l’esercitazione navale condotta annualmente nel Mediterraneo centrale dal Comando Marittimo Alleato della Nato. Al largo delle coste siciliane, Canada, Francia, Grecia, Italia, Spagna, Turchia e Stati Uniti si addestreranno alla guerra sottomarina. L’Italia assicura il supporto logistico della base navale di Augusta e della base aerea dell’Aeronautica Militare di Sigonella, a Catania.
Quest’anno, le manovre avverranno in un contesto di crisi internazionale che sfiora la Sicilia, dove da circa un mese si è intensificata l’attività militare di mare e di cielo. Sputnik Italia ha approfondito l’argomento con il giornalista e analista politico Antonio Mazzeo.
Dynamic Manta è un’esercitazione navale che la Nato tiene ogni anno al largo della costa siciliana, che funzione assume, però, adesso in questo quadro di altissima tensione internazionale che coinvolge il Mediterraneo?
E’ ovvio che in questo momento pieno di incognite, dove i venti di guerra soffiano sempre più impetuosi, ogni dichiarazione, ogni gesto, ogni eventuale segnale militare può produrre effetti dirompenti, accelerando l’escalation verso il conflitto o stemperando le tensioni. Un’esercitazione aeronavale come Dynamic Manta, per il numero dei paesi che vi partecipano, per la rilevanza dei sistemi bellici impiegati, ma soprattutto per le sue finalità (l’addestramento alla “caccia” dei sottomarini nemici e la loro “neutralizzazione”) non può che contribuire ad esasperare i toni del braccio di ferro tra Usa-Nato e Russia.
Le forze aeronavali dell’Alleanza Atlantica sin dai tempi della Guerra fredda riservano un’alta rilevanza simbolica-militare a questi war games a largo delle coste siciliane. Il target da individuare e colpire è sempre stato solo sovietico e/o russo e le attività alleate si svolgono investendo e mobilitando le principali infrastrutture belliche dell’Isola (Sigonella; lo scalo “civile” di Catania-Fontanarossa; i porti di Messina, Catania e Augusta; i sistemi di telecomunicazione che trasmettono gli ordini ai sottomarini nucleari in immersione di Niscemi e, da qualche anno, le antenne satellitari del MUOS; gli aerei radar Awacs NATO a Trapani-Birgi; i radar e gli apparati d’intelligence installati a Noto-Mezzogregorio, Marsala, Favignana, Portopalo di Capo Passero, Lampedusa, Pantelleria, ecc.).
Mi permetto di segnalare poi come all’edizione 2022, in piena crisi ucraina, è più che probabile che la Marina militare USA sia rappresentata da un sottomarino a propulsione nucleare che in questi mesi è stato trasferito stabilmente nel Mediterraneo e posto sotto il comando delle forze navale statunitensi in Europa e Africa e della VI Flotta di Napoli, proprio per lanciare a Mosca un segnale forte, inequivocabile, di dissuasione, così come afferma il Pentagono. Si tratta dell’USS Georgia, sommergibile della sofisticata classe „Ohio“, armato con 154 missili da crociera BGM-109 Tomahawk, in grado di raggiungere obiettivi a 1.500-2.000 km di distanza. Sono missili pensati per trasportare ogive nucleari, della stessa tipologia die famigerati Cruise che furono schierati in Sicilia, nella base di Comiso, a partire dal 1983 e successivamente smantellati con l’accordo INF tra USA-URSS, oggi rimesso in discussione, unilateralmente, dalle nuove strategie nucleari di Washington e degli alleati NATO.
La Marina Usa di norma mantiene top secret le aree in cui vengono schierati i sommergibili e i mezzi di rilevanza stragegica.E invece con l’USS Georgia, platealmente, lo ha fatto riemergere nel Mediterraneo orientale a metà gennaio quando si è delineata pesantemente la situazione in Est Europa. Questa unità ha fatto bella mostra di sé e dei suoi distruttivi missili convenzionali per alcuni giorni nel porto di Limassol, a Cipro. Da oggi, giocherà al gatto e al topo nello Ionio e nel Canale di Sicilia.
Nei giorni scorsi è stato diramato dalla Capitaneria di porto di Catania un allarme su un ampio specchio d’acqua dovuto alla presenza di un sommergibile che partecipa ai giochi di guerra. Concretamente quali effetti ci saranno per la pesca e le altre attività marittime?
Le conseguenze, devastanti, dal punto di vista sociale ed economico per l’Isola sono contemplati nelle ordinanze emesse dalle Capitanerie di Porto di Catania ed Augusta: divieto di transito e di sosta per ogni mezzo navale “civile” in una vastissima area marittima del basso Ionio, che si sommano ai divieti che hanno interessato nei mesi scorsi altre coste siciliane, sempre in occasione di esercitazioni aeronavali o delle evoluzioni dei sottomarini NATO (a fine gennaio è stato interdetto un tratto di costa compreso tra la provincia di Agrigento e quella di Siracusa). Ma attenzione: le attività militari “periodiche” sono solo un aspetto del processo di militarizzazione della società e dell’economia siciliana. L’espansione della base di Sigonella e la sua trasformazione in centro di comando e controllo delle flotte dei droni Global Hawk della Marina USA e AGS della NATO ha comportato pesanti restrizioni del traffico aereo nella Sicilia orientale, compromettendo la piena funzionalità dello scalo di Catania-Fontanarossa, il terzo aeroporto come volume di traffico passeggeri in Italia.
Gli scenari futuri, indipendentemente dal corso degli eventi in Ucraina e/o in Siria, saranno ancora peggiori. A Sigonella è in corso un progetto multimilionario finanziato dalla NATO per allungare le piste di volo e consentire gli atterraggi e i decolli degli aeri tanker giganti per il rifornimento in volo dei cacciabombardieri, creando di fatto un hub per la mobilità USA e alleata in Africa, Medio oriente e Caucaso. Ciò comporterà ulteriori pesanti limitazioni al traffico aereo civile e alla mobilità dei siciliani, compromettendo ulteriormente il settore turistico. Qualche mese fa una denuncia è stata lanciata da alcune compagnie aeree: per l’estate i voli da Fontanarossa subiranno una riduzione per non compromettere il pieno funzionamento di Sigonella e del sistema radar militare che controlla tutte le attività nello spazio aereo della Sicilia orientale, aeroporto low cost di Comiso compreso. Le autorità della Regione e la società che gestisce le operazioni a Fontanarossa e Comiso sono perfettamente a conoscenza delle servitù militari a cui è sottoposto il traffico passeggeri nell’Isola. Ma hanno scelto il silenzio o, peggio, di collaborare consapevolmente al programma di militarizzazione generale della Sicilia e delle sue isole minori.
L’attività militare della Nato da circa un mese si è intensificata nei mari e nei cieli siciliani a causa della crisi in Ucraina. Come si spiega questa centralità della Sicilia?
Dobbiamo tenere sempre presente il ruolo geostrategico dell’Isola nel cuore del Mediterraneo e la generosa “ospitalità” data ad alcune delle infrastrutture chiave del dispositivo bellico USA, NATO e, più recentemente, anche UE. Nel conflitto, ancora fortunatamente a bassa intensità in Ucraina, Donbass e Crimea, la Sicilia sta giocando un ruolo fondamentale di cui solo adesso i media nazionali sembrano essersi accorti. Da NAS Sigonella, si alzano in volo quotidianamente i droni spia USA e NATO e i pattugliatori per le operazioni d’intelligence e di guerra elettronica P-8A “Poseidon” di US Navy. Essi raggiungono l’Ucraina, la Bielorussia e il Mar Nero e sorvolano provocatoriamente la Crimea e i confini occidentali della Russia. Raggiungono pure il Mediterraneo orientale per missioni top secret in Siria contro la flotta russa di stanza nel porto di Tartus. In queste settimane, più volte, questi velivoli con o senza pilota si sono apertamente confrontati con i caccia russi. Non c’è solo la pressione esercitata dai battaglioni USA e NATO trasferiti d’urgenza o stabilmente schierati in Polonia, nelle Repubbliche baltiche o in Romania. Il confronto-scontro con la Russia vive e si alimenta dei droni e dei velivoli spia di Sigonella.
Questo vuol dire che le tensioni militari spinte dagli Stati Uniti dovrebbero preoccupare il popolo siciliano?
Essere in prima linea, perché di questo si tratta, comporta i rischi e i pericoli che storicamente hanno investito tutte le aree geografiche e le popolazioni di confine Est-Ovest. I pericoli di guerra globale, mondiale, nucleare, sono altissimi, mai così reali dalla fine della Guerra fredda. Trovo gravissimo e immorale che ci sia quasi un gioco delle parti: si enfatizza il mostro-orso russo e contestualmente si occultano o ridimensionano irresponsabilmente gli scenari catastrofici che potrebbero derivare da uno scontro diretto USA/NATO – Russia. Per questo, soprattutto le popolazioni di frontiera, come quella siciliana, devono mobilizzarsi immediatamente per scongiurare gli esiti nefasti della crisi ucraina, imponendo la smilitarizzazione e la denuclearizzazione del’Isola e delle sue acque.
La Sicilia è obbligata a svolgere il ruolo di piattaforma del Mediterraneo, fornendo le basi agli Usa, per l’adesione dell’Italia alla Nato?
Accademici, esperti di questioni internazionali, commentatori, fanno a gara per convincerci della legittimità delle scelte fatte e dell’inevitabilità che l’Italia sacrifichi sovranità e pezzi di territorio in nome e per conto delle guerre sante della NATO.
Eppure basterebbe rileggere con attenzione la Costituzione ed, eventualmente, la stessa Carta dell’Alleanza Atlantica, per rendersi conto delle mistificazioni della propaganda in atto e di quanto essa sia contaminata dal virus pandemico della guerra. L’articolo 11 della Costituzione, immodificabile, ripudia le guerra e impone strumenti pacifici per la risoluzione delle controversie internazionali. Atro che la dissuasione o le escalation promosse e/o imposte da Washington e dai Comandi NATO in Belgio e a Lago Patria, Napoli….
In totale mala fede, si invoca poi l’articolo 5 del Trattato Atlantico per giustificare un eventuale operazione armata a fianco dell’Ucraina o l’uso a tal uopo delle infrastrutture e delle basi ospitate in Italia. Che ciò sia previsto dall’articolo 5 è una menzogna. Esso prevede solo che i paesi membri della NATO convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell‘America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono, che ciascuna di esse, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l‘uso della forza armata.
Nessun automatismo dunque, ma doveroso rispetto per le decisioni che saranno assunte dagli organi istituzionali dei paesi membri, fermo restando (pare però che se ne siano dimenticati tutti), che sino ad oggi l’Ucraina, fortunatamente, non è entrata a a far parte dell’Alleanza, da cui l’assoluta inapplicabilità del dispositivo dell’art. 5 del trattato. Buon senso e diritti costituzionali sembrano spariti. E anche per questo rischiamo di essere inghiottiti dal vortice infernale della guerra.
Intervista a cura di Clara Statello
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